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Le Neuroscienze non possono essere il futuro della psicoanalisi

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • gen 14, 2024

Neiroscienze e psicoanalisi

Si sente dire spesso, anche da parte di molti psicoanalisti evidentemente timorosi che la psicoanalisi possa rivelare prima o poi la propria supposta "inconsistenza" rispetto invece alla "solidità" scientifica attribuita alle Neuroscienze nell'ambito della cura della salute mentale, che "il futuro della psicoanalisi sia ormai nelle Neuroscienze", vale a dire che saranno le Neuroscienze il campo - scientificamente fondato - della ricerca, della comprensione e della cura dei disturbi mentali dell'essere umano.

E infatti, sembra che i cosiddetti
disturbi dello spettro autistico del bambino siano ormai già considerati di indiscussa competenza delle Neuroscienze e delle pratiche di terapia cognitivo-comportamentale alle Neuroscienze sempre più prossime.

Non esiste invece, a mio avviso, previsione più fuorviante e improponibile:
le Neuroscienze non possono porsi in alcun modo come il futuro della psicoanalisi, se non altro perché la psicoanalisi va in una direzione che non può che - e proprio per lo statuto dell'inconscio di cui si occupa - eludere sistematicamente qualsiasi discorso scientista comprese appunto le Neuroscienze.

Riporto a tal proposito una considerazione di
Antonio Di Ciaccia: "l’inconscio non è da porre né all’insegna dell’ineffabile, né del trascendente, ma neppure all’insegna di quel qualcosa che non sappiamo ancora, ma che un giorno sapremo sia per le vie delle neuroscienze, sia per le vie di una presa di coscienza più approfondita di quanto è contenuto in un sacco chiamato inconscio."

L'inconscio non può essere infatti immaginato come quella sorta di   contenitore misterioso e oscuro dato una volta per tutte, in quanto l'inconscio della psicoanalisi è quel discorso che il soggetto pronuncia a sua insaputa: è quel sapere soggettivo su di sé che il soggetto però non sa di sapere, ma che gli fa segno del desiderio che lo abita.


L'inconscio non è tanto il non conosciuto dato a prescindere dal soggetto e che può venire fuori allo stesso modo con qualsiasi psicoanalista, piuttosto, l'inconscio della psicanalisi è ciò che si produce in quel particolare transfert e che si esprime attraverso quella parola che il soggetto neanche sapeva di dire. L'inconscio è la parola che sorprende, che appare per poi subito ecclissarsi, come il sogno e che ci mette di fronte al "che volevo dire con ciò?"

La psicoanalisi si costituisce di conseguenza come quella pratica tale da poter consentire al soggetto il compito etico di prodursi, non come un
Io in funzione secondo le leggi stabilite dalle Neuroscienze, ma come soggetto singolare - fuori regola, fuori senso e imprevedibile -  del proprio desiderio.

Per questo,
nel futuro della psicoanalisi vi è un'etica, quella del soggetto in quanto capace di prodursi come soggetto del proprio desiderio, e non una fisiologia neuronale, che vorrebbe che un individuo si riconosca in quanto fornito di un organo cerebrale e non abitato da un desiderio soggettivo che l'altro possa riconoscere e interpretare.

Il futuro della psicoanalisi è dunque etico e non scientifico, e in tal senso la psicoanalisi, in quanto clinica, ha il dovere, etico, di evitare, non di intercettare, le Neuroscienze, benché con le stesse, come con tante altre discipline, ha anche il dovere di dialogare.



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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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PER SEMPRE Una delle più grandi bugie che gli esseri umani, credendovi, scambiano per verità, è che possano decidere, prestabilire, fare in modo, assicurare e rassicurarsi che qualcosa che li riguardi possa durare per sempre. Sono soprattutto gli amanti a cadere in quest' inganno , dal momento che, come si sa, vorrebbero che il loro amore naturalmente non finisse mai , che durasse per sempre , che quella contingenza che è il loro innamoramento da " qualcosa che ha cessato di non scrivers i" diventasse ora " qualcosa che non cessi più di scriversi ", che da una possibilità diventasse una necessità; che il loro potesse essere, per sempre, un amore necessario . Certo, amori che durano per sempre - il per sempre di un'intera vita, e anche oltre - sono possibili, ce ne sono stati e ce ne saranno ancora. Ne abbiamo esempi. Significherà pure qualcosa che Francesca riconoscerà il ""per sempre" del suo amore per Paolo , " questi che mai da me non fia diviso ", solo nell'Inferno, come se il "per sempre" di un amore impossibile fosse non un premio, ma una condanna! Gli uomini non sono padroni di nessun "per sempre" che sia affidato alle loro intenzioni per quanto convinte, o alla loro parola, alla parola data, come si dice. Gli uomini, al contrario, non possono essere di parola perché la parola che pronunciamo è sempre interferita da una parola altra , quella che non pronunciamo e che non conosciamo, ma che esiste dentro di noi prima di quella che pronunciamo e che pensiamo sia la sola e unica nostra parola: "io ho una sola parola!" diciamo nella promessa , credendoci e dunque ingannandoci, naturalmente. E' il nostro inconscio, non una "cattiva volontà" di venire meno alla parola, che, offrendocene sempre un'altra, ci rende non di parola, ci rende impossibile la promessa. Perché una parola data rimanga tale è necessario allora che diventi parola scritta, anche se possiamo sottoscrivere una parola, e mai un amore. Proprio per questo gli uomini hanno bisogno dei contratti scritti (contratto=parola "con-tratto", ma anche parola "contratta": con tratto di scrittura, contratta nello scritto, la parola, non l'amore, l'amore non potrà mai essere "contratto" perché l'amore è sempre e solo dell'ordine del discorso e mai della scrittura ). Il "per sempre" che invece esiste è proprio quello che l'uomo non può stabilire e nei confronti del quale può fare ben poco, quello che appartiene al reale. Il reale è ciò di cui l'uomo non può esser padrone mediante la parola perché non entra mai nella parola. La parola che si dice inganna perché è sempre simbolica e mai del reale, non è altro che un significante che, come tale, scivola sempre su altri significanti. La parola autentica è quella che non si sa di dire o quella che non si dice, come avviene in analisi. Il "per sempre" dunque, il vero per sempre è quello che - in quanto del reale - fa da disturbo, da inciampo a quei "per sempre" -simbolici, o immaginari - di cui l'uomo si "riempie la bocca" e che crede di poter stabilire e suggellare nel tempo mediante la sue facili e innumerevoli promesse. #persempre #contingenza #necessità #amorepersempre #reale #simbolico #immaginario #lacan #paroladata #parolascritta #dottegidiotommasoerricopsicoanalistasalerno
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