NUOVI SINTOMI ©

NUOVI SINTOMI

Rispetto alle sintomatologie più frequenti e conosciute attraverso cui si manifestano rispettivamente le nevrosi, le perversioni e le psicosi, assistiamo oggi alla diffusione crescente di sintomi apparentemente “nuovi” in quanto difficilmente ascrivibili in maniera netta ad uno dei classici raggruppamenti nosografici. Si tratta di sintomi espressione di profondi disagi soggettivi e particolarmente resistenti a qualsiasi trattamento: attacchi di panico, stati di profonda angoscia, tendenza all’isolamento, disturbi del comportamento alimentare - soprattutto nelle donne - come anoressia e bulimie, ma anche i cosiddetti comportamenti da “addiction”, vale a dire da dipendenza o da uso compulsivo di sostanze, o anche da abitudini dannose, come il gioco d’azzardo, lo shopping compulsivo o le dipendenze sessuali, tutti disturbi, azioni, abitudini, comportamenti per lo più autodistruttivi, alla cui base non vi è il conflitto, come nelle nevrosi, ma il godimento e per questo più prossimi alle psicosi o alle perversioni che alle nevrosi. Per la psicoanalisi lacaniana si tratta comunque di manifestazioni “ordinarie” della psicosi. 


SCORRI IN BASSO PER LEGGERE GLI ARGOMENTI

ATTACCHI DI PANICO E FOBIE

Se al di là dell'osservazione fenomenologica ci disponiamo nella posizione dell'ascolto, che più ci compete in quanto analisti, ci renderemmo conto che gli attacchi di panico, non a caso oggi così diffusi, andrebbero considerati alla stregua di un disperato appello che non trova l'Altro cui poter essere rivolto.

Un appello che cade dunque nel vuoto. Un appello senza risposta perché non incontra la parola dell'Altro che lo raccolga per conferirgli la sua veste significante, in quanto, evidentemente, la funzione simbolica della parola non si è adeguatamente inscritta nel soggetto.

Per questo, l'irruzione pulsionale nel soggetto può coglierlo in un vuoto di sapere che lo lascia smarrito e senza altra scelta se non quella di un appello disperato all'Altro della parola, un appello che è appello di significazione.

Un appello però destinato appunto a cadere nel vuoto, in quanto quello che manca è proprio "l'Altro del dono del significante", vale a dire che al soggetto è mancata l'esperienza di un padre che sia stato in grado, come dice Lacan, di "mettergli in tasca i titoli" per affrontare la realtà del mondo in cui si affaccia, quel "lasciapassare" che gli permetta di potersi riconoscere soggetto in grado di dare senso al suo essere Uno con l'Altro, attraverso l'uso della parola significante.

Il panicato dunque è alle prese con un reale che non può che fargli orrore perché non vi è un significante di cui egli sia nel diritto di disporre. Vi è in questo modo, sostanzialmente, lo "slegamento" dall'Altro significante.

Per questo, l'evoluzione nella fobia può essere considerata come "un passo verso la guarigione", una via possibile d'uscita in quanto un modo per ristabilire un legame con l'Altro della significazione: l'oggetto fobico si presta infatti ad essere sia metonimia dell'Altro cui rivolgere la domanda, sia metafora di ciò di cui si ha paura, perché è sempre meglio avere paura di un oggetto ben circoscritto e concreto (ossia meglio avere un Altro di cui avere paura) che avere una paura senza oggetto (ossia avere paura di non avere un Altro di cui aver paura).

Se il panicato rivela un padre che non lo ha iscritto nel luogo del codice, il fobico reclama un padre di cui potere aver paura affinché compia questa iscrizione. 

Dunque panico e fobia non rimandano che alla medesima questione, quella del Padre, quella di un Padre che non è stato iscritto nel soggetto come luogo della parola.

SANPA

Ho vissuto personalmente, anche dal vertice professionale, e dunque dalla posizione dello psicoanalista, quel periodo, quegli anni dominati dalla diffusione massiva delle "tossicodipendenze" soprattutto tra i giovani, e delle pratiche, spesso più o meno improvvisate, per contenerle, come fu il caso della Comunità di San Patrignano di Vincenzo Muccioli. 

L'evoluzione drammatica che ebbe quella Comunitàe, la sua deriva autoritaria e canagliesca, l'abuso sistematico della violenza in nome della cura e del Bene prestabiliti - per tutti allo stesso modo e con il pretesto che tutto è lecito pur di salvare vite - dimostrano quanto male sia possibile perpetrare, sul piano della cura di ogni essere umano che non sia singolarmente considerato, e per qualsiasi tipo di difficoltà dovesse soffrire, se non ci si muove e se non si opera all'interno di quell'ordine discorsivo e di pratiche terapeutiche che possano trovare il loro supporto nell'etica, intesa come ciò che innanzitutto non può derogare al principio che solo chi abbia dimostrato quali siano le ragioni che - tanto più in assenza di qualsiasi titolo di "dottore" riconosciuto dall'Altro della Legge - lo spingano a costituirsi e ad autorizzarsi nella responsabilità di farsi carico della cura e della restituzione alla salute dei propri simili in difficoltà. 

Chi era veramente Muccioli? Cosa lo spingeva a quel carico, a quella funzione, a quel compito che lo vedevano così intensamente coinvolto sul piano personale? Quali le ragioni, le motivazioni, le necessità - evidentemente a lui stesso ignote o ambigue, o forse anche fin troppo note e astutamente dissimulate - tali da compulsarlo ad ogni forma di accanimento terapeutico, senza esclusioni di colpi e di azioni, finanche le più violente ed estreme? 

Questo, e in quell'operatività così evidentemente pseudo "terapeutica", il suo godimento, messo in scena sotto la forma mediaticamente ostentata e addirittura, da discutibili imprenditori politicizzati, finanziata, fino ad assumere le dimensioni dell'impresa/azienda apparentemente a gestione collettiva, ma in verità di sfruttamento dei deboli e di coloro già vittime delle loro tragiche dipendenze? 

Quell'esperienza di grottesca, grossolana, rozza ed evidente sostituzione di tossicodipendenze chimiche con le ben più gravi e invischianti dipendenze dall'Altro della suggestione ipnotica della promessa di una liberazione che intanto però incarcera e segrega, non può che fare oggi da monito ad ogni pratica - selvaggia - di improvvisazione "terapeutica", soprattutto nel campo della salute mentale, che più facilmente sembra autorizzare a tali abusi, non escluso, purtroppo, e come spesso vediamo, l'ambito della psicoanalisi e delle psicoterapie in genere.


Trailer SANPA: Luci e tenebre di San Patrignano







Share by: