AMORE E SESSUALITA' ©

AMORE E SESSUALITA’

Da sempre amore e sesso non smettono d’essere al centro dell’interesse, anzi dell’apprensione, di tutti: in questa sessione troverete articoli, riflessioni, considerazioni che trattano - dall’ottica psicoanalitica - dell’amore, del sesso, ma di cosa significa essere uomo, di cosa significa essere donna, di cosa significa il rapporto tra i sessi e perché, come sembra, si tratta di un rapporto che non sempre, anzi, quasi mai, possiamo dire, funziona come ci aspetteremmo.

La psicoanalisi può dir molto sull’amore e sul sesso perché i pazienti, che in analisi vengono per curarsi, quale che sia il sintomo che li affligge, finiscono sempre per parlare di amore, di sesso, delle difficoltà che possono incontrare con l’Altro, in particolare con l’Altro dell’amore, con l’Altro amato. “Parlar d’amore, non si fa che questo nel discorso analitico”, dice, non a caso, il grande psicoanalista francese Jacques Lacan.

Ma perché in analisi il paziente non fa altro che parlar di amore, di sesso e anche di sé e del proprio desiderio e mai, per esempio, di questioni filosofiche o di aspetti più generali attinenti al sapere e alla cultura del proprio tempo? Perché è su stesso e sul sesso che il paziente si interroga e non, per esempio, sulla politica o sulla religione, su quale possa essere l’orientamento ideologico più corretto o sull’esistenza di Dio?

Il paziente si interroga su di sé e sul sesso perché è la sua stessa soggettività e il significato della sessualità umana che sono stati oggetto della rimozione primaria, determinando un buco di sapere del soggetto su di sé e sul proprio desiderio, un buco di sapere che il soggetto avverte come la radice ultima della propria sofferenza, poiché lo destina a dover vivere senza poter mai trovare le risposte definitive ai due interrogativi che più intimamente lo riguardano e lo assillano: “Io chi sono veramente?”, “Io cosa voglio veramente?”


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L'EQUIVOCO DELL'AMORE

Le donne, forse, rischiano di soffrire per amore più degli uomini, poiché, se per un uomo l'amore, mettendolo di fronte ad un desiderio che mal tollera perché convinto di non mancare di nulla, è più facilmente sentito come un pericolo, per una donna, invece, l'amore è avvertito come una salvezza, in quanto ella, sentendosi invece mancante, spera di conseguenza che, finalmente, l'amore di un uomo la farà sentire completa, appagata, non più mancante di nulla. Solo che poi, quando si innamora, purtroppo sembra destinata ad accorgersi che fare i conti col desiderio di un uomo non è così semplice e, soprattutto, non è affatto una salvezza perché il desiderio dell'uomo tende a farla sentire invece di nuovo mancante, se non devastata.

Insomma, l'amore tra un uomo e una donna si regge su un equivoco di fondo: che per l'uomo sia un pericolo, per una donna una salvezza. Un equivoco radicale che può portare un amore a rivelarsi tanto un inferno, quanto un paradiso, dipende solo da quello che gli amanti sapranno farsene.

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A PROPOSITO DELL'ENNESIMO FEMMINICIDIO...

...una mia cara amica mi scrive:: "scorrono fiumi di sentenze e gente che scrive di tutto ma sarebbe interessante sentire anche uno psicoanalista.... Io grossolanamente penso che la donna se viene lasciata si strugge, si dispera , va in analisi , patisce, sopravvivendo, al suo dolore, l'uomo non accetta di patirlo. E stermina la vittima e talvolta anche se stesso. (Anche l'uomo più insospettabile )

E forse anche l'uomo che prima ha amato davvero ...

Chissà quali dinamiche .

Mi piacerebbe pubblicasse una sua interpretazione di questo "gesto/reazione" maschile"


Di fronte all' orrore di un femminicidio credo non sia facile, per uno psicoanalista, intervenire, senza correre il rischio di sconcertare i luoghi comuni.

Per questo, penso che gli psicoanalisti preferiscano tacere. E invece dovrebbero avere il coraggio di dire, di intervenire, perché servirebbe a molto.

E però non è facilee - dicevo - perché - almeno per quello che penso - di fronte all'orrore anche su di uno psicoanalista prevale il lato umano che, inevitabilmente, come avviene per tutti, lo spinge a mettersi - giustamente, doverosamente, dolorosamente - tutto quanto dal lato della vittima, così come non può che essere: nessuna comprensione per il carnefice, nessun attenuante, anzi - ne sono un fermo fautore - il massimo della pena, senza se e senza ma.

Al contempo tutta l'umana, accorata piétas deve essere rivolta alla vittima, alla donna che ha pagato con la vita solo per il fatto di essere stata una donna, ed essere donna significa anche, talvolta, purtroppo, non riuscire a proteggersi dal "troppo amore" che arriva a dare al proprio uomo.


Tuttavia, uno psicoanalista deve saper andare anche oltre e non rinunciare a mettersi anche dalla parte della verità, della verità che è nel fondo della psiche umana e che può arrivare a far sì che non sia solo l'amore a legare un uomo e una donna tra di loro, ma anche quella pulsione distruttiva e mortifera che Freud ha chiamato "pulsione di morte" e che s'impasta purtroppo, spesso anche troppo, con la pulsione di vita, che invece spinge all'amore.

Ne consegue che i legami d'amore sono, in effetti, come lo stesso Freud capì, e come la cronaca ci dimostra così spesso, un impasto, di Eros e Thanatos, di Amore e Morte, un impasto che riguarda entrambi, tanto l'uomo, quanto la donna, anche se diversamente combinato e diversamente manifestato tra l'uno e l'altra.


Per questo, e ritornando alle osservazioni della mia cara amica, io non penso che esista una differenza così netta e radicale tra come affrontano e soffrono una separazione le donne e come invece l'affrontano e soffrono gli uomini, e cioè che mentre "la donna se viene lasciata si strugge, si dispera , va in analisi , patisce, sopravvivendo, al suo dolore, l'uomo non accetta di patirlo. E stermina la vittima e talvolta anche se stesso".

Non esiste una così netta differenza perché, in effetti, se, sospendendo un attimo quella spinta umana e giusta a disporci sempre e necessariamente dalla parte della vittima di cui dicevo, ci sforziamo di metterci dalla parte della verità, possiamo renderci conto che, intanto, esistono sia donne che uomini entrambi capaci di soffrire, di affrontare una separazione, ugualmente disposti a chiedere aiuto, e che tutto ciò non è affatto appannaggio delle sole donne.

Come pure ci accorgeremmo che esistono anche donne assolutamente incapaci di affrontare le separazioni e di chiedere aiuto, non essendo affatto, tali incapacità, appannaggio dei soli uomini.


Piuttosto, ciò che spesso esiste, tanto negli uomini, quanto nelle donne, è proprio l'incapacità a fare le sole cose che servono: mettere fine ad una relazione d' "amore tossico", scappare da partner capaci di amare solo "crudelmente", potendo - è bene saperlo - non solo un uomo, ma anche una donna, crudelmente amare!

Nelle coppie - anche questo bisogna saperlo -non esistono, se non solo apparentemente, un carnefice da una parte ed una vittima dall'altra , ma solo complici inconsapevoli.

Per questo, senza saperlo, le donne sono troppe volte disposte a sopportare di tutto -per amore, dicono- pur di restare, fino a morirne, con uomini che pensano di amare e che invece farebbero bene a lasciare, e a smettere di continuare a prendersi in giro da sole, illudendosi di poterli "cambiare con il proprio amore": un'illusione che, più che restituirle all'amore di uomini incapaci di amare, le condanna al martirio.


Per le donne l'amore può essere pericoloso perché, inconsciamente, per molte, morire per un amore sbagliato può essere più attraente di vivere per un amore giusto.

Per molte donne un abbandono può essere perfino più devastante della morte: molte non lo sanno, ma dovrebbero arrivare a saperlo.


Le donne, quando amano, sono più prossime al limite estremo di resistenza al desiderio dell'uomo, perciò dovrebbero imparare ad amare proteggendo e rinforzando questo limite.

C'è un limite al desiderio di un uomo che le donne dovrebbero saper imporre.


E gli uomini, dal loro canto, sono tenuti a sapere che l'amore di una donna si ottiene solo nel rispetto assoluto di questo limite. L'amore impone un limite e non consente a nessuno il diritto di superarlo.

L'amore è essenzialmente una questione di etica, e non può farne a meno. L'etica del rispetto per sé e per chi si ama: da entrambe le parti..

Gli uomini sono più irresponsabili perché sono stupidi se così facilmente accettano di disporsi dal lato del carnefice pur di convincersi di poter così fare di una donna un oggetto di proprietà.


Come esistono uomini violenti, esistono però anche donne impossibili, terribili, capaci di distruggere un uomo lentamente, progressivamente, ma inesorabilmente, donne "fatali" che comunque nessuno ha giammai il diritto di uccidere, ma dalle quali quegli uomini che v'incappano, farebbero bene anche loro a scappare, e a gambe levate, piuttosto che lasciarsi "uccidere a rate", o di rischiare a loro volta di uccidere la loro persecutrice facendo di essa una martire e di sé stessi degli spietati assassini.

E' giusto che un uomo così stupido da mettersi nella posizione del carnefice sia duramente punito, e anche col massimo della pena, ma, spesso, le donne che arrivano a fare del loro partner un carnefice e di sé stesse delle martiri non sono meno stupide.


Basterebbe scappare, esattamente come, nel bellissimo film di Paola Cortellesi "C'è ancora domani", le donne del 1946 hanno saputo farlo - e in che modo - dai loro stupidissimi uomini/padroni.


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"INSEGNARE I BUONI SENTIMENTI"

La sessualità e l'amore non possono essere insegnati poiché non sono regolati né dal sapere, né dall'educazione, ma sono funzione dell'etica, vale a dire dalla Legge simbolica del Padre. 

Oggi viviamo in un'epoca in cui questa Legge è invece saltata. L'epoca nella quale il "Logos" è abolito per lasciar campo libero alla Pulsione che non concede nullané alla parola, né tanto meno all'etica, all'etica del limite che stabilisce ciò che si può e ciò che non può fare.

 Se si perde la capacità di riconoscere che è il rispetto del limite a regolare i "buoni sentimenti", allora a farla da padrone sarà la spinta al godimento senza limiti: puoi, anzi devi,fare tutto quello che ti pare e che ti fa stare bene, a te, non all'altro, anche a costo di truffarlo, di stuprarlo, di ucciderlo, finanche. 

Avvolti da una tale cultura dell'individualismo e della sopraffazione dell'altro, soprattutto quando ti è d'impiccio al godimento, e della quale se ne danno esempi a bizzeffe ai giovani proprio da parte di chi ritiene di poter loro dare lezioni di come si dovrebbe vivere in mezzo agli altri, quali buoni sentimenti volete che si possano insegnare?

QUELLO CHE SALVA IL MONDO

Quello che oggi servirebbe trasmettere ai propri figli non sono tanto i "buoni sentimenti" che, in quanto sentimenti sono "intrasmissibili" - ma poi, quali sarebbero questi "buoni sentimenti" e chi li decide, visto che ogni famiglia ha i propri in cui credere? - quanto piuttosto ciò che presiede alla loro spontanea formazione in ciascun bambino, e cioè il senso del limite.

 Quel senso del limite che permette di "sentire" (eccolo il buon sentimento) che non tutto si può avere, che non tutto si può fare. e che si produce nel soggetto, sin dalla sua più tenera età, soltanto se in una famiglia riesce ad operare quella che definiamo la "funzione paterna"., funzione che non ha niente a che vedere con un padre in carne e ossa, ma con la sua metafora, vale dire con il "Padre simbolico", che dovrebbe albergare in entrambi i genitori, anche, e forse ancor di più, nella madre, poiché è quella funzione che permette ai genitori di poter dire anche "no" alle richieste del loro bambino.

Solo così gli si può trasmettere lil "buon sentimento" che non tutto si può avere, anche se si desidera.

Si tratta cioè di una funzione, per così dire, "regolatrice" del desiderio, che installa nel bambino il senso del limite.

Se è definita paterna non è perché abbia una qualche attinenza con la cultura del "patriarcato", ma soltanto perché, in genere, nella nostra cultura, è la madre che "delega" simbolicamente il padre del bambino a questo compito "ingrato" di dire anche "no", dal momento che lei tende più facilmente a cedere al "sì".

E' per questo che l'incarico paterno di porre il limite al "sì" della madre, non lo rende soltanto più autorevole, ma anche, spesso, più "antipatico". L'edipo freudiano è questo e serve alla crescita del bambino verso un adulto "sano".

L'autorevolezza del padre che serve al bambino è dunque quella permessa ed "autorizzata" dalla madre e non quella del padre patriarcale che arbitrariamente l'assume contro la madre.

Ora, se questa funzione, appunto paterna nel senso che abbiamo detto, salta, può più facilmente accadere che i genitori non sappiano dire "no" al loro bambino, quando serve, ma che funzionino invece di più in senso "materno" , e se, di conseguenza, un bambino non sa neanche cosa significhi un no, correrà maggiormente il rischio di diventare un adulto, o un adulta se femmina, non in grado di sopportare il no dell'altro/a, arrivando perfino ad uccidere, oppure ad uccidersi: in genere gli uomini possono uccidere, mentre le donne uccidersi, se non sopportano il no in amore.

Insomma, non sono certo i cosiddetti buoni sentimenti a salvare il mondo, purtroppo: ma pensate davvero che i nazisti uccidessero gli ebrei, o la Santa Inquisizione mettesse al rogo gli eretici, ecc, perché nazisti e Inquisizione fossero animati da cattivi sentimenti? Al contrario, erano convinti di incarnare i Buoni Sentimenti e per questo, e in nome di questi, di dover salvare l'Umanità dai cattivi sentimenti che erano gli ebrei, gli eretici, eccetera. Se i buoni sentimenti diventano Buoni Sentimenti, se diventano cioè ideologie con le lettere maiuscole, se diventano Principi Universali da difendere e diffondere a tutti i costi, allora sarebbe molto pericoloso: non c'è male peggiore di quello che viene commesso in nome del Bene, ce lo insegna la Storia!

Piuttosto, quello che può salvare davvero il mondo è soltanto la Legge simbolica del Padre, quella che stabilisce che Il "no" dell'Altro al proprio desiderio è un valore da rispettare, un limite invalicabile.

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IL MATRIMONIO

Il matrimonio dovrebbe essere restituito alla sua antica funzione di "contratto" tra famiglie per interessi per lo più economici o per motivi "dinastici", come era in voga nel medioevo (epoca tutt'altro che oscura), ed essere liberato dalla funzione, impossibile, di "suggello" di eterno amore tra un uomo e una donna.

Come può, infatti, l'amore che, appartenendo all'ordine del discorso, è ciò che non si scrive, essere garantito da un contratto, senza rischiare che invece quel contratto lo trasformi in una condanna?

Attraverso l'atto del matrimonio è infatti un vincolo che si costituisce, un vincolo tra due persone che tutto vincola, tranne, ovviamente, l'amore.

L'esperienza ce lo insegna: un uomo e una donna che si amano, se uniti nel "vincolo del matrimonio", spesso "sacro vincolo", possono salvare il loro amore solo se riescono a continuare ad immaginarsi comunque liberi. E' il paradosso dell'amore: vorrebbe essere per sempre, ma non può averne certezza di per sé, e allora la cerca attraverso il vincolo del matrimonio, ma si tratta solo di un sembiante di certezza. Una meravigliosa illusione,

E invece, paradossalmente, l'amore si tiene vivo proprio nella sua incertezza: se ne serve per alimentare il desiderio.

E' il desiderio, infatti, che dà certezza all'amore, che lo tiene in vita: "un amore senza desiderio è un amore morto", dice Lacan.

L'amore, dunque, si nutre della certezza - mai data per scontata però - del desiderio, non della certezza di una promessa ormai scontata perché messa per iscritto, si nutre di un desiderio che pretende di essere messo continuamente in causa, che esige di essere sempre, e ancora, causato, perché, a differenza della promessa (sposarsi significa etimologicamente "darsi promessa"), il desiderio non si dà una volta per sempre, ma deve essere continuamente rinnovato, continuamente alimentato, continuamente causato.. E questa è l'impresa più difficile del matrimonio: causare un desiderio che invece l'abitudine della convivenza tende a spegnere. Non è un caso che gli amanti non smettono di chiedersi: "mi ami?" "Dimmelo ancora". Ancora è l'avverbio dell'amore. Come a cercare, nella iterazione della domanda, e dell'ancora, una certezza che gli amanti non vogliono, o meglio, una certezza che vogliono, ma per metterla di nuovo in discussione e così causare nuovamente il desiderio, ancora e ancora, all'infinito.

Per questo, se l'amore non può essere garantito dal matrimonio, ne può essere invece piuttosto la complicazione. E' l'amore stesso che può mettere in crisi il matrimonio perché, semplicemente, non vuole saperne di vincoli e di "obblighi" coniugali, ma è anche il matrimonio che mette in crisi l'amore nella misura in cui si pensa che esso, il matrimonio, avvertito come il luogo in cui l'oggetto del desiderio sia ormai per sempre disponibile, garantisca di conseguenza che anche l'amore possa essere per sempre. 

Questo non vuol dire che non ci siano matrimoni in cui l'amore duri, anche per tutta una vita, ma che una tale, auspicabile, possibile evenienza non dipende dal matrimonio perché il matrimonio non garantisce nulla, né il desiderio, né l'amore, ma che, anzi, ne può condizionare la fine se ci si illude che all'amore serva la certezza che l'oggetto del desiderio sia sempre disponibile. L'oggetto del desiderio è sempre un oggetto causa del desiderio e mai un oggetto del suo soddisfacimento. Per questo, spesso, i coniugi cercano, ognuno per conto proprio, l'oggetto del desiderio al di fuori delle mura domestiche, quando quello di cui dispongono all'interno di esse è avvertito solo come oggetto di soddisfacimento, un soddisfacimento peraltro scontato, se non addirittura obbligatorio.

Gli uomini del Medioevo ebbero l'intelligenza di rendere le cose più semplici: capirono che, se volevano salvare amore e matrimonio, dovevano tenere separate le le due cose, riuscendo così ad impedire che l'amore complicasse il matrimonio, e, d'altra parte, che il matrimonio soffocasse l'amore. Il "dolce stil novo" in questo consisteva, in un amore che riuscisse a far sì che il divino oggetto del desiderio rimanesse sempre oggetto causa e mai oggetto di soddisfacimento, pur trattandosi di un amore tutt'altro che platonico, poiché l'amore che quell'oggetto, quella donna, infiammava, era un amore carnale. 

Dante per esempio si unì in matrimonio con Gemma Donati, dalla quale ebbe figli, ma amò - e alla luce del sole - Beatrice, mettendo quest'ultima in Paradiso, non la moglie, alla già dovette andar bene bene che Dante non l'abbia mandata all'Inferno. 

Poi il potere temporale passò alla Chiesa che propose e impose di fare in altro modo, e cioè che l'amore tra un uomo e una donna fosse regolato da un contratto ed assoggettato ad un obbligo, e non più ad un desiderio.

Le conseguenze le conosciamo e le paghiamo ancora!



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COSA SUCCEDE TRA UN UOMO

E UNA DONNA?

Succede che l'uomo è, in genere, di una donna è maggiormente attratto dalla sua "anatomia", dal "divino dettaglio", e deve perciò fare una certa fatica - inconscia sicuramente, spesso anche conscia - per realizzare che i diversi, deliziosi "pezzi anatomici", che tanto lo appassionano e di cui è fatta una donna, appartengono in effetti ad una persona intera e non ad un insieme di pezzi, un intero che risponde al nome di donna.

Una donna, invece, dal canto suo, in genere, tende piuttosto a vedere nell'uomo un intero, e di conseguenza a desiderare, più che il dettaglio, un tutto, che chiama "il mio "amore. Per questo, una donna deve fare una certa fatica, molta fatica, a sopportarsi come "un pezzo" per il proprio uomo, o, addirittura, a fargli credere - fino al punto talvolta di finire per crederci anche lei - che anche lei adori fino allo svenimento quel "pezzo" di lui di cui lui sembra andare particolarmente fiero, vale a dire il suo organo. 

Da questo equivoco, da questo punto di non incontro di partenza, un uomo e una donna, se vogliono mettersi insieme, se desiderano fare coppia, se vogliono rendere possibile il loro amore, devono arrivare a fare in modo di trovare un punto di incontro, un compromesso attraverso il quale costruire, e portare avanti, un legame, un rapporto, una vita insieme, una famiglia, dei figli eccetera eccetera. 

Molto spesso l'amore questo miracolo lo fa, ed è una delizia, altre volte, meno frequentemente, no, ed è una tragedia.



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DEGRADAZIONE DELLA VITA AMOROSA

Molti uomini, pur desiderandolo, hanno molta paura di amare perché, a differenza di quanto avviene più spesso nelle donne, avvertono l'amore - la condizione dell'innamoramento - come una minaccia insostenibile alla loro "integrità virile".

Niente come l'amore mette di fronte al sentimento della mancanza, dell'incompletezza, e della spinta alla dipendenza dall'altro dell'amore, dalla donna che si vorrebbe amare.

Per questo, spesso, gli uomini innamorati sono anche aggressivi, sprezzanti, sarcastici con le donne che amano: è il solo modo di cui dispongono per recuperare su quella "mancanza" cui il desiderio li espone.

Per questo, spesso, gli uomini resistono all'amore preferendo sentirsi amati, piuttosto che amanti.

Per questo, spesso, gli uomini scelgono donne che non amano, invece che quelle che amano: se possono frequentare l'amore solo in superficie, tenendosene ai bordi, ricevendone piuttosto he darne, possono maggiormente sentirsi garantiti, e confermati, sul piano della loro virilità.

Freud chiamava questa condizione, tutta maschile, "degradazione della vita amorosa" in quanto effetto della scissione tra il desiderio di amare e il desiderio sessuale.

In vista del prossimo Webinar del ciclo di "Conversazioni psiconanlitiche": "Cosa ha da dire la psicoanalisi sull'amore e sul sesso".



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ATTESA

"Ti aspetto" è una tra le frasi d'amore più intense.
In un mondo in cui nessuno ha tempo, il dono più prezioso che si possa fare alla persona amata è il dono del proprio tempo.


SE L'UOMO TENDE A VEDERE NELL'AMORE UN PERICOLO, LA DONNA SPERA CHE SIA UNA SALVEZZA.

Le donne, forse, rischiano di soffrire per amore di più degli uomini, perché l'amore, per loro, è ancora più importante che non per gli uomini, nel senso che, se per un uomo l'amore è più facilmente sentito come un pericolo, perché lo spinge a dover riconoscere un desiderio e una mancanza (l'uomo è più abituato a sentirsi, ingannandosi, come quello a cui non manca nulla), per una donna, invece, l'amore è immaginato, al contrario, come una salvezza, in quanto la donna, sentendosi già di per sé mancante, quindi spezzata, vede l'amore, ingannandosi anche lei, come ciò che la farà sentire "intera", piena, appagata e non più mancante. Solo che poi è destinata, quando si innamora, ad accorgersi che fare i conti col desiderio dell'uomo non è così semplice, perché il desiderio dell'uomo tende a farla sentire, spesso, di nuovo spezzata, se non devastata. Insomma, sia l'uomo, che la donna, in amore, facilmente si sbagliano.



L'ODIO NON E' IL CONTRARIO DELL'AMORE

L'odio è sempre indirizzato a chi amiamo e l'amore comporta sempre una componente di odio: sarebbe impossibile amare una persona senza anche odiarla, e se prevale di più più l'amore o di più l'odio, o come amore e odio si combinano tra di loro dipende esclusivamente da ogni singola situazione. 

Questo impasto di amore e odio si chiama ambivalenza, e ci appartiene.

Quelli che dopo aver ucciso il proprio partner dicono: "l'ho fatto perché l'amavo troppo" hanno ragione. Il troppo amore può sfociare nell'odio cieco e distruttivo e può far perdere la testa agli stupidi. 

Il contrario dell'amore non è dunque l'odio, ma, semplicemente, il "non amare" ed è la cosa più tranquilla del mondo. 

Noi dobbiamo sapere che l'amore può essere sì una delizia, ma anche una cosa pericolosa. Per questo bisogna stare attenti quando si ama.


CHE COS'E' L'AMORE?

Forse nulla come l'amore sembra sfuggire tanto ad ogni possibile definizione che sia in grado di metter daccordo tutti. Forse nulla come l'amore sembra interrogare tanto gli esseri umani e trasmettere la sensazione che nel momento in cui sembra di poterlo definire e di averne capito qualcosa, in effetti è allora che ci si accorge che non è ancora quella la sua giusta definizione e che in verità non se ne è capito invece ancora nulla.

Perché? L'amore è uno stato, un discorso, un rapporto tra due esseri che si atttraggono e si desiderano, messo sù al posto di qualcos'altro che non c'è.

L'amore è un'illusione che cerca la sua realizzazione costruendola su un abisso.



NON PUO' AVERSI AMORE SE NON NELLA RINUNCIA DEL NARCISISMO

Poiché l'essere umano, a partire dal distacco dalla madre, e in conseguenza del fatto che è stato raggiunto dalla parola che lo ha separato dalla natura per introdurlo nell'ordine sociale, ha irrimediabilmente perduto qualcosa (il legame originariamente narcisistico con la propria mamma) e dunque è radicalmente e strutturalmente mancante (l'essere è una mancanza-ad-essere, dice Lacan), sarà di conseguenza alla continua ricerca di ciò che ha perduto, quell'oggetto prezioso originariamente condiviso tra sé e la madre, cui Lacan darà il nome di "oggetto piccolo a".

Questa tensione di continua ricerca di ciò di cui ci sentiamo mancanti a causa della perdita originaria, costituisce il desiderio, che si configura come "struttura di mancanza" e dunque come base della domanda d'amore.

Noi amiamo infatti al fine di ritrovare nell'altro quello che abbiamo originariamente perduto per sempre, e che l'altro però non può darci se non in "sostituzione", e dunque in maniera sempre insoddisfacente.

In altre parole, noi ci innamoriamo dell'altro quando, per qualche ragione (puramente immaginaria) e per come ci appare, pensiamo - immaginiamo appunto - che egli possegga proprio quello che abbiamo perduto, quello che non abbiamo più, quello di cui manchiamo: per questo possiamo dire che l'innamoramento avviene sempre lungo la via del narcisismo.

Solo che, dopo questa iniziale illusione narcisistica, siamo destinati ad accorgerci, prima o poi, che anche l'altro è a sua volta mancante, e proprio di quello che noi cerchiamo: lì dove pensiamo egli serbi per noi quello che a noi manca, il prezioso oggetto perduto, lì invece troviamo un... buco! Cosa che farà dire a Lacan che "l'amore è dare quello che non si ha" e che "non esiste Altro dell'Altro". 

Questa scoperta mette a dura prova l'amore, perché apre all'esperienza della delusione: "ecco, non sei quello che mi aspettavo", "mi deludi", "non mi soddisfi veramente", "non mi capisci veramente" eccetera, tutte frasi che vogliono dire: "in fondo non mi dai proprio quello che da te mi aspettavo e di cui ho bisogno". Frasi che sono dell'ordine dell'appello: le frasi che frequentemente si ripetono i partner dopo l'idillio iniziale della luna di miele dell'innamoramento.

A questo punto, al punto della delusione, le vie possibili sono due: o quella di continuare a credere che l'altro possa comunque darci quello che ci manca, costringendosi a "soddisfare tutti i nostri desideri" così come ce lo siamo aspettato: "devi cambiare!" (amore narcisistico, che però non ha lunga vita o molto successo se non nella finzione, e dunque per lo più destinato a finire, spesso anche tragicamente), oppure, quella di innamorarci proprio del fatto che l'altro è diverso da noi, ha altro di cui possiamo godere, di innamorarci cioè proprio del fatto che non può darci quello che vorremmo, di innamorarci della sua mancanza appunto, e voler esseri amati per la mancanza che anche noi siamo per il nostro partner: "ti manco?"

Insomma l'amore può darsi solo nella logica dell'essere e non in quella dell'avere, e dunque, se l'innamoramento non può che seguire la via del narcisismo, l'amore può continuare solo lungo quella della sua rinuncia.



L'AMORE NASCE SOLO NELL'INCEPPO DI UNA FOTOCOPIATRICE.

Se per Freud l'amore è in fondo assoggettato alla ripetizione (la persona di cui ci si innamora non è se non quella che incarna l'oggetto d'amore perduto), per Lacan, alla legge della ripetizione è assoggettato il godimento e non l'amore.

Lacan, infatti, distingue il godimento - che non vuole saperne se non di ripetersi - dal desiderio, che non è, come in Freud, il ritorno all'esperienza perduta lungo quella famosa "traccia mnestica" di cui egli ci parla, ma ciò che, opponendosi al godimento e sottraendo la pulsione alla ripetizione per metterla al servizio della domanda d'amore, apre il soggetto all'amore come esperienza nuova, e non di ripetizione.

L'amore è dunque, non quella ripetizione fotocopia di partner sempre uguali che si succedono sulla base del regime della ripetizione di godimento ad opera del fantasma, ma ciò che, per un inceppo della fotocopiatrice, rompe la sequenza dell'uguale per aprire all'amore per quella persona che è sempre una persona nuova rispetto al passato.

Per questo, l'amore lo si ritrova solo nell'inceppo di quella macchina fotocopiatrice che noi siamo e non nel suo rassicurante funzionamento di ripetizione dell'uguale.



PER SEMPRE

Una delle più grandi bugie che gli esseri umani, credendovi, scambiano per vere, è che possano decidere, prestabilire, fare in modo, assicurare e rassicurarsi che qualcosa che li riguardi possa durare per sempre.

Soprattutto gli amanti cadono in questo inganno, dal momento che, come si sa, vorrebbero che il loro amore naturalmente non finisse mai e che durasse invece per sempre, essendone finanche convinti, visto che si amano tanto. 

Se l'amore è quella contingenza, quell'accadimento - fortuito - per cui qualcosa che non era ora è - qualcosa ha cessato di non scriversi - gli amanti ora vorrebbero che dal momento del suo accadere quella contingenza diventasse una necessità, qualcosa che non cessi più di scriversi. Qualcosa che ora possa durare per sempre, appunto.

Certo, amori che durino per sempre sono assolutamente possibili, amori che sono durati una intera vita ne sono esistiti eccome, e ne esisteranno ancora. Ne abbiamo esempi. Solo che se un per sempre si è avverato, è perché è potuta andare così, e non perché gli amanti lo abbiano stabilito, anche se essi vi hanno preso la loro parte, almeno non facendovi troppo ostacolo.

Gli uomini non sono padroni di nessun "per sempre" che sia affidato alle loro intenzioni per quanto convinte, o alla loro parola, alla parola data, come si dice. Gli uomini, al contrario, non possono essere di parola, perché la parola non può non cessare di scriversi, in quanto interferita sempre da una parola altra. E' il nostro inconscio, non una "cattiva volontà" di venire meno alla parola, che, offrendocene sempre un'altra, ci rende non di parola. Perché una parola data rimanga tale è necessario allora che venga in qualche modo resa parola scritta. In qualche modo.

La parola cessa di scriversi dunque, per questo gli uomini hanno bisogno delle scritture private e dei contratti. Per essere sicuri che qualcosa che li riguardi, qualcosa a cui tengono, possa durare, al di là della parola data, possa durare non perché si è detta, ma perché si è scritta.

Il per sempre che invece esiste è proprio quello che l'uomo non può stabilire, e nei confronti del quale può fare ben poco, ed è quello che appartiene al Reale. Il Reale, vale a dire esattamente ciò di cui l'uomo non può esser padrone mediante la parola - ma solo lambirlo o appena scalfirlo, girarci intorno o inciamparci - è invece, quello sì, ciò che non cessa di scriversi, e che torna sempre, torna per sempre.

Il per sempre dunque, il vero per sempre è piuttosto quello che - in quanto del Reale - fa da disturbo, da inciampo a quei per sempre -simbolici, o immaginari - che l'uomo crede di poter stabilire e suggellare nel tempo, sentendosene finanche sicuro.



CIO' CHE SI VUOLE DALL'AMORE

L'uomo vuole dalla donna quello che lei non può dargli perché non lo ha, e la donna chiede all'uomo di essere quello che lui non è.

A partire da questo equivoco si amano, credendo che l'amore li completi di quello di cui ciascuno manca.





FARE L'AMORE E FARE SESSO

Esiste una differenza fondamentale tra fare l'amore e fare sesso.

Solo fare l'amore ha bisogno del corpo, del corpo di chi si ama, solo di quello e non di altri corpi.

Solo l'amore può fare di un corpo in parti un corpo intero: l'amore si fa col corpo, il sesso si fa solo con parti di un corpo, con le zone erogene.

Per fare l'amore serve l'amore e che ci sia un desiderio, per fare sesso l'amore invece impiccia perché fare sesso è solo una questione di godimento e non di desiderio.

Solo l'amore può far sì che si possa godere di un corpo intero, altrimenti si gode solo di parti di corpo.

Per questo - fa capire Lacan - l'amore è ciò che completa la parzialità delle pulsioni, poiché per Lacan - a differenza di Freud - non esiste un primato genitale, una pulsione intera che riunisca le pulsioni parziali in un'unica pulsione sotto il primato genitale. Le pulsioni sono sempre parziali e l'unico primato, che possa riunirle, è quello dell'amore, non quello genitale.

Il sesso riduce un corpo ad un corpo qualunque.

Al contrario, l'amore fa di un corpo qualunque un corpo unico: quello e solo quello.



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L'AMORE E' SCAMBIARSI MANCANZA

Non può aversi amore se non in quanto alimentato dal desiderio (un amore senza desiderio è un amore morto, dice Lacan), e dunque amarsi non è altro che scambiarsi le rispettive mancanze, come hanno capito molto bene i poeti.

L’amore non è certo scambio di doni, quella è semmai la festa - dice Lacan - l’amore è invece scambio di mancanza nella presenza che ognuno sa assicurare all’altro, perché far sentire la mancanza non significa essere assenti, ma, al contrario, garantire una presenza che non saturi, che sappia rispettare, anzi, causare la mancanza.





AMORE FREUDIANO E AMORE LACANIANO

Per Freud l'amore si costituisce nell'opposizione tra l'amore per se stessi (amore narcisistico) e l'amore per l'Altro (amore anaclitico) e comporta la tensione tra l'Hilflosiggkeit (abbandono) e l'Abhängigkeit (dipendenza): chi ama non può che oscillare tra angoscia per la dipendenza e angoscia per la perdita.

Per Lacan, invece, l'amore comporta la possibilità per il soggetto di costituirsi tra la domanda che rivolge all' "altro che dà quello che ha" (l'altro del bisogno) e la domanda che al tempo stesso indirizza all' "Altro che dà quello che non ha" (l'Altro del desiderio, giacché il desiderio è ciò che si costituisce in termini di mancanza). 

In amore, per Lacan, non può che incontrarsi l'Altro con le sue due facce: da una parte la faccia di chi dà, e dunque soddisfa un bisogno, dall'altra, quella di chi non può dare che quello che non ha, e dunque causa un desiderio.

Di qui il noto aforisma lacaniano che "l'amore è dare quello che non si ha"

Per Freud l'amore non è che ripetizione: non possiamo che ritrovare sempre lo stesso amore, non possiamo che rivivere riedizioni di uno stesso amore.

Per Lacan, invece, l'amore non è affatto ripetizione, ma invenzione, apertura al nuovo, giacché l'amore è reso possibile, essenzialmente, dalla iscrizione del bisogno nel registro del desiderio, e il desiderio, a differenza del bisogno, è desiderio sempre di altro: l'amore per Lacan è, in fondo, l'inceppo di quella fotocopiatrice del bisogno che riproduce amori-fotocopie, amori sempre uguali.



TRA DUE CHE SI AMANO NON V'E' RAPPORTO DI GODIMENTO

"E' raro che il godimento sessuale stabilisca un rapporto […] L'essere parlante si differenzia in questo: se c'è qualcosa che sfugge massimamente è questo rapporto fondamentale che ci sarebbe da qualche parte, esistente, fondamentale, e che sarebbe nominabile e definirebbe il rapporto sessuale.

[...] E' proprio in quanto, necessariamente, i partner restano due, che è completamente falso considerare questo «rapporto sessuale» come incluso in un eros, che sarebbe caratterizzato da non so quale appetito universale di fusione in uno (…) Se c'è qualcosa che non fa uno, è evidentemente la stretta sessuale." (J. Lacan)

Il che significa che, contrariamente a quanto si crede, finanche in certi ambiti psicoanalitici cosiddetti "freudiani", il godimento sessuale è ciò che divide, non ciò che unisce i due partner. E' nel momento in cui si gode che si fa esperienza di essere in due e non di fare uno.

Questo mito, puramente immaginario, della fusione sessuale di due in uno, ha portato molti psicoanalisti a ritenere che tra le finalità di un'analisi riuscita ci potesse essere anche quella di condurre un paziente fino a questa capacità di "fusione" sessuale col proprio partner, in quanto espressione necessaria di una sessualità ormai matura, sana, felice e, soprattutto senza intoppo alcuno.

Ora -fa notare Lacan- che uno psicoanalista possa sospettare che nell'Eros le cose vadano così, è anche ammissibile, ma se alla lunga finisce per crederci, allora è un imbecille: "È del tutto ammissibile, a un certo livello, che lo psicoanalista faccia finta, sembianza, di essere lì perché le cose marcino nel campo della sessualità. La noia è che finisce per crederci, e questo lo blocca del tutto, vale a dire diviene imbecille.

[Al contrario] uno scacco, grazie all'esperienza analitica, sappiamo benissimo che cosa significa: è una delle forme della riuscita."

Quello che allora fa della sessualità qualcosa di riuscito è il fatto che essa include, non esclude, l'esperienza dello scacco.



GLI AMANTI HANNO DIRITTO ALL'AMORE

Cosa vuol dire Lacan attraverso la famosa frase: "Solo l'amore permette al godimento di accondiscendere al desiderio"?

Vuole evidentemente dire che solo se ci innamoriamo, solo nell'amore, che è sempre amore per qualcuno, possiamo essere disposti a rinunciare al nostro godimento narcisistico pur di consentirci il desiderio per la persona amata, dal momento che godimento narcisistico (amore solo per se stessi) e desiderio per l'altro (amore oggettuale) non sono compatibili tra di loro: o si ama se stessi o si ama un altro, o, almeno, per poter amare un altro, ed esserne ricambiati, occorre rinunciare ad amare soltanto se stessi.

In altri termini la frase di Lacan vuole semplicemente dire che è solo l'amore a permettere che il godimento prenda la via verso il desiderio, piuttosto che opporvisi.

L'amore, dunque, lo si può incontrare solo lungo la via di una rinuncia pulsionale, come lo stesso Freud aveva capito: l'essere umano può rinunciare alle sue soddisfazioni pulsionali solo a causa della paura di perdere l'amore della persona amata.

Insomma, l'amore comporta sempre una perdita iniziale di godimento narcisistico, ma per ritrovarlo di segno diverso e su di un registro superiore, in quanto godimento che ora accondiscende, e non si oppone al desiderio.

Per questo, in effetti, si può accedere all'amore solo ripercorrendo per così dire, l'esperienza della castrazione primaria, che non è nient'altro che riconoscimento e accettazione della Legge che vieta il godimento narcisistico dell'incesto, per consentire in cambio l'apertura erotica all'altro del desiderio. 

"Solo l'amore permette al godimento di accondiscendere al desiderio", non può infatti che riecheggiare quell'altrettanto famosa puntualizzazione di Lacana che "la castrazione vuol dire che bisogna che il godimento sia rifiutato perché possa essere raggiunto sulla scala rovesciata della Legge del desiderio", in quanto solo su questa "scala rovesciata", e dunque sotto l'insegna della Legge del desiderio, l'amore può permettere al godimento di ricongiungervisi, e che gli amanti possano riconoscersi il diritto all'amore.



UN EQUIVOCO: UNA PARTE AL PREZZO DI UN TUTTO

Tra un uomo e una donna, in amore, vi è sempre un equivoco radicale da superare, e una delusione irriducibile con cui fare i conti: se l'uomo vede nella donna "un pezzo", e per questo la vorrebbe il più possibile vicino all'oggetto pulsionale, la donna invece vorrebbe che l'uomo che ama sia "un tutto", e dunque il più possibile vicino ad un oggetto d'amore. 

Un uomo si deve accordare a darsi tutto pur di prendere un pezzo, e una donna accetta di dare un pezzo pur di ricevere un tutto.



AMORE E DESIDERIO NON HANNO LO STESSO OGGETTO

La psicoanalisi freudiana, in particolare quella lacaniana, ci insegna che esiste una irriducibile, radicale discordanza tra desiderio e amore, in quanto l'oggetto dell'amore non coincide mai con l'oggetto del desiderio, se non illusoriamente.


 In altri termini, quando l'amante abbraccia il suo amato non incontra mai l'oggetto del suo desiderio, ma solo la figura che illusoriamente lo incarna, poiché l'oggetto che si desidera veramente è sempre altro rispetto a quello che si crede di trovare nell'amato, ed è l'oggetto perduto sin da quando il soggetto fa il suo ingresso nel mondo, ad opera della parola che i genitori gli rivolgono e tramite quel processo, la castrazione, che -come dice il nome stesso- comporta una perdita originaria, perdita che è dunque il prezzo che ognuno paga per entrare nel suddetto mondo.


 Di conseguenza, ciascuno è destinato a recare in sé la traccia, il marchio, la faglia di questa perdita originaria, faglia che Lacan chiama molto efficacemente "mancanza-ad-essere", e che -in quanto tale- fa sì che ognuno di noi si costituisca come soggetto desiderante, e quindi alla ricerca di quell'oggetto perduto che ognuno vorrebbe comprensibilmente trovare nell'Altro, il quale, però, e per lo stesso motivo, ne è anch'egli mancante, cosa che farà dire a Lacan che non esiste Altro dell'Altro.


 Per la stessa ragione -dirà sempre Lacan- non esiste rapporto sessuale, dal momento che, come abbiamo visto, nel rapporto tra i sessi, quello che ognuno cerca non è mail quello che l'Altro può dargli, e dunque per questo, in amore -dice ancora Lacan- "si dà quello che non si ha", che è poi anche quello che l'Altro non vuole.


 Insomma, in amore, i due che si amano stanno insieme cercando e scambiandosi sempre altro rispetto a quello che in effetti ciascuno dei due nell'Altro cerca e dall'Altro si aspetta.


 Come può essere allora sopportata una discordanza così strutturale tra desiderio e amore, riuscendo addirittura, coloro che si amano, a continuare a trovare comunque l'amore come qualcosa di delizioso, pur esponendoli l'amore stesso a una tale frustrazione del desiderio?


 Innanzitutto perché, se pure l'amore frustra il desiderio in quanto ricerca dell'oggetto che l'altro non può dare, in effetti proprio per questo costantemente ne è invece la causa, e poi perché si può godere, anzi si gode di più, laddove il desiderio viene causato, piuttosto che lì dove venisse soddisfatto completamente.


 In altre parole, è solo laddove si sopporta lo scarto tra desiderio e amore, questa irriducibile discordanza tra desiderio e amore che permetterà a Lacan di dire finanche che "si può amare una persona e desiderarne un'altra", che si può riuscire a stare nell'amore e ad esserne addirittura felici. Diversamente, se tale discordanza non è sopportata e l'amato deve essere colui in grado di soddisfare ogni desiderio, e capace di mettere l'altro al riparo dalla sua "mancanza-ad-essere-" per dimostrargli o dimostrarle che c'è Altro dell'Altro, allora l'amore può sconfinare nell'odio, e il passo di tale sconfinamento essere anche un attimo, e l'amore trasformarsi, da quella cosa ineffabile e meravigliosa che unisce due che si amano, a quel qualcosa di terribile che può far sì che essi, amandosi, arrivino persino a distruggersi.



GLI AMANTI SONO INCOMPLETI

Gli amanti sono mancanti: sono sempre incompleti.

L'amore è tollerare l'incompletezza dell'altro senza cercare di completarlo, facendone così solo un essere inconsistente: un essere cioè in-significante, perché l'altro si può completare solo di significanti.




RELAIS

Gli uomini dovrebbero capirlo: una donna non può essere mai tutta per il proprio uomo, anche se lei lo dice, anche se lei lo crede, anche se lei lo desidera perché lo ama. 

Lo dice e lo ripete, all'uomo che ama, per rassicurarlo, ma soprattutto per rassicurare sé stessa perché avverte, senza poterlo dire, che invece qualcosa di lei - qualcosa che non può essere messo in parola, qualcosa che non può dirsi perché non è nell'ordine del linguaggio, ma è nell'ordine del corpo - sfugge a quel "tutto" di sé stessa che pure vorrebbe rendere disponibile al proprio uomo. 

C'è sempre un che di sfuggente in una donna, un ché di "infedele", che non può appartenere ad un uomo. Un uomo, per questo - deve saperlo - non potrà mai avere il possesso pieno della propria donna, non potrà mai disporre interamente di lei, del suo corpo e del suo godimento. 

Per questo - nella Storia - gli uomini hanno sempre tentato di controllare e di avere il pieno possesso delle proprie donne, nei vari modi e nelle varie misure, anche le più terribili, a seconda delle diverse epoche. 

Ma un uomo non potrà avere mai il pieno controllo del corpo di una donna, non potrà disporne mai del tutto, anche se fosse lei stessa a offrirsi tutta, perché esiste una parte del suo corpo che ella senza saperlo sottrae a chiunque, anche a se stessa: è quella parte che sarà destinata al bambino di cui ella potrà essere un giorno madre, una parte che appartiene alla madre e non alla donna, alla madre che ogni donna potrà diventare anche se dovesse scegliere di non diventarlo mai.

Allo stesso modo esiste nella donna anche un godimento di cui ella non sa e non può dire niente, se non, come dice Lacan, che "lo prova", e che, se pur causato dal desiderio, sfugge e si sottrae ad ogni argine di certezza prevedibile: si tratta di un godimento supplementare che apre la donna all'infinito, e che ne fa, come dice sempre Lacan, una "non-tutta" nel godimento che si inscrive, come quello dell'uomo, sotto l'insegna del significante fallico.

L'uomo invece, lui sì, può essere tutto per la propria donna, attraverso l'amore che ella chiede di darle. Perché una donna - gli uomini devono saperlo - essendo piuttosto spaventata - devastata - dal fatto che sente di non poter disporre del tutto del proprio corpo per l'uomo che ama, vorrebbe allora che il proprio uomo vi facesse argine con il suo amore, vorrebbe che l'uomo la ami "con tutto il suo cuore, con tutto il suo amore", come dice una bellissima canzone di Lucio Battisti, in modo da poter supplire, con un amore "tutto", a quel suo essere, in quanto donna, appunto "non-tutta".

Per questo, le donne hanno continuamente bisogno di sentirsi amate, per questo chiedono continuamente "mi ami?". L'unico modo che possa arginare ciò che del corpo di una donna sfugge alla presa dell'amore è proprio la parola d'amore, il discorso d'amore. E' l'amore, il discorso d'amore che può fare da tenuta - da relais - alla devastazione che una donna sente quando il suo corpo ama. 

Lacan chiama questa condizione della impossibilità dell'essere tutta di una donna in amore con la formula "non c'è rapporto sessuale", mancanza cui può far supplenza però il discorso d'amore.

Un uomo deve allora sapere che, per avere e mantenere l'amore di una donna, non basta che sappia farci bene l'amore, occorre soprattutto che sappia anche parlarle d'amore.



COSA TIENE INSIEME UN UOMO E UNA DONNA?

Partiamo da qui: l'uomo è, in genere, maggiormente attratto dall'anatomia femminile, di conseguenza deve fare una certa fatica - inconscia sicuramente, spesso anche conscia - per realizzare che i diversi "pezzi anatomici" che tanto lo attirano appartengono ad un intero, ad una persona detta donna.

Una donna, invece, dal canto suo, in genere, tende a vedere nell'uomo un intero, un tutto, e quindi a volere, più che il pezzo anatomico, un tutto che chiama amore, di conseguenza anche lei - e per ragioni opposte a quelle dell'uomo - deve fare una certa fatica, molta fatica, a sopportarsi come "un pezzo" per il proprio uomo, o, addirittura, a fargli credere - talvolta fino al punto di crederlo anche lei - che anche lei adori fino allo svenimento quel "pezzo" di lui di cui lui sembra andare particolarmente fiero, vale a dire il suo pene. 

Da questo equivoco, da questo punto di non incontro di partenza, un uomo e una donna che dicono di amarsi devono riuscire a trovare un modo possibile e sopportabile per poter stare insieme, dal momento che, come abbiamo visto, e come dice Lacan, "l'uomo cerca nella donna quello che non ha e la donna vuole che l'uomo sia quello che non è". 

Occorre in altri termini che entrambi siano disposti ad un compromesso - spesso da dover essere continuamente rinnovato - su cui costruire, e portare avanti, un legame, un rapporto, una vita insieme, una famiglia, dei figli eccetera eccetera. 

E' solo l'amore che può permettere un tale compromesso, un tale "miracolo": in questo caso un rapporto tra un uomo e una donna può essere anche una delizia, altre volte, meno frequentemente, no, ed è una tragedia.




ALL'AMORE SERVE L'ERRORE

Affinché, tra un uomo e una donna, l'amore, che pure sentono tra di loro, possa mantenersi vivo, occorre che sappiano causare il desiderio l'uno per l'altra: "un amore senza desiderio è un amore morto", ricorda non a caso Lacan.

Le coppie, comunemente, credono che l'amore significhi armonia, condivisione pressoché assoluta di intenti e di interessi, appianamento di ogni conflitto, e invece, non vi è niente di più mortifero per il desiderio, in una coppia, che un legame "perfetto".

Le coppie in genere cercano armonie e concordanze a tutti i costi, cercano di realizzare l'illusoria perfezione della loro unione, magari garantita da quell’ordine simbolico che presiede appunto al corretto funzionamento delle norme prestabilite, le quali a loro volta regolano i legami sociali tra le persone, tra cui l'Istituzione del matrimonio, per esempio.

E invece, al contrario, occorre che un uomo e una donna, piuttosto che cercare armonie ed equilibri - peraltro impossibili se non nell'immaginario - sappiano rendersi, come dice Lacan nel Seminario XXIII, non più equivalenti, sappiano cioè introdurre la discordanza, l'errore, l'eccentricità tra di loro, perché solo in questo modo possono produrre un rapporto che sia di desiderio, e non di narcisismo, vale a dire un rapporto invece di un "non rapporto".

 " [...] è nella misura in cui non c'è equivalenza che si struttura il rapporto [...] Laddove c'è rapporto, c'è nella misura in cui l'altro sesso è supportato dal sinthono. 

Mi sono permesso di dire che il sinthomo è precisamente il sesso cui non appartengo, cioè una donna" (Lacan, Il Seminario, Libro XXIII, Il Sinthomo, 1975-76, Astrolabio, pag. 97).

In questo straordinario passaggio Lacan vuole in effetti sottolineare come, sia per l'uomo che per la donna, in quanto soggetti nell'ordine simbolico - e cioè entrambi disposti sotto l'insegna del significante fallico che necessariamente tende a renderli di fatto equivalenti - sia importante che si dispongano verso "l'altro sesso" che, per entrambi" è una donna, per meglio dire, in questo senso, "l’Altra donna". Il che significa, dice sempre Lacan nel Seminario citato, che, di conseguenza, una donna deve saper essere un "sinthomo" per il proprio uomo, vale a dire il suo "errore", e al contempo, ponendosi nello scenario dell’Altra donna, accettare il rischio di sentire l’uomo e il suo desiderio come una "devastazione" (è proprio il termine che usa Lacan). 

E' chiaro che solo l'amore potrà consentire ad una donna di sopportare di essere sinthomo per il proprio uomo, sentendosi devastata dal suo desiderio, e all'uomo di poterla adeguatamente sostenere, attraverso il discorso d'amore che saprà intrecciare per lei.

Intrecciare un discorso d'amore significa che possa esserci una rinuncia di godimento in funzione del desiderio, in quanto il desiderio che serve all'amore non può sostenersi se non a partire da una perdita di godimento. L'apertura erotica verso l'Altro dell'amore comporta sempre una rinuncia di godimento, che essendo narcisistico, è sempre autoerotico. 

Di qui la famosa frase di Lacan: "solo l’amore può far si che il godimento accondiscenda al desiderio".

Vale a dire che solo se ci innamoriamo, solo nell'amore, che è sempre amore per l'Altro, possiamo essere disposti a rinunciare al nostro godimento narcisistico pur di consentirci il desiderio per la persona amata, dal momento che godimento narcisistico (amore solo per se stessi) e desiderio dell'Altro (amore oggettuale) non sono compatibili tra di loro: o si ama se stessi o si ama l'Altro, o, almeno, per poter amare l'Altro, ed esserne amati, bisogna rinunciare ad amare soltanto se stessi.

La frase di Lacan vuole quindi semplicemente dire che è solo l'amore a permettere che il godimento prenda la via verso il desiderio, piuttosto che opporvisi.

L'amore, dunque, lo si può incontrare solo lungo la via di una rinuncia pulsionale, come lo stesso Freud aveva capito: "l'essere umano può rinunciare alle proprie soddisfazioni pulsionali solo per la paura di perdere l'amore della persona amata".

Insomma, l'amore comporta sempre una perdita iniziale di godimento, e di narcisismo, ma evidentemente ne deve pur valere la pena, o no?



AMORE E SESSUALITA'

A differenza di quanto ritengono gli psicoanalisti post-freudiani, non esiste una pulsione genitale intesa come pulsione totale, come pulsione intera che completi, evolutivamente, le pulsioni parziali facendone un tutto.

Per Lacan le pulsioni sono sempre parziali in quanto costituiscono quell' "apparato di montaggio" della sessualità nella vita psichica, e dunque nella catena significante, conformandola ai buchi e alle faglie che ne fanno irrimediabilmente parte.

Per questo le pulsioni restano parziali e, anzi, danno ragione del fatto che la sessualità umana è sempre dell'ordine del non-tutto.

Cos'è che può allora rendere più sopportabile il non-tutto, la parzialità, l'irriducibile incompletezza della nostra sessualità? Non certo una immaginaria pulsione totale garantita da un supposto "primato genitale", ma l'amore.

L'amore, per Lacan, è quel discorso che gli esseri umani imbastiscono tra di loro per rendere più sopportabile la parzialità delle loro pulsioni e per completarne i vuoti, i buchi, le faglie.

L'amore, dunque, è il completamento immaginario della sessualità che aiuta a saperci fare con il reale del desiderio e a saperci stare meglio con il non-tutto della sessualità.

L'amore è il completamento, non di due che si amano facendone un uno, ma della sessualità di ciascuno: l'amore è ciò che ci fa sentire più completi sessualmente.



LA SESSUALITA' UMANA

La psicoanalisi freudiana, soprattutto come interpretata e rilanciata da Lacan, ha dimostrato che la sessualità umana non si riduce ad una faccenda di accoppiamento sessuale, ma è partecipe dell'intera vita psichica degli umani ed entra in tutte le prospettive, i progetti, le ambizioni presenti e future di ciascuno di essi.

Ciò è l'effetto, fa notare Lacan, dell'azione di "montaggio" della sessualità nel significante ad opera delle pulsioni parziali:

"La  pulsione è precisamente quel montaggio attraverso cui la sessualità partecipa alla vita psichica [...] tutti i soggetti (parlanti) [...] non hanno a che fare che con quello che, della sessualità, passa [...] nelle reti del significante. [...] la pulsione senza dubbio rappresenta, ma non fa che rappresentare, e parzialmente, la curva del compiersi della sessualità nel vivente." (Lacan, Il Seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi).

Tutto questo significa che niente della sessualità umana può ricondursi alla natura, all'istinto, al biologico, che negli umani non esiste un sesso naturale, ma che del sesso tutto passa attraverso il significante, e quello che non vi passa è sesso perduto.




L'ATTO SESSUALE NON È COME BERE UN BICCHIER D'ACQUA 

(come Lacan smonta l'illusoria teoria del trombamico)



Un atto non è semplicemente qualcosa che vi viene fuori così, non è una scarica motoria,  come sostiene spesso e volentieri la teoria analitica - anche se, con l'aiuto di un certo numero di artifizi, di percorsi diversi, o anche dello stabirsi di una certa promiscuità, si arriva a fare dell'atto sessuale qualcosa che non riveste  maggiore importanza, così si dice, del bere un bicchiere d'acqua.

Non è affatto vero, e ve ne accorgerete ben presto, perché capita proprio che beviate un bicchiere d'acqua e che subito dopo vi venga la strizza. La cosa non va da sé per dei motivi che attengono alla sua essenza, vale a dire che in questa relazione ci si domanda, quando vi è un uomo per esempio, se si sia veramente un uomo, o, nel caso di una donna, se si sia veramente una donna. Non è solo il partner a chiederselo, se lo chiede ognuno da sé, e questo conta, conta per tutti, conta immediatamente.  (J. Lacan)



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