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PERVERSIONI

A differenza degli animali, negli esseri umani il comportamento sessuale non è regolato più dall’istinto di accoppiamento finalizzato esclusivamente alla procreazione per il mantenimento della specie, ma dalla pulsione e dal godimento. 

Certo, il sesso serve anche all’amore, ma è solo nella misura in cui l’amore, come dice Lacan, fa sì che il “il desiderio acconsente al godimento”, che il sesso può essere messo al servizio anche del rapporto amoroso. Invece, come sappiamo, nonostante la morale cattolica l’esige, negli esseri umani il sesso non può essere limitato ai soli rapporti amorosi e, infatti, esistono attività e comportamenti sessuali finalizzati esclusivamente al godimento. 

Inoltre, a complicare ulteriormente le cose, l’attività sessuale può essere messa al servizio anche di altre necessità, per esempio di una necessità di difesa. Ma difesa da cosa? Da ciò che maggiormente sembra angosciare gli esseri umani: la “castrazione”, vale a dire il riconoscimento che non si è tutti uguali, e non lo si è per via del fatto che qualcosa - un attributo anatomico, un piccolo dettaglio del corpo maschile, il fallo - può mancare, come le donne sembrano dimostrare. 

Gli uomini hanno infatti paura delle donne perché, per loro, le donne sono la dimostrazione vivente che esiste la mancanza (anche se, in effetti, è vero piuttosto il contrario: “è alle donne che non manca nulla!” dirà provocatoriamente Lacan, per intendere che alla donna non manca finanche la mancanza!). 

Un’esistenza, comunque, quella della mancanza, che, come il mito dimostra, risulta costituire la vera, grande tragedia con la quale ogni essere umano si trova costretto a fare i conti, una tragedia a cui Freud ha dato il nome di “complesso di Edipo” e di cui tutti, uomini e donne, vorrebbero evitare di fare esperienza, evitando di fare esperienza soprattutto di ciò che ne è la massima espressione: il desiderio, che è infatti struttura di mancanza, per orientarsi invece verso il godimento che, al contrario, è struttura di appagante ripienezza e di assenza di qualsiasi mancanza. 

È davvero interessante: se il sesso, da una parte serve all’amore, che si nutre di desiderio, quindi di mancanza, dall’altra può essere usato per difendersene, se, invece che verso il desiderio e l’amore, viene dirottato verso il godimento senza desiderio e senza amore.

I comportamenti sessuali cosiddetti perversi servono, dunque, proprio a questo: a dare l’illusione che non ci sia “difetto nell’Universo”, ma solo ripienezza, interezza, completezza. 

Le varie figure della perversione - il Feticismo, l’Esibizionismo, il Voyeurismo, il Sadomasochismo - pur nelle loro variegate, spesso fantasiose e bizzarre, architetture (non c’è figura più creativa del perverso nell’architettare i suoi giochi sessuali), sono tutte accomunate dal fine ultimo di evitare l’angoscia di castrazione, per questo hanno il carattere della compulsione, dell’infinita ripetizione e della irrinunciabilità.




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LA PERVERSIONE E' LA PIU' EFFICACE DIFESA DALL'AMORE

A differenza degli animali, negli esseri umani il comportamento sessuale non è regolato più dall’istinto di accoppiamento finalizzato esclusivamente alla procreazione per il mantenimento della specie, ma dalla pulsione e dal godimento.

Certo, il sesso serve anche all’amore, ma è solo nella misura in cui l’amore, come dice Lacan, fa sì che il “il desiderio acconsenta al godimento”, che il sesso possa essere messo al servizio anche del rapporto amoroso. Invece, come sappiamo, nonostante la morale cattolica l’esige, negli esseri umani il sesso non può essere limitato ai soli rapporti amorosi e, infatti, esistono attività e comportamenti sessuali finalizzati esclusivamente al godimento.

Inoltre, a complicare ulteriormente le cose, l’attività sessuale può essere messa al servizio anche di altre necessità, per esempio di una necessità di difesa. Ma difesa da cosa? Da ciò che maggiormente sembra angosciare gli esseri umani: la “castrazione”, vale a dire il riconoscimento che non si è tutti uguali, e non lo si è per via del fatto che qualcosa - un attributo anatomico, un piccolo dettaglio del corpo maschile, il fallo - può mancare, come le donne sembrano dimostrare.

Gli uomini hanno infatti paura delle donne perché, per loro, le donne sono la dimostrazione vivente che esiste la mancanza (anche se, in effetti, è vero piuttosto il contrario: “è alle donne che non manca nulla!” dirà provocatoriamente Lacan, per intendere che alla donna non manca finanche la mancanza!).

Un’esistenza, comunque, quella della mancanza, che, come il mito dimostra, risulta costituire la vera, grande tragedia con la quale ogni essere umano si trova costretto a fare i conti, una tragedia a cui Freud ha dato il nome di “complesso di Edipo” e di cui tutti, uomini e donne, vorrebbero evitare di fare esperienza, evitando di fare esperienza soprattutto di ciò che ne è la massima espressione: il desiderio, che è infatti struttura di mancanza, per orientarsi invece verso  il godimento che, al contrario, è struttura di appagante ripienezza e di assenza di qualsiasi mancanza.

È davvero interessante: se il sesso, da una parte serve all’amore, che si nutre di desiderio, quindi di mancanza, dall’altra può essere usato per difendersene, se, invece che verso il desiderio e l’amore, viene dirottato verso il godimento senza desiderio e senza amore.

I comportamenti sessuali cosiddetti perversi servono, dunque, proprio a questo: a dare l’illusione che non ci sia “difetto nell’Universo”, ma solo ripienezza, interezza, completezza.

Le varie figure della perversione - il Feticismo, l’Esibizionismo, il Voyeurismo, il Sadomasochismo - pur nelle loro variegate, spesso fantasiose e bizzarre, architetture (non c’è figura più creativa del perverso nell’architettare i suoi giochi sessuali), sono tutte accomunate dal fine ultimo di evitare l’angoscia di castrazione, per questo hanno il carattere della compulsione, dell’infinita ripetizione e della irrinunciabilità.


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LA STRUTTURA DELLA PERVERSIONE

A partire dal lavoro di Freud sul Feticismo, fino ai contributi di M. Klein e di Lacan, cercheremo di affrontare, discutere, comprendere la struttura del perverso e il significato, non solo delle cosiddette perversioni sessuali, ma anche di quelle che possiamo considerare delle vere e proprie relazioni di perversità, così diffuse oggi: mobbing, bullismo, stalking, manifestazioni di razzismo e di intolleranza, piccole e meno piccole violenze psicologiche quotidiane, nelle coppie, nei gruppi, tra le persone: che rapporto hanno con le perversioni propriamente dette e qual è il paradigma che le accomuna? 


LA PERVERSIONE COME RIGETTO DEL DESIDERIO DELL'ALTRO E DISCONOSCIMENTO DELLA SUA SEPARAZIONE.

Freud ha dimostrato che la perversione è un non volerne sapere nulla, ma proprio nulla, della castrazione. Una doppia negazione dunque: "non è vero che non ci sia il fallo lì dove non posso fare a meno di volere che ci sia".

Freud ha chiamato "Verleugnung" questo meccanismo di rigetto, di ripudio della realtà della castrazione.

Lacan, riprendendo la questione dal punto di vista della "castrazione della madre", mette in rilievo come il perverso non tolleri che l'Altro sia "bucato", sia mancante cioè proprio di quello che gli serve per continuare il proprio godimento, un godimento che egli deve necessariamente prelevare "nel luogo dell'Altro", e che non sopporta possa essere interdetto dalle ragioni dell'Altro, in buona sostanza, non tollera che il proprio godimento possa trovare un limite nel desiderio dell'Altro.

Il perverso è dunque colui che si serve della "verleugnung" (diniego) per impedire che il desiderio dell'altro interrompa il proprio godimento, come dire: "il tuo desiderio si oppone al mio gioco? bene, neanche mi chiedo il perché, faccio prima a rigettarlo di sana pianta, non ne tengo alcun conto, per il semplicissimo motivo che neanche me ne voglio render conto!" 

Per questo, possiamo dire, che qualsiasi comportamento tendente a disconoscere le istanze altrui, quando queste costituiscono un limite al godimento soggettivo, può essere considerato un comportamento di perversità, come può esserlo, per esempio, quello di un coniuge, che si rifiuti di prendere atto del desiderio del partner di volersi separare: si rifiuta di prenderne atto semplicemente continuando a farlo sussistere nel ruolo partner anche se questi se ne è dichiarato decaduto.

In altre parole è perverso ogni atteggiamento, posizione o comportamento che si basi sul disconoscimento di una separazione che di fatto è già avvenuta

PERVERSIONI E RELIGIONE

La psicoanalisi freudiana, soprattutto alla luce di come ce la ripropone Lacan, ci insegna che per il soggetto è impossibile porsi fuori dalla struttura del linguaggio che lo costituisce, e dunque, come del resto osserviamo nella pratica analitica, niente può succedere che non sia riferito allo statuto del linguaggio e alla funzione della parola.


 Ora, dal momento che il linguaggio che ci costituisce ci proviene dall'Altro, e dunque l'Altro è il luogo del linguaggio condiviso, ne deriva che anche l'Altro è costituito dall'incidenza del significante e di conseguenza è anch'esso mancante. 


 L'Altro è cioè radicalmente bucato, ragion per cui -e questo è un aspetto fondamentale in psicoanalisi e su cui Lacan non insisterà mai abbastanza- non ci può essere metalinguaggio, cioè non ci può essere nessuna metateoria, come non ci può essere Altro dell'Altro.


 Per questo la psicoanalisi si costituisce come diametralmente opposta alla Religione, il che ne fa essenzialmente un ateismo, un "ateismo di conseguenza", come dice Lacan.


 Ma dal fatto che l'Altro sia mancante non deriva soltanto l'ateismo della psicoanalisi, ma anche importanti conseguenze cliniche, vale a dire cioè che è a seconda di come il soggetto si pone nei confronti di questo buco, e di come tenta di risolverlo, che potremo avere organizzazioni di tipo nevrotico, o di tipo perverso o di tipo psicotico. 


 L'organizzazione psicopatologica che sembra riuscire meglio nel risolvere la questione della mancanza-ad-essere è proprio la perversione. 


 Il perverso infatti, come vediamo dalla clinica, "gioca" a denegare il buco, vale a dire la castrazione materna, fingendo di credere -come dice Freud- che la madre in effetti abbia il fallo lì dove appare un buco. Ora, per riuscire meglio in questo gioco, il perverso si serve, fa notare Lacan, dell'oggetto piccolo (a) facendone un uso del tutto particolare: quello di un oggetto non più causa di desiderio, ma di oggetto utile a negare la castrazione materna, la quale non è più semplicemente rimossa -come avviene nel nevrotico- ma proprio negata nel Reale. L'oggetto piccolo (a) viene dunque reinventato nel Reale come feticcio, che servirebbe dunque a colmare il buco che appare al perverso nel luogo dell'Altro. In questo modo il perverso si priva del suo desiderio per fare dell'Altro, rendendolo non mancante, l'oggetto del proprio godimento. Ovviamente occorre che l'Altro -abilmente scovato dal perverso- acconsenta a lasciarsi prendere pienamente come oggetto piccolo (a), in modo da permettere quel gioco perverso mirante a dimostrare -in entrambi- che non è vero che non ci sia Altro dell'Altro.


 Per questo il perverso, consacrandosi a chiudere il buco nell’Altro, può essere visto, osserva Lacan, come un difensore della fede.


 In effetti, contrariamente a quello che si pensa, il perverso non è qualcuno che disprezza l’Altro, ma è colui che invece si preoccupa di colmarne il buco, assolvendo a questa funzione, dice Lacan, come un ausiliario di Dio.


 E' per questo che la Religione, in quanto ciò che mira a colmare quello che nell'Altro manca, è una forma organizzata di perversione.


 E' per questo che la psicoanalisi non potrà mai godere delle "simpatie" delle religioni ed è per questo che, quando questo avverrà, la psicoanalisi in quanto tale sarà finita.


LA PERVERSIONE MASOCHISTA E' MASCHILE NON FEMMINILE

Che una donna sia masochista è solo nella fantasia dell'uomo - per meglio dire nel suo "fantasma" - in quanto l'uomo tende a confondere la mancanza di cui è provvista una donna, l'attitudine a ricevere, ad accogliere, non solo l'uomo nel proprio sesso, ma anche il suo prodotto ne proprio ventre, come un segno di passività, e dunque di particolare disponibilità al masochismo. 

Freud, non a caso, definisce masochismo "weiblich" la perversione masochistica dell'uomo, che vede come messa in scena del fantasma "femmineo" nell'uomo, escludendo la donna da questa forma di perversità

Evidentemente l'uomo, supponendo masochista la donna, non sta, come crede, disprezzandola, ma la sta piuttosto invidiando. 

Un uomo infatti, se non ama le donne, non può che far questo: invidiarle! E delle donne che cosa è che un uomo invidia? Invidia il loro godimento. 

L'uomo non è libero, nel proprio godimento, come lo è invece una donna nel proprio - anche se non è sempre facile per una donna farci i conti, con questa libertà. 

L'uomo non è libero come una donna perché il proprio godimento è un godimento d'organo, di un organo di cui, per giunta, egli non sempre può disporne come vorrebbe, anzi di cui non può avere mai la certezza di poterne disporre come vorrebbe. 

Una donna, invece, gode del proprio corpo e, se ama, permette, per giunta, anche al proprio uomo, di poterne godere. Come? Mettendosi in funzione dell'oggetto che causa il desiderio di un uomo, quell'oggetto resto, di "plus-godere", che Lacan chiama "oggetto piccolo (a)".

Ecco, una donna, la vera donna, è quella che sa mettersi in funzione di questo oggetto piccolo (a), di oggetto causa del desiderio, che sa mettersi in funzione di oggetto del godimento del proprio uomo, senza però ridursi a quello, che sa come causarne il desiderio senza per questo prendersi per oggetto passivo di soddisfacimento della pulsioni di godimento di un uomo, non almeno attraverso un'escogitazione perversa. 

Per questo Lacan dice che la vera donna è quella che sa assumere la funzione di "sintomo" del proprio uomo. . 

"Mettersi in funzione di oggetto" non significa dunque "farsi prendere per oggetto" , equivoco in cui gli uomini spesso cadono. 

E infatti, esistono uomini che vorrebbero godere come pensano goda una donna - pulsione di godimento che non ha niente a che fare con l'omosessualità, trattandosi piuttosto di un rifiuto della castrazione che prende la via della identificazione con l'oggetto a piccolo per il tramite dell'oggetto voce - e allora si dispongono come credono si disponga una donna per il proprio godimento: quello della passività sottomessa all'altro, quella, non di mettersi in funzione di (a) - che non potrebbero - ma di farsi prendere per (a), di incarnarlo proprio e, così facendo, di rendersi oggetti pieni e incondizionati del godimento dell'altro, trattenendo su loro stessi l'identificazione con un oggetto scarto, umiliato e vilipeso dall'altro, mediante la voce che umilia e mortifica.

Il masochismo perverso è esattamente questo. Perciò è maschile, non femminile.

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