INTERPRETAZIONE ©

INTERPRETAZIONE

L’inconscio della psicoanalisi è, dunque, un discorso che non si avvale della parola condivisa ma di altre formazioni discorsive, simboliche, dunque, come il lapsus, il sogno, il sintomo. Formazioni che, essendo dell’ordine del discorso e rivestendo perciò una funzione simbolica, sono formazioni significanti, tali da produrre cioè significati interpretabili. È nell’interpretabilità del sintomo psicoanalitico che consiste l’efficacia terapeutica della psicoanalisi, poiché l’interpretazione permette al paziente il riconoscimento delle ragioni vere della propria sofferenza, di accedere pertanto alla verità inconscia che si cela nel proprio sintomo e di scoprire quel sapere inconscio che non sa di sapere, potendo in tal modo, e sotto la guida dell’analista, trovare altri modi per manifestare quello che non va e di fare del proprio sintomo, non più un punto fisso e ripetitivo di sofferenza, ma il punto da cui ripartire per ritrovare nuovi, inediti modi di essere, più sopportabili, con sé stesso e con gli altri. È proprio questo che Lacan vuole intendere quando dice che “la psicoanalisi è un’opportunità… un’opportunità per ripartire”.





SCORRI IN BASSO PER LEGGERE GLI ARGOMENTI

L'INTERPRETAZIONE LACANIANA

Cos'è l'interpretazione nella psicoanalisi lacaniana? 


 A differenza della interpretazione nella psicoanalisi classica, che è piuttosto una elaborazione/decifrazione delle manifestazioni dell'inconscio tale da comportare un effetto di senso, un "più di senso", nella clinica lacaniana l'interpretazione è invece un intervento dell'analista che mira a costituirsi come un atto del dire. 


 Un atto di punteggiatura, di sottolineatura, di ripresa, di taglio pure, ma non di ri-articolazione, della parola. Dunque non il rilancio metaforico ad un "più di senso", ma la riduzione metonimica del dire dell'analizzante ad un "meno di senso". 


 In questo modo l'interpretazione lacaniana si configurerebbe prima di tutto come un "atto di certezza nel dubbio del cogito". In secondo luogo sarebbe un atto di superamento del significante, dal momento che, comportando una battuta di arresto del discorso, aprirebbe a "un dopo di cui non si sa prima": dischiuderebbe cioè al nuovo. 


 L'interpretazione poggerebbe dunque la sua efficacia su di un "non-senso" di conseguenza, non su un effetto di senso, ma su un effetto di non-senso, e che non si può conoscere in anticipo, dal momento che non si può stabilire come programma del dire, perché, se così fosse, non sarebbe interpretazione, ma -come fa notare J-A Miller- sarebbe pedagogia, psicologia, psicoterapia, e non atto analitico. 


 L'effetto dell'interpretazione invece può essere colto solo a posteriori, in après coup. 


 L'interpretazione si configura, allora, come un atto di passaggio, o, per meglio dire, come un "passaggio all'atto" che porta ad un fuori senso da cui non c'è ritorno possibile. Ma è un atto che non ha a che vedere tanto con un fare, quanto con un dire, il dire dell'analista. 


 Per questo la clinica lacaniana è la clinica dell'atto. La clinica dell'atto analitico.


Share by: