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LA DOMANDA, L'ODIO, L'AMORE

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • mar 25, 2024

L'odio non tollera la domanda

In quel bellissimo film di Roman Polański, che è “Il pianista” , vi è una scena che mi ha particolarmente colpito, non solo per la sua cieca, impulsiva brutalità, ma anche e soprattutto perché mi ha permesso di riflettere su cosa veramente possa essere, nella sua spietata espressione dell’ “inumano”, l’azione di guerra. Qualsiasi azione di guerra.


La scena è ambientata nel ghetto ebraico di Roma, all’alba del 16 ottobre 1943, il giorno in cui le SS vi fecero irruzione per un imponente rastrellamento degli ebrei da destinare ai campi di sterminio.


Allo scopo di organizzare al meglio la deportazione, un primo gruppo di prigionieri, strappati brutalmente al sonno e alle loro case, fu fatto allineare lungo un marciapiedi, quando una ragazza, la prima della fila, rivolgendosi  all’ufficiale in capo delle SS che era di fronte a lei,  con tono garbato e festoso come di chi si stesse preparando ad una gita fuori porta e non ad un viaggio verso la morte, osò candidamente chiedergli: “dove ci portate?”


Per tutta risposta l’ufficiale estrasse rapidamente la pistola e le sparò un colpo in fronte facendola stramazzare al suolo.


Ecco quello che è assolutamente insopportabile per chi sta esercitando l’azione violenta della sopraffazione sui propri simili, come è ogni aziona di odio: che l’altro, la vittima, ponga una qualsiasi domanda, “dove ci portate?”, come nel caso della ragazza, ma anche, per esempio, “cosa state facendo?", oppure, peggio ancora, semplicemente un “perché?”


È la domanda che chi odia il proprio simile non può tollerare, poiché, attraverso la domanda, egli viene messo inevitabilmente nella condizione di dover pensare a quello che sta facendo. Non è che basti non rispondere, serve che la domanda non venga proprio formulata: chi osa porla non può che essere all'istante eliminato.


Nella scena del film, quell’ufficiale non può consentire la domanda della ragazza poiché l'avrebbe messo di fronte allo scenario di un genocidio che non poteva neanche essere pensato. La domanda di quella ragazza è una bomba atomica nella mente dell’ufficiale, che va stroncata sul nascere con le armi, eliminando chi ha osato porla. La domanda costringe ad un pensiero sulla propria azione, e dunque ad un’ammissione intollerabile di responsabilità. Sparare in fronte significa allora colpire, annientare l'origine stessa della domanda, eliminare radicalmente il luogo fisico da cui la domanda nasce: il cervello, metonimia della mente nell'atto di pensare.


L’aggressore, per questo, è doppiamente vile: perché aggredisce l’altro sapendolo inerme e perché si sottrae alla propria responsabilità.


Ma la domanda è inammissibile anche e soprattutto per un altro motivo: perché ogni domanda implica il riconoscimento dell’altro in quanto proprio simile, un riconoscimento che l’aggressore, chi prevarica, chi odia non possono permettersi in quanto sarebbe il riconoscimento di sé come essere umano, sarebbe il riconoscimento di avere una qualità umana, di una qualità significante evidentemente insostenibile, la qualità di essere, come dice Lacan quando definisce il soggetto umano, “un significante per un altro significante”, destinatario cioè di un discorso, di un patto simbolico, di un legame sociale, tutte dimensioni della dialettica intersoggettiva mediate dalla domanda.


È esattamente questo che  non può avvenire: che l’aggressore si offra ad una dialettica con l’altro. L’aggressore può operare solo se occulta a se stesso la propria umanità come scambio con l’altro, solo se si costituisce nella sua solitudine, solo se si sottrae ad ogni offerta di parola, solo se si rende cieco e sordo alla mano che l’altro gli tende e alla domanda cui l’altro lo destina poiché, come dice Lacan, “ogni domanda è sempre domanda d’amore” e non c’è nulla che l’aggressore possa odiare di più come l’amore.

L’aggressore può disporre di tutte le armi e di tutta la potenza bellica del mondo, ma rimarrà sempre tragicamente indifeso nei confronti della domanda, nei confronti della domanda d’amore proveniente dall'altro.


#domandadamore #guerra #soggetto #significante


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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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PER SEMPRE Una delle più grandi bugie che gli esseri umani, credendovi, scambiano per verità, è che possano decidere, prestabilire, fare in modo, assicurare e rassicurarsi che qualcosa che li riguardi possa durare per sempre. Sono soprattutto gli amanti a cadere in quest' inganno , dal momento che, come si sa, vorrebbero che il loro amore naturalmente non finisse mai , che durasse per sempre , che quella contingenza che è il loro innamoramento da " qualcosa che ha cessato di non scrivers i" diventasse ora " qualcosa che non cessi più di scriversi ", che da una possibilità diventasse una necessità; che il loro potesse essere, per sempre, un amore necessario . Certo, amori che durano per sempre - il per sempre di un'intera vita, e anche oltre - sono possibili, ce ne sono stati e ce ne saranno ancora. Ne abbiamo esempi. Significherà pure qualcosa che Francesca riconoscerà il ""per sempre" del suo amore per Paolo , " questi che mai da me non fia diviso ", solo nell'Inferno, come se il "per sempre" di un amore impossibile fosse non un premio, ma una condanna! Gli uomini non sono padroni di nessun "per sempre" che sia affidato alle loro intenzioni per quanto convinte, o alla loro parola, alla parola data, come si dice. Gli uomini, al contrario, non possono essere di parola perché la parola che pronunciamo è sempre interferita da una parola altra , quella che non pronunciamo e che non conosciamo, ma che esiste dentro di noi prima di quella che pronunciamo e che pensiamo sia la sola e unica nostra parola: "io ho una sola parola!" diciamo nella promessa , credendoci e dunque ingannandoci, naturalmente. E' il nostro inconscio, non una "cattiva volontà" di venire meno alla parola, che, offrendocene sempre un'altra, ci rende non di parola, ci rende impossibile la promessa. Perché una parola data rimanga tale è necessario allora che diventi parola scritta, anche se possiamo sottoscrivere una parola, e mai un amore. Proprio per questo gli uomini hanno bisogno dei contratti scritti (contratto=parola "con-tratto", ma anche parola "contratta": con tratto di scrittura, contratta nello scritto, la parola, non l'amore, l'amore non potrà mai essere "contratto" perché l'amore è sempre e solo dell'ordine del discorso e mai della scrittura ). Il "per sempre" che invece esiste è proprio quello che l'uomo non può stabilire e nei confronti del quale può fare ben poco, quello che appartiene al reale. Il reale è ciò di cui l'uomo non può esser padrone mediante la parola perché non entra mai nella parola. La parola che si dice inganna perché è sempre simbolica e mai del reale, non è altro che un significante che, come tale, scivola sempre su altri significanti. La parola autentica è quella che non si sa di dire o quella che non si dice, come avviene in analisi. Il "per sempre" dunque, il vero per sempre è quello che - in quanto del reale - fa da disturbo, da inciampo a quei "per sempre" -simbolici, o immaginari - di cui l'uomo si "riempie la bocca" e che crede di poter stabilire e suggellare nel tempo mediante la sue facili e innumerevoli promesse. #persempre #contingenza #necessità #amorepersempre #reale #simbolico #immaginario #lacan #paroladata #parolascritta #dottegidiotommasoerricopsicoanalistasalerno
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