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IL SOGGETTO E IL SUO DESIDERIO

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • mag 14, 2023

Domanda di riconoscimento e domanda d'analisi


Lacan definisce il soggetto come "ciò che un significante rappresenta per un altro significante", per sottolineare il fatto che gli esseri umani sono tali solo nella misura in cui si definiscono  attraverso la parola, in primis attraverso quella parola che è il nome che è stato imposto loro dai genitori e con il quale si presentano ad altri esseri umani a loro volta dotati di un nome. 

Dunque, siamo soggetti solo se rappresentati da un significante presso un altro significante.

Di conseguenza, è impossibile sentirsi soggetti se non attraverso il riconoscimento proveniente dall'Altro, cosa che permetterà a Lacan di pronunciare hegelianamente che "l'uomo è il desiderio dell'Altro", proprio per dire che un soggetto può sostenersi come tale solo se come tale è riconosciuto dall'Altro, solo se "desiderato" dall'Altro, a patto però che anche l'Altro senta, a sua volta, di non poter fare a meno di essere, anche lui, riconosciuto, cioè, reciprocamente "desiderato".

Si comprenderà, a questo punto, come il desiderio umano verso l'Altro reclami sempre una reciprocità che lo alimenti e come, al tempo stesso, comporti anche il sentimento della mancanza dell'Altro. E allora, se è il desiderio che ci sostiene come soggetti, ne deriva necessariamente che il soggetto umano si sostiene su una mancanza.

PPer questo, non è facile sostenersi sul proprio desiderio, non è facile riconoscersi soggetti desideranti, meglio ripiegare sulla via del narcisismo, meglio escludere l'Altro dal proprio desiderio. Non desiderare niente e nessuno se non se stesso è l'opzione del narcisista rispetto al desiderio, al fine di potersi illusoriamente realizzare come un soggetto pieno, non mancante di nulla, senza sapere che invece ne sta piuttosto abolendo lo statuto. Lo statuto del soggetto si fonda sul buco del desiderio e non sul tutto pieno del godimento narcisistico. 

In effetti, successivamente, Lacan, si renderà conto che il soggetto desidera anche escludersi dal desiderio dell'Altro per confinarsi in quella sorta di godimento "autistico" che lo rende un Uno senza l'Altro, un Uno-tutto-solo. Quindi un po' autistici e narcisisti dobbiamo pur esserlo, ma mantenendo una porta aperta al desiderio, cioè all'Altro.

Naturalmente, una tale complessa articolazione del soggetto con il suo desiderio non può compiersi nella vita cosciente del soggetto, vale a dire nel linguaggio, poiché il desiderio resta sempre fuori dalla parola della quale pure si serve per formulare la sua domanda, che è appunto sempre  domanda di riconoscimento dell'Altro. Il desiderio è dunque inconscio, per questo anche indistruttibile.

Freud vedeva infatti nel sogno, e non nella realtà, il luogo della realizzazione del desiderio. Nella realtà, invece, il desiderio è destinato a rimanere insoddisfatto e il soggetto non può che sperimentarne la frustrazione.

Ma è proprio la condizione irriducibilmente insoddisfatta del desiderio a far sì che esso - come dice Lacan - "incrociando la parola sulla linea del significante" diventi domanda e il soggetto possa incontrare l'Altro.

Per questo, nel sogno, quando il desiderio tenta di incrociare la parola, che è sempre rivolta all'Altro, per farsi domanda e sottrarsi quindi ad una soddisfazione solo allucinatoria, il sogno bruscamente si interrompe e il soggetto si sveglia. Il desiderio, infatti, è nel suo centro "bucato" e dunque è struttura vuota, è mancanza

Il desiderio è perciò quel "reale" che non può entrare nella parola, e che nel sogno costituisce quello che Freud definisce, a proposito del famoso sogno di Irma, "l'ombelico del sogno", vale a dire il punto del risveglio, perché del non "rappresentabile".

La soddisfazione del desiderio è dunque sempre dell'ordine dell'allucinatorio e dell'autoerotico e quindi, là dove vi è soddisfazione del desiderio, lì l'Altro non potrà mai essere  incontrato. 

E' la sua frustrazione che consente invece la trasformazione del desiderio in domanda, permettendo al soggetto di incontrare veramente l'Altro.

L'Altro, il vero Altro, è sempre alloerotico, in quanto frustra il desiderio, ma  risponde alla domanda. Come fa per esempio l'analista, in quanto non è possibile che si impianti un'analisi se non frustrando la soddisfazione del desiderio affinché possa organizzarsi quella domanda di riconoscimento che è il motore vero e proprio di ogni analisi che non proceda lungo l'asse immaginario mirando solo alla soddisfazione allucinatoria - ed autoerotica - del desiderio.

L'Altro che invece accetti di essere il polo di soddisfazione del desiderio - come è il caso delle psicoterapie che ruotano intorno al "sostegno" o all' "empatia", o, come sembra essere di moda oggi, all' "uso del controtransfert" - evita la frustrazione, ma non risponde alla domanda, in quanto, costituendosi come un altro autoerotico, ipso fato si esclude come l'Altro della domanda di riconoscimento del soggetto.

In analisi, l'Altro si incontra, non lungo la via della soddisfazione del desiderio, bensì lungo quella della sua frustrazione: solo in questo modo, frustrandolo, il desiderio può essere messo in causa, rendendo così possibile il transfert, che è il vero motore dell'analisi vera e propria.


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grafo

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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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PER SEMPRE Una delle più grandi bugie che gli esseri umani, credendovi, scambiano per verità, è che possano decidere, prestabilire, fare in modo, assicurare e rassicurarsi che qualcosa che li riguardi possa durare per sempre. Sono soprattutto gli amanti a cadere in quest' inganno , dal momento che, come si sa, vorrebbero che il loro amore naturalmente non finisse mai , che durasse per sempre , che quella contingenza che è il loro innamoramento da " qualcosa che ha cessato di non scrivers i" diventasse ora " qualcosa che non cessi più di scriversi ", che da una possibilità diventasse una necessità; che il loro potesse essere, per sempre, un amore necessario . Certo, amori che durano per sempre - il per sempre di un'intera vita, e anche oltre - sono possibili, ce ne sono stati e ce ne saranno ancora. Ne abbiamo esempi. Significherà pure qualcosa che Francesca riconoscerà il ""per sempre" del suo amore per Paolo , " questi che mai da me non fia diviso ", solo nell'Inferno, come se il "per sempre" di un amore impossibile fosse non un premio, ma una condanna! Gli uomini non sono padroni di nessun "per sempre" che sia affidato alle loro intenzioni per quanto convinte, o alla loro parola, alla parola data, come si dice. Gli uomini, al contrario, non possono essere di parola perché la parola che pronunciamo è sempre interferita da una parola altra , quella che non pronunciamo e che non conosciamo, ma che esiste dentro di noi prima di quella che pronunciamo e che pensiamo sia la sola e unica nostra parola: "io ho una sola parola!" diciamo nella promessa , credendoci e dunque ingannandoci, naturalmente. E' il nostro inconscio, non una "cattiva volontà" di venire meno alla parola, che, offrendocene sempre un'altra, ci rende non di parola, ci rende impossibile la promessa. Perché una parola data rimanga tale è necessario allora che diventi parola scritta, anche se possiamo sottoscrivere una parola, e mai un amore. Proprio per questo gli uomini hanno bisogno dei contratti scritti (contratto=parola "con-tratto", ma anche parola "contratta": con tratto di scrittura, contratta nello scritto, la parola, non l'amore, l'amore non potrà mai essere "contratto" perché l'amore è sempre e solo dell'ordine del discorso e mai della scrittura ). Il "per sempre" che invece esiste è proprio quello che l'uomo non può stabilire e nei confronti del quale può fare ben poco, quello che appartiene al reale. Il reale è ciò di cui l'uomo non può esser padrone mediante la parola perché non entra mai nella parola. La parola che si dice inganna perché è sempre simbolica e mai del reale, non è altro che un significante che, come tale, scivola sempre su altri significanti. La parola autentica è quella che non si sa di dire o quella che non si dice, come avviene in analisi. Il "per sempre" dunque, il vero per sempre è quello che - in quanto del reale - fa da disturbo, da inciampo a quei "per sempre" -simbolici, o immaginari - di cui l'uomo si "riempie la bocca" e che crede di poter stabilire e suggellare nel tempo mediante la sue facili e innumerevoli promesse. #persempre #contingenza #necessità #amorepersempre #reale #simbolico #immaginario #lacan #paroladata #parolascritta #dottegidiotommasoerricopsicoanalistasalerno
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