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Non vi può essere guarigione senza una perdita

Egidio T. Errico • gen 19, 2021

 Perché, pur non desiderando altro, pur sottoponendosi ad ogni tipo di cura o perfino affrontando un'analisi, è così difficile " guarire " quando si soffre nella propria psiche? Perché è così difficile abbandonare il proprio  sintomo ?


Innanzitutto perché il sintomo, pur essendo ciò che ci fa soffrire e ciò che, di conseguenza, ci spinge a chiedere un aiuto o persino ad intraprendere un'analisi, ci procura anche, senza che noi lo sappiamo, un certo godimento, un godimento segreto, perché inconscio e nascosto in quella sofferenza che invece non è affatto inconscia, e della quale vorremmo liberarci, senza sapere che però è il godimento che vi si annida ciò a cui non siamo disposti a rinunciare.

 

E dunque, ritrovare la propria salute mentale non è solo una questione di perdita di sofferenza, ma anche una perdita di godimento, una perdita molto difficile da accettare.


E' per questo che le terapie molto spesso falliscono: molte volte, pur di non rinunciare a quel godimento racchiuso nel segreto del sintomo, si preferisce tenersi la sofferenza che il sintomo procura: pur di far godere l'inconscio, si tollera di far soffrire la persona!


Soltanto l'esperienza psicoanalitica può, seriamente, aiutare a che si arrivi a rinunciare al godimento del sintomo e dunque a permettere di ritrovare la propria salute. In che modo? In che modo il trattamento analitico riesce a consentire la rinuncia al godimento e quindi di abbandonare la ripetizione senza fine di quel sintomo che tanto fa soffrire?


Lacan aveva capito che l'amore è l'unica condizione che permette al "desiderio di acconsentire al godimento", laddove in genere il godimento è ciò che al desiderio invece si oppone. In altri termini, il godimento, che è autoerotico, in quanto condizione del narcisismo non vuole  saperne di lasciare il passo al desiderio che, invece, essendo sempre rivolto all'Altro, è la condizione alloerotica per eccellenza. Solo se ci innamoriamo - se dunque siamo attraversati dal desiderio per la persona amata - possiamo essere disposti a rinunciare al nostro godimento autoerotico per lasciarci andare all'amore, e ritrovare nell'amore un godimento altro, alloerotico, che è di un ordine superiore a quello autoerotico. Freud lo aveva capito quando afferrma che è la paura di perdere la persona amata che consente la rinuncia al proprio narcisismo originario. 


Ora, la psicoanalisi opera sfruttando proprio l'amore, poiché è solo esso in grado di permettere al soggetto di rinunciare al proprio godimento autoerotico per guadagnare quell'apertura alloerotica verso l'Altro, verso il mondo, attraverso la quale ritrovare la propria salute, e dunque un godimento altro e di un ordine ben superiore a quello autoerotico che deriva dal sintomo. Ma l'amore di cui l'analisi si serve non è l'amore che avviene tra un uomo e una donna, che, anzi - questo tipo di amore - è interdetto in analisi, bensì quello che Freud chiama " amore di transfert ", e che è reso possibile proprio in conseguenza della interdizione dell'amore erotico che possa consumarsi nella realtà tra paziente e analista: l'analisi sfrutta il transfert - che è amore vero e proprio anche se spostato su un piano solo simbolico - affinché - nel transfert - quello che Lacan chiama il " desiderio dell'analista " potrà sostenere il paziente nella rinuncia al godimento autoerotico del sintomo.


Ogni cambiamento tale da comportare in prospettiva un guadagno di "salute" comporta sempre una quota di perdita: una perdita di godimento. 


Per ritrovare la propria salute mentale, il proprio benessere psichico, occorre insomma pagare il prezzo di una perdita di godimento. Godimento che però lo si ritroverà poi, in un secondo momento, e di un altro ordine, dal lato della salute e non più da quello del sintomo.


E' questo ciò a cui porta un'analisi vera e propria, è questo che l'analisi promette.


Perché ogni cambiamento in meglio, ogni guadagno, è sottoposto a questa legge,  alla "legge della castrazione" che dice: non c'è guadagno senza una perdita che l'abbia preceduto.


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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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