LA CLINICA CONTEMPORANEA

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • 4 giugno 2018

Il paradigma della psicosi


La clinica contemporanea sembra andare definendosi sempre più come una clinica delle psicosi , segno evidentemente del fatto che il paradigma entro cui si muove oggi l'essere umano è piuttosto quello delle psicosi, e non più delle nevrosi , come sembrava avvenire invece qualche tempo fa .

Vale a dire che abbiamo sempre di più a che fare con soggetti dominati dall' angoscia del vuoto e della inconsistenza, e che pertanto tendono ad organizzarsi intorno a strutture identificatorie, narcisistiche , ripiegate su se stesse, e costrette a modalità di comportamento per lo più impulsivo , dove l' azione prevale sul pensiero e l' apparenza sull' essere - il sembiante sul simbolico - e dove l' Altro non è quello della domanda , quindi l'Altro del desiderio , ma il simile oggetto/complice di godimento uno.

Dunque non più la clinica del desiderio, della domanda, dell' amore di transfert , la clinica cioè della mancanza , ma la clinica dell' assenza del desiderio e del bisogno di tutto e subito, del narcisismo .

Il sintomo di oggi, è infatti espressione evidente della impossibilità a concepire la mancanza, della impossibilità a riconoscersi come soggetti attraversati dalla mancanza, da quella mancanza-ad-essere , come la chiama Lacan e che altro non è se non l'effetto della castrazione e della divisione soggettiva per effetto del linguaggio .

La conseguenza di questa mancanza di mancanza è prima di tutto la impossibilità di amare . Amare significa infatti una sola cosa: poter dire a qualcuno mi manchi.

Il paradigma della psicosi è dunque quello di stabilire il primato del pieno e del tutto come antidoto a qualsiasi mancanza, e dunque un paradigma che sacrifica l'amore alla certezza di non avvertire più nessuna mancanza, e che ridefinisce l'amore come ciò che assicura al soggetto il suo funzionamento al di là di ogni sfasatura, evitandogli di causarne il desiderio: la logica del funzionamento sostituisce quella del desiderio. La nuova clinica è una clinica del funzionamento e non più una clinica della mancanza.

Naturalmente l'egemonia del paradigma della psicosi ha comportato un cambiamento delle presenze negli studi degli analisti , cambiamenti della domanda di aiuto e cambiamenti nel modo di accogliere e rispondere da parte degli analisti.

Sarebbe lungo affrontare qui la questione della diversa posizione che un analista si trova chiamato ad assumere nella risposta e nella direzione della cura con questi pazienti, ma ci limitiamo a ricordare che si tratta di pazienti che chiedono aiuto senza farne domanda , che sono cioè portatori più che di una domanda su di sé, di una richiesta per se stessi: non la domanda di essere aiutati a capire cosa stia succedendo e perché, ma la richiesta che tutto venga rimesso a posto e tutto possa riprendere a funzionare correttamente "come -se non meglio di prima". Non il riconoscimento dunque di avere delle difficoltà su cui interrogarsi e chiedersi "ma questo che vuol dire?", ma la certezza di avere inceppi di funzionamento da eliminare, nel più breve tempo possibile e completamente.

I pazienti di oggi cercano un aiuto tecnico, ponendosi in una posizione passiva: chi non può fare domanda e riconoscere di avere qualcosa da poter capire, ma qualcosa che qualcuno pagato ad hoc deve aggiustare, è sempre in una posizione passiva, una posizione cioè che è tipica della suggestione e non del transfert. Dunque in una posizione che è propria delle psicoterapie e non della psicoanalisi.

Per questo il paradigma delle psicosi è un paradigma anti analitico e che "lavora" per far decadere la psicoanalisi. Sta allora agli analisti non arretrare, non arretrare davanti alla psicosi, come diceva Lacan: vale a dire sta agli analisti sapersi proporre come coloro che, pur accogliendo pazienti che chiedono aiuto senza farne domanda, sanno aspettare, sanno saperci fare con una domanda che sembra non poterci essere e con la risposta che sembra non poter essere data, in maniera tale che più che far cadere la domanda sappiano come renderla possibile.

Autore: DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO 15 giugno 2025
Freud ha dimostrato che la perversione è un non volerne sapere nulla, ma proprio nulla, della castrazione. Una doppia negazione dunque: "non è vero che non c'è il fallo lì dove non posso fare a meno di volere che ci sia". Freud ha chiamato " Verleugnung " questo meccanismo di rigetto, di ripudio della realtà della castrazione. Lacan, riprendendo la questione dal punto di vista della " castrazione della madre ", mette in rilievo come il perverso non tolleri che l'Altro sia "bucato" , sia mancante cioè proprio di quello che gli serve per assicurarsi il proprio godimento, un godimento che egli deve necessariamente prelevare "nel luogo dell'Altro", e che non sopporta possa essere interdetto dalle ragioni dell'Altro, in buona sostanza, non tollera che il proprio godimento possa trovare un limite nel desiderio dell'Altro. Il perverso è dunque colui che si serve della "Verleugnung" (diniego, doppia negazione) per impedire che il desiderio dell'Altro interrompa il proprio godimento , come dire: "il tuo desiderio si oppone al mio interesse? Disturba la stabilità della mia posizione e la certezza delle mie convinzioni? Bene, neanche mi chiedo il perché, faccio prima a rigettarlo di sana pianta, non ne tengo alcun conto, per il semplicissimo motivo che esiste una sola posizione, la mia." In altre parole il perverso non riconosce la differenza dell'Altro , per questo è, appunto, "indifferente" alle ragioni dell'Altro - laddove invece il nevrotico ne soffre - è indifferente alla realtà. Non dice, all'Altro, "è vero che tu non sei d'accordo con me, ma non lo sopporto" - che è invece la posizione del nevrotico, ovvero sia il riconoscimento che l'Altro sta dicendo qualcosa di diverso che lui non sopporta, sia il riconoscimento che lui non lo sopporta, un "doppio riconoscimento", dunque, che aprirebbe comunque ad una dialettica - ma dice, più radicalmente: "non è vero che tu non sei d'accordo con me", confondendo e facendo spesso vacillare la realtà nell 'Altro! Una "doppia negazione", appunto, come a dire che nell'universo mondo non c'è che una sola verità, la sua! E' esattamente questa la posizione di godimento del perverso. Per questo, possiamo dire, che qualsiasi comportamento tendente a disconoscere le istanze altrui, quando queste costituiscono un limite al godimento soggettivo, può essere considerato un comportamento di perversità , come può esserlo, per esempio, in una coppia, quello di un partner che si rifiuti di prendere atto del desiderio dell'altro di volersi, per esempio, separare: si rifiuta di prenderne atto per continuare a farlo sussistere nel ruolo dì partner anche se questi se ne dichiara fuori. E' il caso dello stalking, che infatti è un comportamento perverso. In altre parole, il rapporto perverso non può essere interrotto , poiché si fonda sulla complicità inconscia, di distruggere la castrazione in ciascuno dei partner, di distruggere cioè il desiderio come causa del legame della coppia per sostituirlo con il godimento, in maniera da s congiurare il rischi, insopportabile per il perverso, di poter amare, il rischio, per i p due partner bloccati dal patto perverso, di innamorarsi l'uno dell'altro. Occorre cioè che il godimento nel plagiare l'Altro si incastri con il godimento dell'Altro a farsi plagiare. Da questo patto diabolico, dalla complicità perversa all'interno di una coppia - ma anche all'interno di un gruppo, di un'Associazione, di un'Istituzione, di una Setta - a collaborare attivamente per costruire e difendere la sola Verità possibile, ossia che non vi è nessuna castrazione in ciascuno, non è dunque possibile uscirne , prima di tutto perché l'angoscia che si scatenerebbe in seguito a una tale ipotesi entra a far parte sin dall'inizio dello stesso patto perverso, anzi ne costituisce il cemento, e poi anche perché il rischio di ritorsioni, terribili, anche omicide, è altissimo per chi voglia tirarsi fuori dal gioco, poiché rompere il patto perverso significa infliggere la pena insopportabile della castrazione. Molti femminicidi ne sono un esempio, e, nella Storia, la santa Inquisizione, i roghi, le Crociate ne sono altri. Quali azioni di stalking sistematici possono esserci piu delle "crociate" anche moderne contro tutte le posizioni discordanti da ciò che è ritenuta l'unica verità vera da imporre anche sotto minaccia di morte? In conclusione, è perverso ogni atteggiamento, posizione o comportamento che si basi sul disconoscimento di quella separazione tra gli esseri che di fatto è già data per avvenuta in qualsiasi contesto umano, e che è posta a fondamento dell'amore e della vita.
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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
Autore: DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO 14 gennaio 2024
evo vedere l'osso
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