A COSA SERVE LA PSICOANALISI

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • 1 agosto 2025

A cosa serve oggi la psicoanalisi?

Dicono in molti, anche del mondo scientifico, anche del campo cosiddetto "psi", che la psicoanalisi non serve a nulla, che non guarisce!

Ma non guarisce da che? Da cosa dovrebbe guarire? Da un sintomo che il paziente produce a sua insaputa poiché non dispone di altro modo per dire che qualcosa dentro di lui non va? Da un sintomo che sta al posto di un discorso, di un discorso che è dell'ordine dell'appello, che è un segnale che il paziente, anche se chiede di esserne liberato - ha il diritto di chiederlo, lui, perché ne soffre - è costretto a produrre nella speranza che qualcuno lo colga come tale e vi risponda adeguatamente? Da un sintomo dal quale non è possibile guarire, ma che piuttosto bisogna saper ascoltare, interrogare, comprendere, decifrare, affinché il paziente possa trovare un modo per dire della propria sofferenza senza necessariamente ricorrere ad esso? Per trovare cioè "le parole per dirlo".

Dicono anche, in molti, che la psicoanalisi sia lunga e costosa. Ma in che senso? Chi stabilisce il tempo che occorre ad ogni singolo paziente per saperne di più di una sofferenza di cui vuol sapere senza sapere che in effetti non vorrebbe saperne nulla?
E i tempi delle cure mediante psicofarmaci quali sono? Davvero esiste ancora qualcuno disposto a credere che siano rapidi e risolutivi, come l'Industria del Farmaco e la Scienza che vi si collega vorrebbero far credere? Forse a dare un sollievo, per lo più transitorio ed effimero, ma non a risolvere le ragioni di un sintomo che il più delle volte invece resiste a qualsiasi tentativo di contrastarlo, portando così il paziente a farne un consumo cronico e quindi a tempi, questi sì lunghi, anzi infiniti, e a costi enormi e anche maggiori a quelli di un'analisi, sì, maggiori, perché le cure che non risolvono nulla sono costose, molto costose, per il singolo e per la collettività.

Eppure, dicono, gli stessi consumatori gli stessi prescrittori dei farmaci che è la psicoanalisi ad essere cara! Cara? Ma quanto dovrebbe costare un percorso che permette un'esperienza di sé e della propria soggettività unica e irripetibile e un cambiamento nel proprio modo di stare al modo che era impensabile e inedito?

Quanto dovrebbe costare un percorso verso una guarigione intesa come il ritorno ad un "quo ante", ma un percorso verso un dopo che non sarà mai dello stesso ordine del prima?

Quanto dovrebbe costare l'esperienza di essere ascoltati senza essere giudicati, di potervi affidare a qualcuno capace di accogliervi senza porvi condizioni normative, senza cercare di imporvi il suo sistema di valori e di credenze, né di suggerirvi modelli di salute prestabiliti? Quanto dovreste pagare qualcuno che, nel prendersi seriamente cura di voi, sa ascoltarvi e sa sa tacere e sa capire quando è il caso di intervenire, non per darvi consigli o direttive, ma solo per darvi la parola che serve, la parola giusta, la parola che permette un chiarimento, che vo solleva, che vi consente di far luce e anche di sorprendervi di qualche aspetto di voi che mai avreste creduto di avere, ma che potrete riconoscere profondamente ed intimamente come vostro?

E come possiamo sostenere che un'esperienza del genere non serva a nulla? Non serve a dare forse la felicità, ma quanto può far bene se, invece, vi consente di affidarvi ad una persona sempre presente nel luogo dove sapete che vi aspetta, che non viene mai meno, che vi ascolta con tatto, con discrezione e con pazienza, con tanta pazienza? Quanto può fare bene una persona che non vi metterà mai fretta, ma neanche rallenterà il vostro discorso, che né trattiene, né manda via, lasciandovi liberi di andare e di ritornare, senza mostrarsi mai risentita e senza fare ritorsioni? Quanto può fare bene una persona che sa cos'è veramente l'accoglienza, che sa cosa significa fare spazio alla parola dell'altro, mettendosi lei sullo sfondo, senza interferire mai? Quanto può fare bene una persona sempre pronta a sostenervi, a far chiarezza, a diradare ombre e che non arretrerà mai di fronte ai drammi e alle ripetizioni che contrassegnano la vostra sofferenza?

A quanto serve tutto questo? E' forse possibile dirlo, quantificarlo, tradurlo in un computo scientifico? E possibile numerare, stabilire, definire secondo i protocolli della Scienza della salute quanto, a chi e a che cosa può fare bene tutto questo?

Ma, soprattutto, è possibile stabilire quanto vale tutto questo? Che prezzo dovrebbe avere? E' possibile dire, come si chiede Lacan, "quale dovrebbe essere il prezzo di una seduta da uno psicoanalista? Come dare un prezzo a qualcosa che non ha prezzo?"

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Freud ha dimostrato che la perversione è un non volerne sapere nulla, ma proprio nulla, della castrazione. Una doppia negazione dunque: "non è vero che non c'è il fallo lì dove non posso fare a meno di volere che ci sia". Freud ha chiamato " Verleugnung " questo meccanismo di rigetto, di ripudio della realtà della castrazione. Lacan, riprendendo la questione dal punto di vista della " castrazione della madre ", mette in rilievo come il perverso non tolleri che l'Altro sia "bucato" , sia mancante cioè proprio di quello che gli serve per assicurarsi il proprio godimento, un godimento che egli deve necessariamente prelevare "nel luogo dell'Altro", e che non sopporta possa essere interdetto dalle ragioni dell'Altro, in buona sostanza, non tollera che il proprio godimento possa trovare un limite nel desiderio dell'Altro. Il perverso è dunque colui che si serve della "Verleugnung" (diniego, doppia negazione) per impedire che il desiderio dell'Altro interrompa il proprio godimento , come dire: "il tuo desiderio si oppone al mio interesse? Disturba la stabilità della mia posizione e la certezza delle mie convinzioni? Bene, neanche mi chiedo il perché, faccio prima a rigettarlo di sana pianta, non ne tengo alcun conto, per il semplicissimo motivo che esiste una sola posizione, la mia." In altre parole il perverso non riconosce la differenza dell'Altro , per questo è, appunto, "indifferente" alle ragioni dell'Altro - laddove invece il nevrotico ne soffre - è indifferente alla realtà. Non dice, all'Altro, "è vero che tu non sei d'accordo con me, ma non lo sopporto" - che è invece la posizione del nevrotico, ovvero sia il riconoscimento che l'Altro sta dicendo qualcosa di diverso che lui non sopporta, sia il riconoscimento che lui non lo sopporta, un "doppio riconoscimento", dunque, che aprirebbe comunque ad una dialettica - ma dice, più radicalmente: "non è vero che tu non sei d'accordo con me", confondendo e facendo spesso vacillare la realtà nell 'Altro! Una "doppia negazione", appunto, come a dire che nell'universo mondo non c'è che una sola verità, la sua! E' esattamente questa la posizione di godimento del perverso. Per questo, possiamo dire, che qualsiasi comportamento tendente a disconoscere le istanze altrui, quando queste costituiscono un limite al godimento soggettivo, può essere considerato un comportamento di perversità , come può esserlo, per esempio, in una coppia, quello di un partner che si rifiuti di prendere atto del desiderio dell'altro di volersi, per esempio, separare: si rifiuta di prenderne atto per continuare a farlo sussistere nel ruolo dì partner anche se questi se ne dichiara fuori. E' il caso dello stalking, che infatti è un comportamento perverso. In altre parole, il rapporto perverso non può essere interrotto , poiché si fonda sulla complicità inconscia, di distruggere la castrazione in ciascuno dei partner, di distruggere cioè il desiderio come causa del legame della coppia per sostituirlo con il godimento, in maniera da s congiurare il rischi, insopportabile per il perverso, di poter amare, il rischio, per i p due partner bloccati dal patto perverso, di innamorarsi l'uno dell'altro. Occorre cioè che il godimento nel plagiare l'Altro si incastri con il godimento dell'Altro a farsi plagiare. Da questo patto diabolico, dalla complicità perversa all'interno di una coppia - ma anche all'interno di un gruppo, di un'Associazione, di un'Istituzione, di una Setta - a collaborare attivamente per costruire e difendere la sola Verità possibile, ossia che non vi è nessuna castrazione in ciascuno, non è dunque possibile uscirne , prima di tutto perché l'angoscia che si scatenerebbe in seguito a una tale ipotesi entra a far parte sin dall'inizio dello stesso patto perverso, anzi ne costituisce il cemento, e poi anche perché il rischio di ritorsioni, terribili, anche omicide, è altissimo per chi voglia tirarsi fuori dal gioco, poiché rompere il patto perverso significa infliggere la pena insopportabile della castrazione. Molti femminicidi ne sono un esempio, e, nella Storia, la santa Inquisizione, i roghi, le Crociate ne sono altri. Quali azioni di stalking sistematici possono esserci piu delle "crociate" anche moderne contro tutte le posizioni discordanti da ciò che è ritenuta l'unica verità vera da imporre anche sotto minaccia di morte? In conclusione, è perverso ogni atteggiamento, posizione o comportamento che si basi sul disconoscimento di quella separazione tra gli esseri che di fatto è già data per avvenuta in qualsiasi contesto umano, e che è posta a fondamento dell'amore e della vita.
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