L'INCONTRO CON UNO PSICOANALISTA FA BENE

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • 8 novembre 2017

(se la psicoanalisi -forse- è solo per alcuni, lo psicoanalista sicuramente è per tutti)



Uno dei luoghi comuni che maggiormente imperversano oggi nel campo delle psicoterapie, e che presta molto il fianco ai detrattori della psicoanalisi, è che l’analisi sia particolarmente lunga e costosa, non per tutti dunque, e che presenti inoltre limiti e controindicazioni. In effetti la psicoanalisi che viene presa in considerazione per essere liquidata come non adatta alle esigenze prevalenti della maggior parte dei pazienti, è la cosiddetta psicoanalisi pura, quella canonica, come direttamente concepita da Freud. Di riflesso, conseguentemente, lo psicoanalista è visto come colui che esercita la pratica psicoanalitica applicando rigidamente i canoni e gli standard previsti dalla Scuola. Oggi, invece, e grazie agli sviluppi della pratica psicoanalitica, possiamo dire che le cose non stanno propriamente così, perché, se è pur vero, da una parte, che la cosiddetta psicoanalisi pura, pur continuando a rivestire ovviamente una indubbia utilità e grande efficacia per molti, non è effettivamente proponibile o accessibile a tutti, dall’altra non è affatto detto che uno psicoanalista sia tale solo se esercita la psicoanalisi pura, e non sia piuttosto nella possibilità e nella libertà di proporre invece anche altro.
Lo psicoanalista non è il sacerdote sacro della psicoanalisi pura riservata a pochi eletti, ma è piuttosto colui che, essendo diventato analista grazie alla propria analisi –questa sì, si spera, pura- sappia quando e se è il caso di suggerirla e quando non sia invece il caso di proporre altro, cioè quella che viene comunemente indicata come psicoanalisi applicata, in quanto adattata e resa possibile alle diverse esigenze dei pazienti. Perché psicoanalisi applicata? Perché l’analista continua a pensarsi e a riconoscersi, comunque, non come colui che già sa tutto e quindi dispensa consigli a destra e a manca, ma come chi opera da una posizione di non-sapere non derogando né dal suo desiderio di ascoltare, né da ciò che gli compete, vale a dire la direzione della cura e non del paziente. L’analista vero è dunque quello che, senza derogare a mantenere l’assetto, la responsabilità e la direzione della cura, e senza, cedere alla tentazione di dispensare pareri e indicazioni di vita senza neanche conoscere il paziente, sa invece farsi strumento del paziente, sa come farsi usare da lui. Questa è la figura dell’analista, non certo quella di chi può riconoscersi analista solo se si identifica nei tecnicismi e nei dogmatismi teorici trasmessi dalla propria Scuola di riferimento.
In altri termini oggi lo psicoanalista, quello vero, quello che si è effettivamente formato come tale, deve essere visto come un professionista in grado di porsi come una sorta di "oggetto d'uso" per chi si rivolge a lui a causa di un disagio o di una sofferenza psichica. Uno psicoanalista "oggetto" dunque, disponibile sul mercato, come si dice, e che si presta a degli usi molto distinti da ciò che è stato concepito come psicoanalisi vera e propria.
La psicoanalisi pura non è più così, che uno degli usi ai quali la psicoanalisi si presta. Per rivolgersi ad uno psicoanalista non è dunque importante sapere in anticipo se la natura del proprio disturbo sia indicato o meno per un trattamento psicoanalitico, basta sentire il bisogno di rivolgersi a qualcuno per saperne di più: lo psicoanalista è comunque la persona giusta per questo, perché la sua etica lo pone nella condizione di capire e proporre ciò che sarà più adatto a chi si rivolge a lui.
Per questo possiamo dire che l’incontro con un analista, nel suo insieme, fa bene. Fa bene perché uno psicoanalista, questo "oggetto d'uso", è straordinariamente versatile, multifunzionale. In alcuni casi caso allenta le rigidità che costringono un paziente a vivere come sotto assedio continuo. In altri, in cui l’io è debole, preleva dalla storia che ascolta dal suo paziente qualcosa che consolidi un’organizzazione di personalità vivibile. Se il paziente è bloccato da certe convinzioni tormentanti, da pensieri ossessionanti o da fantasmi angoscianti riesce a rimettere in circolazione altro e ad articolare altre modalità, più sostenibili di pensieri e di emozioni, rendendo più fluidi pensieri ed emozioni. Se invece i pensieri non riescono a soffermarsi su nulla, vagando all'infinito su ogni genere di questione producendo soltanto ansia, apprensione e incertezze, l'analista dà dei punti di arresto, che daranno al paziente punti di certezza, di stabilità e dunque una struttura in grado di sostenerlo più stabilmente. In breve, lo psicoanalista sa essere oggetto, sa non volere nulla a priori per il bene dell’altro, sa essere senza pregiudizi rispetto al buon uso che si può fare di lui. Di conseguenza, allora, sfatando tanti pregiudizi e luoghi comuni sull'analisi che la vedrebbero come una terapia non adatta a tutti, se teniamo presente quanto abbiamo ricordato, non possiamo che accorgersi, in effetti, che l'ambito dei limiti e delle controindicazioni si assottiglia straordinariamente, al punto che la controindicazioni si decidono, più correttamente, non in anticipo, non a priori, ma di volta in volta e caso per caso.

Autore: DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO 15 giugno 2025
Freud ha dimostrato che la perversione è un non volerne sapere nulla, ma proprio nulla, della castrazione. Una doppia negazione dunque: "non è vero che non c'è il fallo lì dove non posso fare a meno di volere che ci sia". Freud ha chiamato " Verleugnung " questo meccanismo di rigetto, di ripudio della realtà della castrazione. Lacan, riprendendo la questione dal punto di vista della " castrazione della madre ", mette in rilievo come il perverso non tolleri che l'Altro sia "bucato" , sia mancante cioè proprio di quello che gli serve per assicurarsi il proprio godimento, un godimento che egli deve necessariamente prelevare "nel luogo dell'Altro", e che non sopporta possa essere interdetto dalle ragioni dell'Altro, in buona sostanza, non tollera che il proprio godimento possa trovare un limite nel desiderio dell'Altro. Il perverso è dunque colui che si serve della "Verleugnung" (diniego, doppia negazione) per impedire che il desiderio dell'Altro interrompa il proprio godimento , come dire: "il tuo desiderio si oppone al mio interesse? Disturba la stabilità della mia posizione e la certezza delle mie convinzioni? Bene, neanche mi chiedo il perché, faccio prima a rigettarlo di sana pianta, non ne tengo alcun conto, per il semplicissimo motivo che esiste una sola posizione, la mia." In altre parole il perverso non riconosce la differenza dell'Altro , per questo è, appunto, "indifferente" alle ragioni dell'Altro - laddove invece il nevrotico ne soffre - è indifferente alla realtà. Non dice, all'Altro, "è vero che tu non sei d'accordo con me, ma non lo sopporto" - che è invece la posizione del nevrotico, ovvero sia il riconoscimento che l'Altro sta dicendo qualcosa di diverso che lui non sopporta, sia il riconoscimento che lui non lo sopporta, un "doppio riconoscimento", dunque, che aprirebbe comunque ad una dialettica - ma dice, più radicalmente: "non è vero che tu non sei d'accordo con me", confondendo e facendo spesso vacillare la realtà nell 'Altro! Una "doppia negazione", appunto, come a dire che nell'universo mondo non c'è che una sola verità, la sua! E' esattamente questa la posizione di godimento del perverso. Per questo, possiamo dire, che qualsiasi comportamento tendente a disconoscere le istanze altrui, quando queste costituiscono un limite al godimento soggettivo, può essere considerato un comportamento di perversità , come può esserlo, per esempio, in una coppia, quello di un partner che si rifiuti di prendere atto del desiderio dell'altro di volersi, per esempio, separare: si rifiuta di prenderne atto per continuare a farlo sussistere nel ruolo dì partner anche se questi se ne dichiara fuori. E' il caso dello stalking, che infatti è un comportamento perverso. In altre parole, il rapporto perverso non può essere interrotto , poiché si fonda sulla complicità inconscia, di distruggere la castrazione in ciascuno dei partner, di distruggere cioè il desiderio come causa del legame della coppia per sostituirlo con il godimento, in maniera da s congiurare il rischi, insopportabile per il perverso, di poter amare, il rischio, per i p due partner bloccati dal patto perverso, di innamorarsi l'uno dell'altro. Occorre cioè che il godimento nel plagiare l'Altro si incastri con il godimento dell'Altro a farsi plagiare. Da questo patto diabolico, dalla complicità perversa all'interno di una coppia - ma anche all'interno di un gruppo, di un'Associazione, di un'Istituzione, di una Setta - a collaborare attivamente per costruire e difendere la sola Verità possibile, ossia che non vi è nessuna castrazione in ciascuno, non è dunque possibile uscirne , prima di tutto perché l'angoscia che si scatenerebbe in seguito a una tale ipotesi entra a far parte sin dall'inizio dello stesso patto perverso, anzi ne costituisce il cemento, e poi anche perché il rischio di ritorsioni, terribili, anche omicide, è altissimo per chi voglia tirarsi fuori dal gioco, poiché rompere il patto perverso significa infliggere la pena insopportabile della castrazione. Molti femminicidi ne sono un esempio, e, nella Storia, la santa Inquisizione, i roghi, le Crociate ne sono altri. Quali azioni di stalking sistematici possono esserci piu delle "crociate" anche moderne contro tutte le posizioni discordanti da ciò che è ritenuta l'unica verità vera da imporre anche sotto minaccia di morte? In conclusione, è perverso ogni atteggiamento, posizione o comportamento che si basi sul disconoscimento di quella separazione tra gli esseri che di fatto è già data per avvenuta in qualsiasi contesto umano, e che è posta a fondamento dell'amore e della vita.
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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
Autore: DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO 14 gennaio 2024
evo vedere l'osso
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