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L'analista: il desiderio di essere morto

Egidio T. Errico • ago 12, 2020

L'analista: il desiderio di essere morto

L'altro della relazione duale, il cosiddetto partner, è l'altro speculare in quanto immagine del soggetto riflessa nell'altro. Questo altro della relazione immaginaria, il partner, è indicato da Lacan con la formula "i(a)" e l'analista non può mai coincidervi, in quanto egli non è l'altro di una relazione duale, non è l'altro di una relazione intersoggettiva, l'altro con la a minuscola, ma è l'Altro con la A maiuscola, l'Altro in quanto "terzo", in quanto quello che non occupa il posto del riflesso immaginario, ma il luogo dell'Altro nel registro del Simbolico, vale a dire il luogo in cui si costituisce la parola.

Per questo Lacan può dire, senza mezzi termini: "L’analista, in linea di massima, non deve complicarsi la vita con un partner. È per questo motivo che diciamo che l’i(a) dell’analista deve comportarsi come un morto. Il che vuol dire che l’analista deve sapere sempre quali sono le carte in gioco" (Il Seminario, Libro VIII, Il transfert, 1960-61, pag. 206). 

Con quest'affermazione piuttosto enigmatica, e ricorrendo alla funzione del "morto" del gioco del bridge, Lacan vuole dire, né più, né meno, che l'analisi non ha niente a che vedere con le psicoterapie delle relazioni inter soggettive, perché, in analisi, il soggetto, lì dove si aspetta di trovare l'altro della sua relazione immaginaria, deve trovare invece un... morto! Solo così l'analista, rendendosi  appunto come "morto", cioè mancante, nel luogo della relazione immaginaria, può scoprire le "carte" del paziente.

Ora, riuscire a costituirsi come "morto" nonostante il paziente faccia di tutto per indurre il proprio analista a funzionare invece come un "vivo", vigile e pronto a rispondere a tutte le sue domande, non è affatto semplice, e infatti, se l'analista riesce a sopportarlo, se riesce cioè a sopportare di "fare il morto", è solo a patto che riesca a "tenersi" in tale funzione attraverso quello che Lacan chiama Il desiderio dell'analista, e che è proprio questo: il desiderio di non essere il desiderio dell'altro, di non farsi trovare come mira del desiderio del proprio analizzante e rispondervi specularmente, di non farsi trovare cioè, come si dice, sull'"asse immaginario". 

In altri termini, il desiderio dell'analista è una funzione dell'analista che fa obiezione alla spinta a costituirsi come oggetto del desiderio, rinunciando ad esserne invece "oggetto causa", rinunciando cioè ad essere causa del desiderio del proprio analizzante, e non oggetto del suo soddisfacimento, e dunque, rinunciando a porsi in funzione di quello che Lacan chiama oggetto piccolo (a), propri per designare ciò che è causa del desiderio dell'altro, e che può avvenire solo se l'analista sa rendersi mancante.

Il desiderio di rendersi "morto", deve essere perciò per l'analista più forte del desiderio di rendersi presente e soccorrevole, come avviene invece nelle psicoterapie - suggestione cui non è facile resistere perché è come un canto delle sirene. In questo senso va intesa la famosa affermazione di Lacan che non bisogna cedere sul proprio desiderio, prima di tutto l'analista.

Dove invece l'analista non deve mancare è sul luogo della direzione della cura, essendo questo il solo luogo dove l'analista deve sapersi far trovare sempre vivo e presente.

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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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