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IL MURO DEL LINGUAGGIO E L'ODIO RAZZIALE

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • dic 09, 2018

La lingua dell'Immaginario

E' molto frequente per gli esseri parlanti (i " parlesseri " come li chiama Lacan ) stabilire rapporti interpersonali prevalentemente per via immaginaria , cosa che se da una parte è anche giusta, soprattutto inizialmente -altrimenti non proveremmo "simpatia" per nessuno- dall'altra corriamo fortemente il rischio di parlare tra noi senza capirci, perché ognuno vorrebbe che l'altro gli dicesse esattamente quello che s'aspetta ("immagino che tu mi voglia dire questo", "uffa, mica mi aspettavo una tale risposta, mi deludi!" eccetera) come è frequente anche sui "social" dove molti sembrano avere un bisogno ossessivo e disperato di conferma, dei "like".

Insomma dobbiamo per forza piacere, e vogliamo che anche l'altro ci debba piacere per forza, altrimenti è... uno stronzo, o un nemico.

L' odio razziale nasce da qui: è una patologia collettiva dell'immaginario , dal momento che non esistono biologicamente le diverse razze , ma solo le molte etnie , essendo la specie umana una, e tale da non contemplare organismi geneticamente modificati o geneticamente selezionati attraverso gli opportuni accoppiamenti, come si fa negli allevamenti per creare, qui sì, le diverse razze animali, che dunque esistono solo tra gli animali, e solo tra quegli animali che subiscono la manipolazione umana, come gli animali da allevamento, o gli animali domestici, chiamati spiritosamente da Lacan " d'uomestici ", per l'appunto.

Ritornando agli umani, alla specie umana, nella quale -se proprio si vuole continuare ad usare questo termine- siamo tutti della stessa "razza", Il linguaggio con cui si parla nell'immaginario funziona come uno specchio riflettente che fa per giunta anche "muro" tra noi e l'altro, perché serve essenzialmente a rifletterci specularmente nell'altro: in altri termini parliamo non all'altro, ma a noi stessi tramite l'altro.

l' Altro non speculare, invece, l'Altro da noi, non l'altro in noi dell'immaginario, l'Altro cioè che dà la risposta che non ci aspettiamo, è sempre al di là di questo muro del linguaggio, cosa che permette a Lacan di dire: " io parlo ai muri " e anche: " l'Altro è al di là del muro del linguaggio ". L'Altro con la A maiuscola, perché quello che invece è al di qua del muro del linguaggio è sempre l'altro con la a minuscola, l'altro speculare.

Ed è proprio lì, al di là del muro del linguaggio, che troviamo sempre l'Altro che ci delude, e che spesso rifiutiamo, arrivando persino ad odiarlo, a fargli la guerra, a cacciare via e finanche ad ucciderlo: quando non riusciamo cioè a tollerare che non sia come noi, speculare a noi, come noi vorremmo che esso sia nel nostro rassicurante immaginario.

Dunque è difficile uscire dalle secche dell'immaginario per incontrare, nel mondo condiviso del patto simbolico, l'Altro da noi, unica condizione per stabilire rapporti più soddisfacenti, e anche per amare, come capacità di rinunciare alle pretese della identificazione immaginaria con l'altro, e tollerare che il vero Altro è sempre al di là queste, e che dunque, ci deluderà sempre un po'.

Spesso solo un' analisi ben fatta, e fatta fino in fondo, può aiutare ad arrivare a riconoscere che l'Altro come noi lo vorremmo non esiste, perché manca sempre proprio di quello che noi cerchiamo, e ad accorgersi che una tale scoperta non è affatto una sconfitta, ma un recupero straordinario: quello di riuscire a convivere con l'Altro da noi, avvertendo certo anche la delusione, per non dire il fastidio, ma per starci poi neanche tanto male, arrivando persino ad amarlo.

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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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