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IL LUOGO DOVE SONO

Egidio T. Errico • mar 10, 2022

IL LUOGO DOVE SONO


Dov’è che io sono in quanto soggetto? In quanto un Essere?

 

Per la psicoanalisi, il luogo in cui io sono come soggetto non è quello dove io penso di essere, anzi - sovvertendo il principio cartesiano del penso, dunque sono - non è mai quello dove io mi penso, poiché, se c’è un luogo in cui io in quanto Essere sono, è proprio quello in cui non penso di essere.  A differenza della posizione della filosofia, per la psicoanalisi dunque non sono nel Cogito cartesiano.


È famoso a questo proposito l’aforisma di Lacan: “penso dove non sono e sono dove non penso”.


Cosa vuol dire che io non sono mai dove penso di essere? Perché mai io non sono proprio lì dove mi penso? Perché lì dove mi penso non sono Io, ma il significante che mi rappresenta come un Io. Per Lacan "il significante è ciò che rappresenta un soggetto per un altro significante" e dunque, il significante, mi rappresenta, certo, ma proprio in quanto io non sono lì, proprio in quanto io non posso esser lì, e per la ragione che non si può essere lì dove si è rappresentati.


Non sono dunque nel significante, nel significante sono solo rappresentato e quindi, come dice Lacan, vi sono in quanto mancante-a-essere. L’effetto dell’azione del significante è quello di privarmi del mio Essere, secondo il principio logico che il significante uccide la cosa: il significante nullifica l’essere producendone la mancanza, la mancanza-a-essere, vale a dire il Non Essere.


Per questo, io non sono nel mio nome, e non sono neanche dove mi descrivo, né dove, pensandomi un essere, mi presento agli altri. Non sono dove parlo, neanche dove parlo di quel me che ritengo di essere.  


Ma se io non sono nel significante che mi rappresenta, non sono nel mio nome, non sono neanche dove parlo e dove penso di essere, allora dov’è che io sono? Se non sono nel significante in quanto, per la sua azione di nullificazione della cosa, mi produce come un mancante-a-essere, come un non-essere, va da sé che io posso essere solo lì dove fallisce l’azione nullificante del significante. E dove fallisce questa azione di nullificazione del significante? Fallisce dove la parola cessa di essere compresa come tale, vale a dire come significante, e dove di essa rimane solo la voce.


È la voce, l'oggetto voce, dice Lacan, che fa da inciampo all’azione mortificante del significante. Vediamo come lo dice Lacan a pag. 823 di “Sovversione del soggetto e dialettica dell’inconscio” in Scritti, Einaudi, Torino, 1974:


“Io sono nel posto da cui si vocifera che «l’universo è un difetto nella purezza del Non-Essere»".

 

Cosa vuol dire Lacan con questa frase? Vuole dire appunto che io sono dove giunge dall’Altro (si voci-fera) la voce, come voce al di là della parola, vale a dire la voce che, in quanto voce, quindi oggetto, parola ridotta all’osso, fa da intralcio all’azione del significante, in modo tale che possa cessare il Non-Essere per costituirsi l’Essere (l’infinito). L’Essere è dunque ciò che rende impura, imperfetta la purezza del Non-Essere prodotto dal significante in virtù della sua azione nullificante della cosa. Noi quindi siamo lì dove fallisce il Significante, lì dove l’ordine del Simbolico collassa sul Reale, inteso come ciò che non è docile al significante.


Ora, come chiama Lacan questo luogo dove si vocifera della impurezza del Non-Essere? Sentiamolo direttamente da lui, sempre a pag. 823 dell’opera citata:


[…] Questo posto si chiama Godimento, ed è ciò il cui difetto renderebbe vano l’universo

 

Il luogo dove io sono è dunque il luogo che Lacan chiama Godimento, intendendo con ciò quel luogo che, se non ci fosse, sarebbe vano l’universo, nel senso che non esisterebbe nulla. Se il significante non fallisse l’effetto sarebbe il Non-Essere, il Nulla.


Insomma, noi siamo nel luogo in cui (ci) si gode, laddove, invece, è il significante a rappresentarci per un altro significante, lì possiamo costituirci nel nostro desiderio, per questo possiamo dire che, se dal lato del desiderio ci ritroviamo in quanto effetti dell'azione nullificante del significante, dal lato del godimento ritroviamo il nostro essere come ciò che vi resiste.



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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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