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LA DIAGNOSI

Egidio T. Errico • giu 16, 2022

LA DIAGNOSI

Pur essendo la psicoanalisi una cura che muove a partire da un sintomo - da quel "qualcosa che non va" e che porta un paziente a chiedere un aiuto - non necessita essa, per procedere, di alcuna formulazione diagnostica, in quanto, in analisi, non si tratta di definire, classificare, inquadrare quel sintomo in una categoria psicopatologica predefinita, bensì di comprenderne le ragioni, attraverso una interrogazione soggettiva che attiene al "cosa vuol dire?'" quel sintomo di cui il paziente soffre, e non al "cosa è?"


Al contrario di quanto avviene in Medicina, dove la cura corretta può essere stabilita solo a partire da una corretta diagnosi, cura che tanto più può essere mirata quanto più la diagnosi è stata precisa, in psicoanalisi la diagnosi è piuttosto una conseguenza dell'atto terapeutico, dell'atto analitico, poiché, se la diagnosi significa - come ci dice l'etimologia del termine - "dia-gnosis" (conoscere-tra), allora il procedimento psicoanalitico - che si avvale di quel conoscere tra le righe di ciò che il paziente dice e che è l'interpretazione - è pratica curativa e diagnostica nello stesso tempo, dove il momento diagnostico è però continuamente messo in discussione dalla trama attraverso cui il paziente intesse il proprio discorso.


La diagnosi in ambito psi è in effetti sempre predittiva non di quello che il paziente è o ha, ma di quello che un altro ha stabilito che il paziente sia o abbia. Un altro che non è neanche detto che sia un dottore, un altro che può essere anche un genitore, un partner, un amico, un prete, ecc. "Mi sembra che tu sia depresso", "dottore mio figlio è ansioso" non sono altro che formulazioni diagnostiche che definiscono, stigmatizzano, classificano il soggetto a a partire dai suoi sintomi. La psichiatria non fa niente di diverso. La diagnosi psichiatrica è il discorso dell'altro che promuove l'identificazione del paziente con la "malattia" che gli si suppone


La psicoanalisi invece richiede che tale identificazione venga messa da parte affinché sia il paziente, e solo il paziente, non l'Altro, non il dottore, il genitore, il partner, a dire quello che il paziente abbia che non vada bene.


Per questo l'analista dice al paziente "parli!", proponendo in tal modo il metodo delle libere associazioni, la sola via per una "dia-gnosis" che sia in rapporto con la verità soggettiva e non con quella prestabilita dalla Scienza.


Perché il sintomo psicoanalitico vuol dire sempre qualcosa che è dell'ordine del discorso del soggetto e non dell'Altro. Utilizzarlo per farne il segno di una malattia prestabilita significa spossessare il paziente del suo discorso.


"Il sintomo è un discorso, per questo lo ascoltiamo" ricorda Lacan, lo ascoltiamo, non lo "inquadriamo". Il sintomo è ciò che "causa" il paziente nel discorso che rivolge all'analista.


Dovremmo allora tener presente che quando, come "dottori", comunichiamo una diagnosi al nostro paziente, non gli stiamo dando soltanto una informazione più o meno azzeccata sul suo stato di salute, ma gli trasmettiamo anche un nuovo significante sul piano dell'essere, una suggestione di identificazione che non lo lascerà più, neanche a guarigione avvenuta.


Come "dottori", bdobbiamo stare molto attenti quando comunichiamo una diagnosi ad un paziente: dobbiamo saper bene-dire, in quanto una diagnosi, più che la lettura di qualcosa che è già nel corpo, è la scrittura di qualcosa di nuovo nel corpo.


www.egidioerrico.com

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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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