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IL DESIDERIO DEL NARCISISTA: UNA PROSPETTIVA CLINICA ALLA LUCE DELL'INSEGNAMENTO LACANIANO

Egidio T. Errico • ott 19, 2019

Relazione presentata alla I giornata di studi sul Narcisismo presso l'Istituto per gli Studi Filosofici a Napoli e organizzata dalla Sezione Regionale della Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica il 19 ottobre 2019

SOCIETA’ ITALIANA DI PSICOTERAPIA PSICOANALITICA


Il desiderio del narcisista: una prospettiva clinica alla luce dell’insegnamento di Lacan


Egidio T. Errico


1. Introduzione.


Quello del Narcisismo è un tema complesso in psicoanalisi, e controverso, non solo per la difficoltà che presenta per il suo inquadramento teorico e clinico, ma anche perché sembra che esistano, oggi, diverse teorie psicoanalitiche del narcisismo. Per esempio, alcuni ritengono che il narcisismo sia una condizione, un modo di essere che può attraversare qualsiasi situazione umana e psicopatologica, altri sostengono invece che si tratti piuttosto di una categoria diagnostica a sé stante , un preciso disturbo della Personalità, il cosiddetto Disturbo Narcisistico di Personalità, spesso accostato al cosiddetto Disturbo Borderline di Personalità, diagnosi infatti oggi molto frequenti, tanto in psichiatria, quanto in diversi indirizzi psicoanalitici, al punto di esser diventate due contenitori in cui va a finirci di tutto, soprattutto quando non si sa se il paziente in questione sia un nevrotico o uno psicotico.

Limitandoci invece a Freud e al cosiddetto Campo freudiano, che attiene, in particolare, agli sviluppi freudiani e alla prospettiva lacaniana, entro cui ci muoveremo oggi, riteniamo che non sia possibile pensare al narcisismo come ad una categoria nosografica a sé stante, poiché, in questa prospettiva, la diagnosi psicoanalitica , a differenza per esempio di quella psichiatrica, non è una diagnosi fenomenologica, dal momento che non si basa sull’osservazione del fenomeno “sintomo”, bensì sull’ascolto del paziente, sull’ascolto di quello che egli ha da dire, un ascolto che dura nel tempo. Per questo, se la diagnosi fenomenologica, derivando dall’osservazione del sintomo nel qui e ora dell’incontro, può esser considerata una diagnosi sincronica, quella psicoanalitica, cui si arriva attraverso l’ascolto del paziente nel tempo, è inveceuna diagnosi diacronica. È per questo che la clinica psicoanalitica permette di renderci conto che, per esempio, un paziente inizialmente ritenuto nevrotico, nel tempo, possa invece rivelarsi psicotico, o viceversa. Ed è per questo che diciamo che in psicoanalisi non non si tratta mai di diagnosi fenomenologica, bensì di struttura, dal momento che il procedimento analitico, al di là di ciò che appare attraverso il detto e il sintomo del paziente, punta alla struttura inconscia del soggetto, e cioè a quello che il paziente non dice, o dice in altro modo, attraverso i sogni, i lapsus, e attraverso le libere associazioni.

Ora, le strutture inconsce di cui si tratta in psicoanalisi, si riducono in effetti alle tre diverse organizzazioni psicopatologiche della nevrosi, della perversione e della psicosi, le quali, se pure possono presentare sintomatologie comuni, sul piano strutturale son ben distinte tra di loro in relazione al diverso regime difensivo nei confronti della castrazione: della Verneinung /rimozione (nevrosi), della Verleugnung /diniego (perversioni), della Verwerfung / forclusione (psicosi).

Per questo, in psicoanalisi, i modi attraverso cui il soggetto si organizza sul piano delle propria struttura psichica, i suoi modi di essere, di entrare in relazione col mondo in cui vive, e dunque anche di soffrire, rappresentano - possiamo dire - niente altro che gli effetti dei diversi modi attraverso cui ha potuto fare i conti con la castrazione originaria, nei termini della difesa adottata. E dunque il narcisismo dovrebbe essere considerato come una difesa ben organizzata nei confronti della castrazione e che può riguardare qualsiasi struttura psichica. In altri termini - nell'accezione freudiana, e soprattutto lacaniana - il Narcisismo è una difesa, un sintomo, un possibile modo di esprimersi della soggettività umana,  più che una struttura psicopatologica a sé stante.

Non può diventare psicotico chi vuole , dice infatti Lacan, con ciò intendendo appunto che o si è nevrotici, o perversi o psicotici, o non si è niente di tutto questo, né vi è continuità tra le diverse strutture, anche se, come abbiamo detto, esistono sintomi comuni o simili nelle diverse condizioni, cosa che ha indotto molti a supporre, erroneamente, l’esistenza di forme psicopatologiche intermedie tra le nevrosi e le psicosi, oppure che un nevrotico possa diventare psicotico e viceversa.

Il narcisismo, come abbiamo visto, non è dunque una struttura patologica a sé stante, in più rispetto alle nevrosi e alle psicosi, o intermedia tra le due, ma un sintomo o una posizione soggettiva , per lo più tattica o di difesa, che può riguardarle entrambe, come può riguardare qualsiasi condizione della vita di tutti i giorni, e che bisogna saper riconoscere quando quello che chiamiamo narcisismo è il sintomo di una psicosi . Quindi esistono un narcisismo patologico - e in questo caso la patologia di cui si tratta è la psicosi essendone quello che chiamiamo narcisismo il sintomo - e un narcisismo nevrotico o sano , in quanto espressione di una particolare posizione del soggetto in relazione a sé e all’altro.

A mio avviso, quelle di Disturbo Borderline e di Disturbo Narcisistico di Personalità sono categorie diagnostiche “scelte” per evitare di nominare la psicosi, dal momento che una diagnosi di psicosi è imbarazzante e socialmente compromettente poiché comunemente confusa con la follia, ma la verità è che non tutti gli psicotici sono anche folli, come non tutti i folli sono anche psicotici . Il narcisista grave è spesso uno psicotico ma non un folle , anzi è tutt’altro che folle: il narcisista colpisce infatti proprio per la lucidità, la razionalità, la logica dei suoi ragionamenti, ma anche per il suo apparente equilibrio , il suo fascino, e per il successo nella vita, nel lavoro, con i suoi partner, successo che spesso esibisce senza posa, perché il narcisista ama essere ammirato e invidiato. I narcisisti, dice Freud, affascinano e seducono come possono sedurre certe belle donne e i gatti persiani : appaiono completi, appagati e autosufficienti [1]. Però, se il narcisista non è folle, può diventarlo se il suo narcisismo dovesse entrare in crisi, se dovesse iniziare a vacillare per qualcosa che va storto, e dunque non dovesse più proteggerlo dalla sua follia. Il narcisista grave è spesso uno psicotico che trova nel narcisismo il riparo dalla sua follia .


2. Il narcisismo in Freud.


Nessuna riflessione sul narcisismo in psicoanalisi, soprattutto nella prospettiva lacaniana, può prescindere dallo studio che ne ha fatto Freud, in particolare attraverso il suo famoso scritto del 1914 Zur Einführung des Narzissmus : Introduzione al Narcisismo , la cui traduzione corretta è però: Per introdurre il Narcisismo .

Gli altri riferimenti freudiani al narcisismo di cui ho tenuto conto, oltre che Introduzione al Narcisismo del 1914, sono: la nota del 1910 che trovate a pag. 460 de I tre saggi sulla sessualità del 1905; Lutto e malinconia del1916; e poi anche Psicologia delle masse e analisi dell’Io del 1921 e Il disagio della civiltà del1929.


2.1. I tre saggi sulla sessualità : nota del 1910.


Freud parla per la prima volta di Narcisismo nel 1910, in una nota che aggiunge ad un passaggio de I tre saggi della sessualità del 1905. In questa nota Freud vede il narcisismo come quella condizione in cui un soggetto, omosessuale, viene a sentirsi amato come è amato dalla propria madre . [2]

Nel 1910, il narcisismo è dunque la via che per Freud conduce alcuni alla omosessualità, e quindi l’omosessualità è una possibile manifestazione del narcisismo, narcisismo qui inteso come il modo attraverso cui alcuni, identificandosi con la donna, cercano altri “ simili alla loro persona che li vogliano amare come li ha amati la loro madre” . Si tratta di un passaggio, a mio avviso, molto importante perché in esso Freud vede il narcisismo in termini di identificazione del soggetto con la propria madre, e a come egli è stato da lei amato , accezione che sarà ripresa in seguito da molti teorici del narcisismo, come per esempio H. Kohut.


2.2 Introduzione al Narcisismo (1914).


Successivamente, nel 1914, Freud si cimenta in un’opera particolarmente impegnativa, Introduzione al Narcisismo, che, da quello che ne sappiamo, per quanto da lui ritenuta importante e particolarmente difficile , non lo soddisferà mai abbastanza.

In questo lavoro Freud organizza il suo discorso sul narcisismo attraverso quello sulla libido dell’Io: fa del narcisismo un destino della libido , facendolo ruotare intorno a tre variabili: l’Io in quanto variabile dipendente dalle altre due: l’Ideale - nelle due declinazioni dell’Io Ideale e dell’Ideale dell’Io - e l’Oggetto. Più l’Io investe sull’Oggetto, più lo rende grandioso, più lo idealizza e più impoverisce sé stesso, e viceversa.

L’Io è qui descritto da Freud come un organismo ameboide dotato di pseudopodi, quelle propaggini digitiformi sulla loro superficie, che possono ora spingersi verso l’esterno ora retrarsi di nuovo [3].

La libido funziona allo stesso modo degli pseudopodi : appartiene all’Io e va verso l’oggetto, ma può anche ritornare di nuovo sull’Io che viene investito al posto dell’oggetto. Parliamo dunque di libido dell’Io sia nel senso oggettivo, quando ricade di nuovo sull’Io, sia nel senso soggettivo, quando partendo dall’Io si dirige verso l’oggetto.

Il narcisismo che ritroviamo dunque in Introduzione al Narcisismo è in relazione alla teoria della libido e di come essa si ripartisce tra l’Io e i suoi oggetti di investimento. Freud descrive in maniera molto meticolosa le diverse condizioni psicopatologiche, e della vita quotidiana, nelle quali si realizzano le condizioni del narcisismo: le psicosi , il dolore fisico , l’ipocondria e la vita amorosa.

In questo scritto Freud parla ora di Ideale dell’Io, ora di io Ideale, ma in effetti si tratta di due concetti diversi. Seguendo anche la lettura che ne fa Lacan, possiamo riconoscere in Freud il riferimento all’Io Ideale quando l’Io viene trattato come l’oggetto ideale con cui il soggetto si identifica sul piano immaginario, e vedere l’Ideale dell’Io come quel principio ispiratore e armonizzante con cui il soggetto si identifica invece sul piano simbolico.

Il narcisismo è dunque quella condizione dell’essere che può realizzarsi solo a patto che non vi siano differenze tra l’Io e l’oggetto , tra sé e l’altro, vale a dire attraverso identificazioni reciproche e speculari , condizione cui l’essere umano tende naturalmente: non esiste situazione più basilare e ricercata tra gli esseri umani come quella del narcisismo, in quanto riproduce l’armonia della identificazione primaria con la madre e con il modo attraverso cui ella ci ha amati. Esiste dunque un narcisismo di base, costitutivo e fisiologico della persona, che presiede alla cura e all’amore di sé .

Il narcisismo, dunque, comporta anche benessere e armonia, ed è per questo che, spesso, per far funzionare le cose, per ottenere la pace, gli esseri umani cercano soluzioni narcisistiche , fanno in modo cioè di adattarsi tra di loro, di cancellare le differenze intersoggettive, illudendosi, in questo modo, di realizzare quelle condizioni di armonia che le relazioni narcisistiche sembrano garantire in quanto sottomesse all’ideale dell’Io. Occorre però che l’ideale dell’Io funzioni come un significante unificatore e rassicurante, affinché le traballanti relazioni narcisistiche, che di per sé tendono invece verso l’aggressività, mantengano la loro coesione pacificante, almeno fino a quando l’Ideale dell’Io non cada, non venga meno. Se l’Ideale dell’Io viene meno, allora il narcisismo è pronto a mostrare l’altro suo volto, quello che, piuttosto che alla vita, spinge alla distruttività e alla morte. Bisogna riconoscere con Green che, effettivamente, esistono un Narcisismo di vita e un Narcisismo di morte. [4]

Anche le nevrosi presentano dunque un aspetto narcisistico e d’altra parte Freud ha messo in evidenza il vantaggio secondario che il nevrotico trae dal piacere di lamentarsi senza posa. Ogni sofferenza nevrotica comporta dunque una quota di narcisismo, perché essere nevrotici significa, per Freud, non sapere che cosa si desidera, e un tale vuoto di sapere, come anche Lacan ci ricorda attraverso tutto il suo insegnamento, oltre che fonte di sofferenza, è anche causa di grande instabilità nel soggetto, una instabilità molto difficile da sopportare e che di conseguenza può spingere a soluzioni narcisistiche , sintomatiche, di difesa, tattiche. Il narcisismo dunque, nell’accezione freudiana, è una posizione tattica del soggetto, un modo per tenersi, per sostenersi, per affrontare meglio il disagio della propria esistenza nevrotica , o il disagio esistenziale o anche quello proprio della condizione umana in generale. Insomma, uno stato nevrotico, ma anche ogni situazione di precarietà o di disagio soggettivo può disporre ad un disordine narcisistico, ed è per questo che ritroviamo il narcisismo, soprattutto oggi, come il modo prevalente di essere dell’uomo post-moderno in rapporto a sé e agli altri.


2.3. Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) e Il disagio della civiltà (1929).


Molte situazioni di vita, non solo individuali, ma anche di relazione e di gruppo, presentano dunque il loro versante narcisistico . Prima di tutto le relazioni amorose, di coppia, possono attestarsi sul tranquillizzante versante narcisistico, del rispecchiamento reciproco . Ma anche, per esempio, quei gruppi ossessionati dall’unanimità delle decisioni, dal dover essere sempre tutti d’accordo in maniera da poter stare insieme apparentemente in pace, sotto l’insegna l’Ideale dell’Io, incarnato per esempio in un Capo, in una Ideologia, ma anche nel sistema delle regole che quel gruppo si dà e che sistematicamente vengono messe a punto con ossessiva meticolosità. Spesso questi gruppi, pur apparentemente armonici e stabili, rischiano però di autodistruggersi, in quanto i funzionamenti su base prevalentemente narcisistica non vanno molto lontano dal momento che il confronto e lo scambio dialettico sono soffocati: molti devono sottomettersi alle decisioni di pochi, o di quell’Uno che incarna l’Ideale dell’Io . Parafrasando Freud, possiamo dire che, quando un gruppo è sempre d'accordo su tutto, all'unanimità, si può star sicuri che uno pensa (e decide) anche per gli altri. Il narcisismo è sempre un sacrificio del desiderio soggettivo, è il sacrificio del godimento del singolo, in nome del godimento del gruppo . Il narcisismo comporta sempre una perdita di godimento. Questo sacrificio alla lunga non paga, è mortifero, è causa di aggressività distruttiva.

Il modello dei gruppi che funzionano lungo il versante narcisistico lo ritroviamo proprio in Freud in Psicologia delle masse e analisi dell’Io del 1921, dove le masse si appiattiscono sotto la direzione di un Capo che incarna appunto l'Ideale dell’Io. Freud si rese però evidentemente conto che tale modello si può riprodurre solo a patto delle unificazioni delle masse che si sottomettono all’Ideale dell’Io. È il modello dei regimi autoritari che sfruttano lo scivolamento narcisistico delle relazioni sociali.

E infatti, più tardi, sembra che Freud abbia voluto come correggere il modello di Psicologia delle masse proponendo con Il disagio della Civiltà del 1929, quello dei gruppi che ammettono invece, anzi riconoscono perché inevitabile, il dissenso interno, sostituendo l'egemonia dell'Ideale dell’Io con quella del Super-Io. Il gruppo non può funzionare in totale armonia, ma deve fare i conti con una quota ineliminabile di disagio, dovuto all’impossibilità di ciascuno di aderire del tutto alle esigenze imposte dalla civiltà . Il desiderio, per esempio, è sempre soggettivo, e non può uniformarsi mai del tutto a quello collettivo. Il desiderio dell’uomo è il vero disagio della civiltà . Disagio da tollerare, anzi da favorire, se si vuole proteggere non solo i diritti della collettività, ma anche del singolo. Le democrazie evolute sono proprio il tentativo di rendere possibile questo compromesso.


2.4 Lutto e melanconia (1916)


In Lutto e melanconia del 1916, Freud rivede il narcisismo come effetto dell’identificazione speculare con l’altro nel momento in cui viene a mancare , nel momento della sua perdita. Il melanconico si identifica con l’oggetto perduto che, a differenza di quello che avviene nel lutto, egli trattiene a sé: l’ombra dell’oggetto ricade sull’Io [5] , dice Freud, per descrivere la condizione drammatica e senza via d’uscita della soluzione narcisistica del malinconico. Un altro volto ancora del narcisismo: al di là di quello affascinante e seduttivo del narcisista che si identifica con l’oggetto idealizzato pensandolo ritrovato, ecco il versante oscuro e doloroso del narcisismo del melanconico, che si identifica con l’oggetto idealizzato pensandolo perduto .


3. Il narcisismo per Lacan: il registro dell’Immaginario.


Lacan non parla di narcisismo, lo sostituisce con il termine di Immaginario , uno dei tre registri, insieme a quello del Simbolico e del Reale, dell’esperienza umana, e che deriva direttamente dal famoso stadio dello specchio , quel momento della vita del bambino in cui egli, ancora sostenuto e accudito dalla madre, riflettendosi nello specchio, scambia la sua immagine riflessa per l’altro di sé con cui si identifica come un io [6] . In questo senso, per Lacan, l’acquisizione del proprio io proviene dall’esterno, dallo specchio nel quale il bambino si riflette, avviene dunque attraverso un processo prima di alienazione e poi di identificazione narcisistica con l’immagine riflessa di sé . Per Lacan, dunque, l’Io è la vera costruzione narcisistica del soggetto ; è la struttura narcisistica per eccellenza, effetto della serie delle identificazioni che il soggetto stabilirà man mano, nel corso della sua vita, con i suoi interlocutori: l’Io è la paranoia originaria del soggetto .

Il narcisismo è dunque, per Lacan, la dimensione immaginaria dell’essere umano che, in quanto tale, è ciò che lo integra, lo fa sentire uno, unito e coeso , ma è uno dei possibili modi attraverso cui il soggetto costituisce i suoi legami sociali e il suo modo di stare al mondo . Per Lacan non esiste un narcisismo inteso come struttura a sé stante, come disturbo di Personalità, anzi, per Lacan, non esiste neanche la struttura stessa della Personalità, essendo per lui, quello di Personalità, un concetto puramente immaginario, per cui parlare di Personalità Narcisistica è tautologico, in quanto la personalità stessa è la figura narcisistica del soggetto, la sua dimensione immaginaria .

Se la dimensione immaginaria è costitutiva del soggetto in quanto tale, deve esserlo però annodandosi anche alle altre due dimensioni, del Simbolico e del Reale. Quando si è immersi invece prevalentemente nel registro dell’immaginaria, a scapito degli altri due, il resto del mondo non esiste più, l’Altro vero e proprio, in quanto distinto da me, non esiste: esiste solo l’altro nel quale mi rispecchio, l’altro speculare, l’altro di me e non l’Altro da me. Lacan scrive l’altro speculare, l’altro dell’ asse immaginario, con la a minuscola, per scrivere l’Altro in quanto tale, l’Altro non del riflesso speculare, ma l’Altro dello scambio simbolico, con la A maiuscola.

Nella relazione immaginaria il mondo, l’altro, può esser preso in considerazione solo nella misura in cui entra nella sfera del nostro immaginario , del narcisismo, se preferite continuare ad usare questo termine, il che significa che l’altro viene ridotto soltanto ad una immagine virtuale, spogliato e destituito di tutte quelle caratteristiche che possono renderlo Altro da me , prima di tutto quella di mancare di ciò che in lui io cerco e che mi aspetto che lui sia disposto a darmi. L’altro speculare non deve mancare di nulla . Il narcisismo è la condizione per eccellenza della mancanza di ogni mancanza . L’altro è preso quindi in considerazione solo se in grado di incarnare l’Ideale dell’Io che armonizza, fa sentire a posto e mette al riparo da ogni mancanza, vale a dire protegge dal desiderio , in quanto il desiderio ha la struttura della mancanza , è, come dice Lacan, la metonimia della mancanza e dunque non può trovare luogo nel narcisista. Ecco la risposta al titolo della relazione di oggi: il narcisista e il suo desiderio. Qual è il desiderio del narcisista? Quello di non avere alcun desiderio . Per questo, possiamo dire che la relazione immaginaria è anche una difesa particolarmente riuscita nei confronti del desiderio che, per Lacan, non entra nel piano dell’immaginario essendo il desiderio dell’ordine del reale. L’opzione narcisistica è quindi una difesa soprattutto nei confronti del reale del desiderio soggettivo .


3.1 Il narcisismo come il diniego della castrazione.


Permettetemi di soffermarmi ancora un po’ sulla questione del desiderio: il rapporto del soggetto con il proprio desiderio è la questione centrale nella clinica psicoanalitica. La psicoanalisi è la clinica del desiderio umano [7] e quello che noi chiamiamo narcisista soffre perché non può permettersi di riconoscersi nel suo desiderio, nella sua mancanza, e per questo si specchia nella sua immagine riflessa nell’altro, per non scoprire di essere mancante di qualcosa da poterne fare la base del proprio desiderio. La condizione narcisistica è il rifugio del soggetto nella dimensione speculare dell’esperienza con l’altro al fine di riprodurre la dimensione fusionale, narcisistica appunto, del rapporto primario con la madre, dove non mancava nulla e tutti i bisogni erano soddisfatti.

Il narcisismo è insomma l’organizzazione soggettiva del diniego della castrazione dell’altro . Il narcisista non può riconoscere che l’altro sia mancante di qualcosa, sia castrato . Diciamo che il narcisista non sopporta tanto la propria castrazione, quanto quella dell’altro. È l’altro che non può mancare di nulla, che non può venire meno alle aspettative che il narcisista ripone su di lui: la rabbia narcisistica è l’impossibilità di tollerare la frustrazione della castrazione dell’altro. Per questo il narcisismo è la condizione dell’ antiamore : la relazione di amore, come sappiamo, è, al contrario della relazione narcisistica, la condizione che si nutre della mancanza in quanto condizione di desiderio, di attesa, e non del soddisfacimento immediato del bisogno, che è invece la necessità irrinunciabile del narcisista. L’amore significa dare quello che non si ha, dice Lacan, laddove l’amore narcisistico pretende che l’altro sia in grado di avere sempre qualcosa da dare e che sia esattamente quello che il narcisista si aspetta.

Il narcisista dunque non può fare i conti con il limite a cui la castrazione condiziona ogni essere umano facendone soggetto di desiderio, in grado cioè di riconoscere e accettare il senso della rinuncia, dell’attesa, dell’importanza di procrastinare un bisogno, dell’utilità, talvolta, di anteporre un no al sì. In altre parole, il narcisista funziona prevalentemente secondo la logica del godimento, che si oppone a quella del desiderio . Attraverso il godimento non è possibile però stabilire legami sociali, se non in apparenza: il godimento è sempre dell’uno e non esistono relazioni di godimento. Esistono relazioni di desiderio, relazioni d’amore, non di godimento. È il desiderio che apre all’Altro e alla relazione erotica con il mondo, non il godimento . Le relazioni immaginarie sono dunque relazioni in cui il soggetto non si rapporta che con sé stesso attraverso l’altro, per questo il narcisista è solo anche in presenza dell’altro. Il narcisista vive il paradosso di sentirsi solo anche in presenza dell’altro e di sentirsene invece invaso anche in sua assenza .


3.2 Il linguaggio del narcisismo.


Nelle relazioni immaginarie quindi il legame sociale è virtuale in quanto il soggetto, come abbiamo visto, fa legame con l’altro, ma per fare in effetti legame con sé stesso, di conseguenza tende a servirsi della dimensione immaginaria del linguaggio, vale a dire di quella modalità discorsiva che serve, non a comunicare dialetticamente con l’Altro, ma, al contrario, ad impedirlo, per comunicare invece al fine di sedurre, di manipolare e per provocare nell’altro la parola che aspetta di sentirsi dire. Il narcisista parla all’altro per parlare a sé stesso.

Anche nella dimensione della cura, il narcisista tende ad utilizzare lo spettro immaginario del linguaggio , e dunque a convocare l’analista sul piano della comunicazione che si svolge lungo l’asse immaginario, che è, per Lacan, il linguaggio proprio della psicoterapia e di quelle analisi che si basano sull’empatia e sul rispecchiamento immaginario. In questi casi, un effetto auspicabile, possibile, di un’analisi sarà proprio quello dello spostamento del discorso dal piano immaginario a quello simbolico , che è invece il linguaggio dell’analisi vera e propria, in quanto luogo del transfert e dunque dell’incontro con l’Altro, che, come dice Lacan, avviene sempre al di là del muro del linguaggio immaginario [8].


3.3 Clinica del narcisismo.


Sul piano della clinica, in quanto dispositivo che si oppone alla castrazione, nell’accezione lacaniana, come del resto - lo abbiamo visto - in quella freudiana, la struttura narcisistica è dell’ordine dunque della psicosi.

Sappiamo che la psicosi si distingue dalla nevrosi in quanto ciò che, a differenza di quest’ultima, si organizza a partire dal rifiuto della Bejahung della castrazione materna e dunque, di conseguenza, dalla mancata iscrizione, nel luogo dell’Altro, del Nome-del-Padre , con il quale Lacan designa la funzione paterna, che, appunto, nella psicosi è perciò forclusa.

Per Lacan, il Nome-del-Padre è il significante che presiede all’ordine simbolico e permette la tenuta del soggetto annodando tra di loro i tre registri dell’esperienza: il reale , il s imbolico e l’ immaginario. Il NP è un significante fondamentale, un significante padrone - si dice - perché permette anche la tenuta discorsiva, vale a dire l’articolazione significante di senso compiuto e fa da limite al godimento. Di conseguenza, quando il NP è forcluso, viene meno il nodo che tiene insieme i tre registri, il che, nella clinica, può essere causa, e in maniera variamente combinata tra di loro, di almeno tre possibili evenienze: a) lo scatenamento della psicosi in senso Schreberiano , b) la disarticolazione significante del discorso, c) la perdita del limite al godimento, a meno che qualcosa non vi faccia da nodo sostitutivo, un qualcosa che può essere un sintomo, un’organizzazione sintomatica, un comportamento o qualsiasi altro modo d'essere purché in grado di svolgere una funzione suppletiva del NP forcluso.

Il sintomo, che nelle strutture psicotiche serve ad evitare uno scatenamento psicotico, può essere anche molto simile a un sintomo nevrotico, per esempio un comportamento ossessivo, o fobico evitante, o isterico, ma, a differenza di quello nevrotico che, come sappiamo, è una formazione dell’inconscio e dunque qualcosa dell’ordine simbolico e come tale interpretabile , il sintomo che deve fare da tenuta ai tre registri per evitare che si scateni una psicosi, è un sintomo di supplenza di quel significante forcluso che è il Nome-del-Padre , e come tale non ha alcuna valenza simbolica, non rimanda a nulla se non a se stesso, non è interpretabile, ma serve unicamente ad assicurare la tenuta del soggetto contro il rischio psicotico [9].

Ecco perché, come dicevamo, nella prospettiva lacaniana, il narcisismo grave non può essere considerato come una struttura psicopatologica a sé stante: non si tratta né di un Io strutturato narcisisticamente perché contenitore per esempio di una “libido desessualizzata” , come dice Green[10] , né di un disturbo di Personalità alla Kernberg [11] : la clinica dimostra piuttosto che l’organizzazione narcisistica attraverso cui un soggetto si relaziona a sé e agli altri, nel mondo in cui vive, è invece un sintomo, il suo sintomo, non la sua malattia, essendo la sua malattia la psicosi da cui il sintomo narcisismo lo protegge . L’organizzazione narcisistica può fare da sintomo suppletivo della mancanza del NP, per questo il narcisismo è ciò che tiene in piedi uno psicotico, lo fa apparire addirittura sano : evita che gli si scateni la psicosi.

La clinica psicoanalitica del narcisismo è dunque, a pieno titolo, la clinica psicoanalitica delle psicosi , una clinica che non procede, come nelle nevrosi, sotto transfert , che è la dimensione dell’analisi vera e propria, ma una clinica sotto suggestione, che è la dimensione della psicoterapia. In altre parole, quello che avviene nell’analisi di un narcisista è qualcosa di molto diverso da quello che avviene con un paziente nevrotico: nel primo caso avremo un transfert immaginario¸ nel secondo caso un transfert simbolico , per cui dobbiamo riservare, correttamente, il termine di psicoanalisi a quest’ultimo, lasciando al primo quello di psicoterapia, e tener presente che, se pure un narcisista avesse modo di varcare la soglia dello studio di uno psicoanalista, potrà anche per lungo tempo impegnarlo in un lavoro che sarà più dell'ordine della psicoterapia, che della psicoanalisi, e che quando dovesse accadergli il passaggio alla dimensione del transfert, e dunque all'analisi vera e propria, allora molto probabilmente, se non perché guarito, sarà stato perché avrà potuto intanto sufficientemente liberarsi della propria prigione narcisistica, almeno quanto basti per poter iniziare ora, finalmente, un'analisi.



[1] “Specialmente quando sviluppandosi le donne acquistano in bellezza, interviene in esse una sorta di autosufficienza che le compensa dei sacrifici che la società impone loro... (...). Il narcisismo di una persona suscita una grande attrazione su tutti coloro i quali, avendo rinunciato alla totalità del proprio narcisismo, sono alla ricerca di un amore oggettuale; l’attrattiva del bambino poggia in buona parte sul suo narcisismo, sulla sua autosufficienza e inaccessibilità, al pari del fascino di alcune bestie che sembrano non occuparsi di noi, come i gatti e i grandi animali da preda.” In S. Freud, Introduzione al Narcisismo, Opere , vol. VII, Boringhieri, Torino, pag. 459.

[2] “in tutti i casi studiati di omosessualità, abbiamo constatato che le persone in seguito invertite, cioè quelle che diventeranno omosessuali, attraversano negli anni dell’infanzia vera e propria una fase di fissazione intensa ma breve sulla donna, perlopiù la madre. Dopo averla superata, si identificano con la donna e assumono sé stessi come oggetto sessuale, vale a dire partendo dal narcisismo, quindi partendo dal narcisismo cercano uomini giovani e simili alla loro persona che li vogliano amare come li ha amati la loro madre.” Tre Saggi sulla Teoria Sessuale , S. Freud, cit. , vol. IV, p. 46 0.

[3] “Ci formiamo così il concetto di un investimento libidico originario dell’Io di cui una parte è ceduta in seguito agli oggetti, ma che in sostanza persiste e ha con gli investimenti d’oggetto la stessa relazione che il corpo di un organismo ameboide ha con gli pseudopodi che emette. Introduzione.” Introduzione al Narcisismo , S. Freud , cit., vol. VII, p. 445 .

[4] A. Green. Narcisismo di vita e narcisismo di morte. Ed. Borla, Roma. 1985

[5] “L’ombra dell’oggetto cade così sull’Io che d’ora in avanti poté esser giudicato da un’istanza particolare come un oggetto e precisamente come l’oggetto abbandonato. In questo modo la perdita dell’oggetto si era trasformata in una perdita dell’Io, e il conflitto fra l’Io e la persona amata in un dissidio fra l’attività critica dell’Io e l’Io alterato dall’identificazione.” Lutto e melanconia , S. Freud , cit., vol. VIII, p. 108 .

[6] “l’assunzione giubilatoria della propria immagine speculare da parte di quell’essere ancora immerso nell’impotenza motrice e nella dipendenza del nutrimento che è il bambino in questo stadio infans, ci sembra perciò manifestare in una situazione esemplare la matrice simbolica in cui l’io si precipita in una forma primordiale.” J. Lacan, Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io (1949) in Scritti (1966) , Einaudi, Torino 1974 p. 88.

[7] “Non vi sviluppo una psicologia, un discorso su quella realtà irreale che si chiama psiche, ma un discorso su una prassi che merita un nome: erotologia. Si tratta del desiderio.” J. Lacan, in L’angoscia, 1961-1963 Il seminario, Libro X, Biblioteca Einaudi, Torino 2007, p. 18

[8] “L’analisi deve mirare al passaggio di una vera parola, che congiunga il soggetto a un altro soggetto, dall’altra parte del muro del linguaggio. È la relazione ultima del soggetto con un Altro vero, con l’Altro che dà la risposta che non si aspetta, a definire il punto terminale dell’analisi.” J. Lacan, in L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi 1954-55, Il seminario, Libro II, Biblioteca Einaudi, Torino 2006, p. 284

[9] Di qui il ricorso a sintomi , anche molto variegati, originali, spesso bizzarri, vere creazioni soggettive, destinati comunque ad assumere la funzione di Nomi del Padre sostitutivi e tali da “tappare” Il buco lasciato dalla Verwerfung del NP.

[10] A. Green. Ibidem , pag. 190

[11] O. F. Kernberg, Aggressività, disturbi della personalità e perversioni. Raffaello Cortina Editore, Milano, 1993

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Autore: DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO 20 gen, 2024
Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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