IL MATRIMONIO METTE ALLA PROVA L'AMORE

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • 26 novembre 2017



La ripetizione è quanto di più necessario ci sia per un essere umano. Non per niente è stata riconosciuta da Lacan come uno dei quattro concetti fondamentali della psicoanalisi. La ripetizione è infatti quel punto di reale , nel desiderio , che non vuole saperne di soddisfarsi mai del tutto e di non cessare di ritornare, ma che proprio per questo è anche ciò che rassicura.

Come l'alternarsi del giorno e della notte: un alternarsi incessante, che si ripete da sempre, il reale che esiste senza ombra di dubbio e su cui non possiamo dir nulla, ma che è anche quanto di più certo e rassicurante possa esserci. Vi immaginate l'angoscia se un giorno non dovesse più sorgere il sole? Per questo, evidentemente, non possiamo smettere di scrutare il cielo, né di fare previsioni sul tempo che ci sarà domani. L'unica cosa certa del domani è infatti che il sole sorgerà di nuovo. Ma se abbiamo una tale necessità, è solo perché siamo immersi in una trama simbolica che temiamo possa interrompersi in qualsiasi momento.

Il reale invece è ciò cui non manca nulla, e che ritorna sempre allo stesso posto: cosa vi è dunque di più rassicurante di questa incessante ripetizione dell'uguale?

Il sintomo , con la sua fissità, con la sua insistenza, con il suo ritornare sempre allo steso modo -dunque proprio per il fatto che si ripete- in fondo, serve, evidentemente, anche a questo: a fissare, mediante il suo ripetersi, la certezza del ritorno sempre dello stesso discorso.

Freud scoprì la ripetizione del sintomo come coazione, coazione a ripetere , -così appunto la definì-, vale a dire come una pulsione al di là del principio di piacere. Perché, se il piacere destabilizza continuamente il soggetto mettendolo di fronte all'incertezza del suo accadere, al fatto cioè che il piacere, per quanto ricercato, non è detto che venga trovato sempre là dove ce lo aspettiamo, quello che invece è posto al di là del suo principio, in quanto affidato alla certezza della ripetizione, la coazione a ripetere dunque, assicura invece sempre lo stesso medesimo esito: l'accadere dell'uguale, e dunque la certezza di ciò che si ci aspetta, e di ciò che non cessa mai di scriversi.
Lacan utilizzerà per questo fenomeno, della coazione a ripetere, per il tramite della pulsione di morte , il termine di godimento .

E' per questo che gli amanti vorrebbero che l'amore , che accade come contingenza imprevista, come ciò che ha cessato di non scriversi, diventasse ciò che, da questo momento, non cesserà più di scriversi. Diventasse, l'accadimento dell'amore, da quello che cessa di non scriversi a ciò che non cessa di scriversi. "Ancora... " "per sempre..." sono le frasi dell'amore e dell'illusione che esso possa diventare ciò che senz'altro si ripeterà sempre, uguale, ogni giorno, allo stesso modo. E' per questo che coloro che si amano hanno bisogno di promettersi reciprocamente eterno amore, una promessa però che, se da una parte è pretesa, dall'altra non dà garanzia alcuna, se non nell'immaginario, che si possa esigere ciò che si promette.

Di qui, evidentemente, il bisogno che venga "promulgata" allora, da qualcuno, una Legge , Una, che garantisca la certezza della promessa e la esigibilità dell'amore che si promette, che imponga un testimone della promessa che i due si fanno, una legge che possa permettere all'amore di potersi finalmente scrivere. Di qui la necessità di una legge che sancisca anche la continuità, persino la indissolubilità, del discorso d'amore tra un uomo e una donna, trasformandolo in un discorso "obbligato", in un legame dunque, anzi in un vincolo, nel " sacro vincolo del matrimonio ", appunto, quando la Legge che lo istituisce non è soltantoo quella degli uomini, ma anche la Legge di Dio.

Una cosa però è che la necessità di ripetizione, che l'amore reclama attraverso la sua promessa, si mantenga nel desiderio dei due che si amano, altra cosa è che essa venga affidata alla legge , che l'amore venga cioè sancito attraverso una regola che pretenda di vincolarlo attraverso una scrittura che lo renda eterno: "finché morte non vi separi" è la formula del matrimonio. L'amore, invece, può essere solo detto, come discorso, il discorso amoroso , e dunque affidato solo alla parola degli amanti tra loro, alla loro parola, e non a quella rivolata all'Altro, una parola che non può essere scritta, anche se può esser detta attraverso una lettera, la lettera d'amore , che è comunque scrittura della parola che rimane tra i due e non di una parola che diventa quella del contratto dinanzi a terzi, la scrittura della poesia, e non quella della legge. Insomma, l'amore si svolge nel tempo, è qualcosa che si dipana e dunque, in quanto tale, non può circoscriversi in un punto, mediante una scrittura che si dà una volta per sempre e come impegno che i due assumono nei confronti dell'Altro in quanto terzo. L'amore è un "sì" che i due che si amano vogliono chiedersi l'uno all'altro, e pronunciare ancora, e ancora, e non un "sì" che l'Altro chiede loro di pronunciare una sola volta, e di sottoscrivere in presenza di testimoni, come impegno che possa valere per sempre.

Affidare dunque il desiderio che l' atto d'amore possa ripetersi ancora, e ancora, come l'amore stesso vuole, come coloro che si amano reclamano e si promettono, ad una legge stabilita dall'Altro, da un terzo che si chiama dunque, simbolicamente, a testimonianza, e a garanzia, di un amore che è tale in quanto trama discorsiva tra due che possono prometterla senza garantirla, significa sottrarre l'amore alla logica della scelta dell'uno per l'altra, per trasferirlo all'obbligo sancito dall'Altro e dunque significa farne, da discorso amoroso della sola parola, mutevole, dei due, amore della certezza logica, scritta in presenza dell'Altro.

Affidare l'amore alla legge significa sottrarre l'amore al desiderio degli amanti per subordinarlo al desiderio dell'Altro e alla sua legge: i due che si amano non domandano più soltanto l'uno all'altra, ma insieme chiedono all'Altro il riconoscimento simbolico del loro amore, e la sua iscrizione nel registro della legge, per ottenere, in cambio, la garanzia e la tutela della stabilità, se non della indissolubilità, del loro amore che, da discorso, diventa ora legame, accettandone i due le conseguenze, tra le quali anche e soprattutto che ora sarà l'Altro a permetterne l'eventuale scioglimento, attraverso un'altra legge, quella del divorzio.

Insomma, con il matrimonio, e le leggi che lo regolano, l'amore, da discorso tra due -con tutta la incertezza cui questo rimanda sul piano del reale: un discorso può cessare di dirsi in ogni momento- diventa patto, stabile e stabilito, e affidato all'Altro, che lo regola, sia nel modo attraverso cui può consentire che il discorso d'amore prosegua, sia nelle forme che esso può assumere come legame sociale, sia nelle modalità della sua dissoluzione, laddove il discorso amoroso cessi comunque di dirsi.

Sia chiaro: ciò non significa che due non possano continuare ad amarsi finanche nel vincolo del matrimonio -fortunatamente ne abbiamo ancora molti esempi- ma che il matrimonio, se non esclude l'amore, certamente lo mette alla prova, anche perché, contrariamente a quanto illusoriamente si è portati a credere -illusione cui, per motivi che saranno magari argomento di un altro scritto, sono in genere più esposte le donne, e non che gli uomini non ne abbiano anche delle loro- il matrimonio non garantisce per niente l'amore, chiedendone molte volte, piuttosto, il sacrificio.

Autore: DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO 15 giugno 2025
Freud ha dimostrato che la perversione è un non volerne sapere nulla, ma proprio nulla, della castrazione. Una doppia negazione dunque: "non è vero che non c'è il fallo lì dove non posso fare a meno di volere che ci sia". Freud ha chiamato " Verleugnung " questo meccanismo di rigetto, di ripudio della realtà della castrazione. Lacan, riprendendo la questione dal punto di vista della " castrazione della madre ", mette in rilievo come il perverso non tolleri che l'Altro sia "bucato" , sia mancante cioè proprio di quello che gli serve per assicurarsi il proprio godimento, un godimento che egli deve necessariamente prelevare "nel luogo dell'Altro", e che non sopporta possa essere interdetto dalle ragioni dell'Altro, in buona sostanza, non tollera che il proprio godimento possa trovare un limite nel desiderio dell'Altro. Il perverso è dunque colui che si serve della "Verleugnung" (diniego, doppia negazione) per impedire che il desiderio dell'Altro interrompa il proprio godimento , come dire: "il tuo desiderio si oppone al mio interesse? Disturba la stabilità della mia posizione e la certezza delle mie convinzioni? Bene, neanche mi chiedo il perché, faccio prima a rigettarlo di sana pianta, non ne tengo alcun conto, per il semplicissimo motivo che esiste una sola posizione, la mia." In altre parole il perverso non riconosce la differenza dell'Altro , per questo è, appunto, "indifferente" alle ragioni dell'Altro - laddove invece il nevrotico ne soffre - è indifferente alla realtà. Non dice, all'Altro, "è vero che tu non sei d'accordo con me, ma non lo sopporto" - che è invece la posizione del nevrotico, ovvero sia il riconoscimento che l'Altro sta dicendo qualcosa di diverso che lui non sopporta, sia il riconoscimento che lui non lo sopporta, un "doppio riconoscimento", dunque, che aprirebbe comunque ad una dialettica - ma dice, più radicalmente: "non è vero che tu non sei d'accordo con me", confondendo e facendo spesso vacillare la realtà nell 'Altro! Una "doppia negazione", appunto, come a dire che nell'universo mondo non c'è che una sola verità, la sua! E' esattamente questa la posizione di godimento del perverso. Per questo, possiamo dire, che qualsiasi comportamento tendente a disconoscere le istanze altrui, quando queste costituiscono un limite al godimento soggettivo, può essere considerato un comportamento di perversità , come può esserlo, per esempio, in una coppia, quello di un partner che si rifiuti di prendere atto del desiderio dell'altro di volersi, per esempio, separare: si rifiuta di prenderne atto per continuare a farlo sussistere nel ruolo dì partner anche se questi se ne dichiara fuori. E' il caso dello stalking, che infatti è un comportamento perverso. In altre parole, il rapporto perverso non può essere interrotto , poiché si fonda sulla complicità inconscia, di distruggere la castrazione in ciascuno dei partner, di distruggere cioè il desiderio come causa del legame della coppia per sostituirlo con il godimento, in maniera da s congiurare il rischi, insopportabile per il perverso, di poter amare, il rischio, per i p due partner bloccati dal patto perverso, di innamorarsi l'uno dell'altro. Occorre cioè che il godimento nel plagiare l'Altro si incastri con il godimento dell'Altro a farsi plagiare. Da questo patto diabolico, dalla complicità perversa all'interno di una coppia - ma anche all'interno di un gruppo, di un'Associazione, di un'Istituzione, di una Setta - a collaborare attivamente per costruire e difendere la sola Verità possibile, ossia che non vi è nessuna castrazione in ciascuno, non è dunque possibile uscirne , prima di tutto perché l'angoscia che si scatenerebbe in seguito a una tale ipotesi entra a far parte sin dall'inizio dello stesso patto perverso, anzi ne costituisce il cemento, e poi anche perché il rischio di ritorsioni, terribili, anche omicide, è altissimo per chi voglia tirarsi fuori dal gioco, poiché rompere il patto perverso significa infliggere la pena insopportabile della castrazione. Molti femminicidi ne sono un esempio, e, nella Storia, la santa Inquisizione, i roghi, le Crociate ne sono altri. Quali azioni di stalking sistematici possono esserci piu delle "crociate" anche moderne contro tutte le posizioni discordanti da ciò che è ritenuta l'unica verità vera da imporre anche sotto minaccia di morte? In conclusione, è perverso ogni atteggiamento, posizione o comportamento che si basi sul disconoscimento di quella separazione tra gli esseri che di fatto è già data per avvenuta in qualsiasi contesto umano, e che è posta a fondamento dell'amore e della vita.
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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
Autore: DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO 14 gennaio 2024
evo vedere l'osso
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