PSICOANALISI ORTODOSSA E PSICOANALISI LACANIANA

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • 3 dicembre 2017

Il ritorno a Freud


Gli analisti che, dopo Freud , pensando di seguirne fedelmente le indicazioni, ma orientandosi in effetti -sulla scia degli sviluppi di Anna Freud - maggiormente sull' Io e i suoi meccanismi di difesa , che sull' inconscio , -dunque gli psicologi dell'Io prima e i cosiddetti post-freudiani dopo-, sono arrivati di conseguenza anche a ritenere, e con convinzione, che un'analisi possa dirsi effettivamente riuscita solo quando il paziente abbia potuto conseguire quei tre famosi "ideali", che sono ufficialmente considerati gli obiettivi ultimi di un'analisi di successo:

1) l’ideale dell’amore genitale inteso come quello in cui si realizzerebbe appieno la relazione oggettuale;
2) l’ideale dell’autenticità , nel senso che essendo quella analitica una tecnica di "smascheramento" non può che condurre il soggetto alla sua autenticità più piena e genuina e alla sua verità senza veli e inganni;
3) l’ideale dell’autonomia , in virtù del quale il paziente può arrivare alla felice condizione del superamento di qualsiasi vincolo di dipendenza dall'altro.

La psicoanalisi, e la sua pratica tra la maggior parte degli analisti dell'IPA, cominciò dunque a svilupparsi ampiamente lungo questa "idilliaca" direzione, della idealizzazione dei suoi effetti; fino a quando uno di loro, un certo Jacques Lacan , acuto psicoanalista francese, non dichiarò coraggiosamente di pensarla in tutt'altro modo, mettendo decisamente in guardia gli analisti dal cedere a queste mire idealizzanti, le quali non potevano fare altro, secondo lui, se non di portare il paziente ad una sorta di ortopedizzazione idealizzata degli assetti di funzionamento del suo Io. La psicoanalisi freudiana invece consisterebbe, secondo Lacan, nel condurre il paziente a poter piuttosto prendere consapevolezza del proprio desiderio inconscio, e a saperci fare i conti: sarebbe questo, per Lacan, il vero scopo della psicoanalisi, così come Freud ce l'ha consegnata.

Lacan, infatti, rifacendosi pienamente a Freud cercò di convincere gli analisti che non era l'Io con le sue funzioni, ma il soggetto con il suo desiderio il vero "oggetto" della psicoanalisi, in quanto è da lì, dal suo desiderio rimosso, e "dimenticato", e non dall'Io, che l'essere umano parla e soffre.

Conseguenze di questa "critica" di Lacan alle posizioni in voga tra gli analisti di allora -posizione come abbiamo visto in larga misura a favore del lavoro sull'Io- furono, da una parte, la sua espulsione dalla Società Psicoanalitica Internazionale , essendo stato egli ritenuto, per le sue critiche, colpevole di " eresia ", e dall'altra, la persistenza ancora più tenace di molti analisti proprio nella direzione contrastata da Lacan, quella della psicoanalisi dell'Io. Una scissione insomma, dal momento che tuttavia altri analisti, nonostante l'accusa di eresia, apprezzarono e si convinsero alle tesi di Lacan, diventando lacanian i , continuando a seguire il suo insegnamento e dando di fatto vita ad un movimento, quello della psicoanalisi lacaniana , e della sua Scuola , oggi a e diffusa e praticata in tutto il mondo.

Ma perché molti degli analisti dell'Internazionale presero, e continuarono, invece la via dell'Io e non quella del desiderio? Perché continuano in questa direzione ancora oggi, e ancor di più, se, come vediamo, possiamo oggi assistere a delle derive della psicoanalisi, che pur ritenendosi ancora freudiane, si sono spinte fino al limite delle neuroscienze e del cognitivismo , fino a quanto cioè di più lontano ci sia da Freud?
Quello che forse diede avvio alla evoluzione della psicoanalisi nella direzione della psicologia dell'Io e dei suoi sviluppi, fu, a mio avviso, una svista originaria del testo freudiano, svista favorita dalla lettura che ne fece proprio Anna Freud: nel famoso enunciato di Freud " Wo Es war, soll Ich werden ", fu letto un articolo che non c'è perché Freud non lo aveva mai scritto, come invece compare nella traduzione italiana di Musatti per esempio: " dove era l'Es, l'Io dovrà avvenire ".
Molti psicoanalisti vollero leggere insomma un Das davanti a Ich, e di conseguenza intesero la frase come la raccomandazione di Freud a lavorare sull'Io in quanto apparato "oggettivo", e dunque a lavorare sulle sue funzioni e sull'insieme dei suoi meccanismi di difesa. Cosa questa che li ha portati poi a perfezionare tecniche di addestramento dell'Io, oltre che a spingere le loro analisi fino al limite delle psicoterapie cognitiviste, e finanche delle cosiddette neuroscienze, e cioè, come è stato detto, fino a quanto di più distante ci possa essere dalla psicoanalisi di Freud.

Lacan si oppose invece energicamente a questa deriva e restituì la frase al suo vero significato: fece notare che Freud non antepose a Ich l'articolo, e dunque che evidentemente Freud non si riferiva a "l'Io" come istanza o come funzione, bensì a "Io" come Soggetto. Non scrisse, Freud: "soll das Ich werden", ma: "soll Ich werden", cioè, traducendo in italiano, non scrisse: "dove era Es deve diventare l'Io", ma scrisse: " dove era l'Es deve giungere Io ". Il che cambia tutta la prospettiva del lavoro analitico: in quanto analisti non dobbiamo lavorare affinché l'Io si sostituisca all'Es, ma affinché il Soggetto arrivi a saper "riconoscere" l'Es, a " soggettivarsi " cioè sul proprio Es, sulle proprie pulsioni , in particolare sulla pulsione di morte , cercando di farci i conti alla men peggio.

Questa allora l'analisi freudiana, la psicoanalisi degli sviluppi freudiani, e non di quelli post-freudiani; questa la psicoanalisi vera e propria: l'analisi del Soggetto e del suo desiderio inconscio, e non quella dell'Io, delle sue funzioni e mirante al suo rafforzamento, in quanto l'analisi che conduce verso la salute è quella che permette al soggetto che soffre di potersi ricongiungere al proprio desiderio, di soggettivarsi sulle sue angosce e sui suoi sintomi , piuttosto che rafforzare un Io ancor più di quanto non lo sia già.
Quella psicoanalisi, dunque, dalla quale le correnti post freudiane si sono sempre più allontanate, e alla quale noi, in quanto analisti che si ispirano a Freud, dobbiamo invece ritornare.




Autore: DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO 15 giugno 2025
Freud ha dimostrato che la perversione è un non volerne sapere nulla, ma proprio nulla, della castrazione. Una doppia negazione dunque: "non è vero che non c'è il fallo lì dove non posso fare a meno di volere che ci sia". Freud ha chiamato " Verleugnung " questo meccanismo di rigetto, di ripudio della realtà della castrazione. Lacan, riprendendo la questione dal punto di vista della " castrazione della madre ", mette in rilievo come il perverso non tolleri che l'Altro sia "bucato" , sia mancante cioè proprio di quello che gli serve per assicurarsi il proprio godimento, un godimento che egli deve necessariamente prelevare "nel luogo dell'Altro", e che non sopporta possa essere interdetto dalle ragioni dell'Altro, in buona sostanza, non tollera che il proprio godimento possa trovare un limite nel desiderio dell'Altro. Il perverso è dunque colui che si serve della "Verleugnung" (diniego, doppia negazione) per impedire che il desiderio dell'Altro interrompa il proprio godimento , come dire: "il tuo desiderio si oppone al mio interesse? Disturba la stabilità della mia posizione e la certezza delle mie convinzioni? Bene, neanche mi chiedo il perché, faccio prima a rigettarlo di sana pianta, non ne tengo alcun conto, per il semplicissimo motivo che esiste una sola posizione, la mia." In altre parole il perverso non riconosce la differenza dell'Altro , per questo è, appunto, "indifferente" alle ragioni dell'Altro - laddove invece il nevrotico ne soffre - è indifferente alla realtà. Non dice, all'Altro, "è vero che tu non sei d'accordo con me, ma non lo sopporto" - che è invece la posizione del nevrotico, ovvero sia il riconoscimento che l'Altro sta dicendo qualcosa di diverso che lui non sopporta, sia il riconoscimento che lui non lo sopporta, un "doppio riconoscimento", dunque, che aprirebbe comunque ad una dialettica - ma dice, più radicalmente: "non è vero che tu non sei d'accordo con me", confondendo e facendo spesso vacillare la realtà nell 'Altro! Una "doppia negazione", appunto, come a dire che nell'universo mondo non c'è che una sola verità, la sua! E' esattamente questa la posizione di godimento del perverso. Per questo, possiamo dire, che qualsiasi comportamento tendente a disconoscere le istanze altrui, quando queste costituiscono un limite al godimento soggettivo, può essere considerato un comportamento di perversità , come può esserlo, per esempio, in una coppia, quello di un partner che si rifiuti di prendere atto del desiderio dell'altro di volersi, per esempio, separare: si rifiuta di prenderne atto per continuare a farlo sussistere nel ruolo dì partner anche se questi se ne dichiara fuori. E' il caso dello stalking, che infatti è un comportamento perverso. In altre parole, il rapporto perverso non può essere interrotto , poiché si fonda sulla complicità inconscia, di distruggere la castrazione in ciascuno dei partner, di distruggere cioè il desiderio come causa del legame della coppia per sostituirlo con il godimento, in maniera da s congiurare il rischi, insopportabile per il perverso, di poter amare, il rischio, per i p due partner bloccati dal patto perverso, di innamorarsi l'uno dell'altro. Occorre cioè che il godimento nel plagiare l'Altro si incastri con il godimento dell'Altro a farsi plagiare. Da questo patto diabolico, dalla complicità perversa all'interno di una coppia - ma anche all'interno di un gruppo, di un'Associazione, di un'Istituzione, di una Setta - a collaborare attivamente per costruire e difendere la sola Verità possibile, ossia che non vi è nessuna castrazione in ciascuno, non è dunque possibile uscirne , prima di tutto perché l'angoscia che si scatenerebbe in seguito a una tale ipotesi entra a far parte sin dall'inizio dello stesso patto perverso, anzi ne costituisce il cemento, e poi anche perché il rischio di ritorsioni, terribili, anche omicide, è altissimo per chi voglia tirarsi fuori dal gioco, poiché rompere il patto perverso significa infliggere la pena insopportabile della castrazione. Molti femminicidi ne sono un esempio, e, nella Storia, la santa Inquisizione, i roghi, le Crociate ne sono altri. Quali azioni di stalking sistematici possono esserci piu delle "crociate" anche moderne contro tutte le posizioni discordanti da ciò che è ritenuta l'unica verità vera da imporre anche sotto minaccia di morte? In conclusione, è perverso ogni atteggiamento, posizione o comportamento che si basi sul disconoscimento di quella separazione tra gli esseri che di fatto è già data per avvenuta in qualsiasi contesto umano, e che è posta a fondamento dell'amore e della vita.
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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
Autore: DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO 14 gennaio 2024
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