L'idea che, quando stabiliamo dei rapporti interpersonali
, finache con le persone che amiamo o addirittura con con il nostro partner, sia possibile mettere tutto in comune, senza riserve e senza esclusioni, metterci totalmente in gioco cioè, è un'idea puramente immaginaria
.
Non possiamo entrare in rapporto con con i nostri simili se non come
soggetti in perdita
. Questo vuol dire che non possiamo presentarci all'altro attraverso un
discorso
che ci comprenda interamente, che non esiste relazione interpersonale in cui tutto ciò che ci appartiene possa essere messo in circolazione, nello scambio, vuol dire che il soggetto umano è
insuffiiciente a rappresentarsi
interamente e dunque vuol dire che se vogliamo entrare in una vera relazione dobbiamo sapere che ci perdiamo sempre qualcosa, che a qualcosa dobbiamo rinunciare.
Del resto è esperienza comune quella di sentire che non riusciamo mai a mettere veramente, come pure vorremmo, tutto in comune con l'altro, neanche con la persona amata, e che qualcosa di noi rimane invece sempre esclusa. Quando diciamo: "tu non mi capisci", oppure "mi sento solo" -pur in presenza dell'altro- vuol dire proprio questo: che entriamo in relazione pagando il prezzo di una perdita.
E tuttavia dobbiamo anche sapere che questa perdita non è un male, anche se molte volte non ci sembra sopportabile: non è un male, anzi è un bene perché è la condizione stessa di un rapporto vero. Non si può entrare in rapporto con nessuno se non costituendosi come "
esseri mancanti
". Non è possibile alcun discorso se non a partire da una mancanza, da una perdita.
Lacan
la chiama "
perdita di godimento
", e quando non la si sopporta è allora che i rapporti diventano
narcisistici
. Insomma per entrare in rapporto con l'altro è necessario che ci disponiamo ad una
perdita di narcisismo
, di godimento dunque. Ma va detto pure che quello che perdiamo lo possiamo ritrovare in qualcosa che ci rappresenti parzialmente e che mettiamo in comune con l'altro come
"oggetto di scambio"
: uno sguardo, la nostra voce, una frase, un gesto, un bacio, un dono.
Ecco perché negli scambi sociali condivisi, nei legami interpersonali, acquistano importanza gli oggetti, anche banali, ma che assumono il valore enorme di servire a recuperare proprio quella perdita inevitabile di godimento che, come abbiamo visto, è il pre requisito necessario per costituirci come
esseri sociali
. Il "
Disagio della Civiltà
" di cui parla
Freud
è proprio l'effetto di questa rinuncia al godimento, di questa perdita narcissitica che paghiamo come prezzo per stare con gli altri ed evitare l'isolamento autistico.
Insomma, se pure, nel rappresentarci all'altro, siamo "soggetti in perdita", è attraverso oggetti parziali che ci sosteniamo come soggetti in perdita: ci presentiamo, non come soggetti "interi", ma "parzialmente", in parte, vale a dire attraverso un "oggetto" che ci rappresenti e che acquista dunque un "
valore d'uso
". Lacan chiama questo oggetto "
l'oggetto piccolo a
" e lo designa in questo caso come un "
plusgodere
", in quanto oggetto che recupera in altro modo quella quota di godimento perduto e dunque non goduto, e quindi del tutto analogo al "plusvalore" di cui parla Marx ne "Il Capitale" che corrisponde a quella quota di lavoro non retribuito.