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INCONSCIO

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • giu 10, 2018

Dalle lezioni agli studenti

"...Voi capite che quando il paziente viene da noi ci porta l’ inconscio , ma anche se lavorate come cognitivisti vi porta l’inconscio, solo che noi, in quanto analisti, almeno abbiamo una marcia in più: ne sappiamo qualcosa di più dell’Inconscio. Almeno sappiamo che esiste, che vuole esistere anche a dispetto del soggetto.

C’è un inconscio che è corretto chiamare transferale , che è l’inconscio dove il soggetto porta le sue prob lematiche sul desiderio e vi si interroga: cosa voglio? Chi sono? Ho fatto questo sogno, che vorrà dire? Sono uscito con la mia ragazza e poi abbiamo litigato, perché mai? Nel ritornare a casa ho sbagliato strada, mai successo, come mai proprio questa volta? Ecco, l’inconscio organizzato come un discorso di cui comunque in qualche modo riconosco di esserne il soggetto, anche se non ne so molto, e però ne vorrei sapere, e metto dunque l’analista nella posizione di colui che sa, che mi può dare delle risposte. Quindi è l’inconscio organizzato come un discorso , è l’inconscio che parla, è l’inconscio che produce senso, è l’inconscio che interpreta finanche: sembra che sia l’analista a farlo, ma è l’inconscio che ha già interpretato nel momento stesso in cui noi ci chiediamo: che vuol dire? “Che vuol dire?” è già una interpretazione, in quanto una domanda che contiene una risposta. Una risposta rimossa. E che bisogna tirare fuori.

E poi ci sono soggetti che portano all’analista un’altra cosa, una cosa contraria alla interrogazione soggettiva, invece che un “che vuol dire questo?” portano un “ non ne voglio sapere nulla, voglio solo guarire e nel più breve tempo possibile ”. E dunque che inconscio è questo? Noi lo chiamiamo “Inconscio non transferale ”, un inconscio cioè che non arriva a costituirsi come discorso che può essere trasferito all’Altro. Se l’Inconscio transferale è l’Inconscio che non si sa di sapere, l’Inconscio non transferale è un inconscio di cui si sa di non voler sapere. L’inconscio delle pulsioni , che se pur entrano nella catena significante, non vi entrano per essere messe in parola, in quanto più che un sapere soggettivo assicurano un godimento, un godimento che si ha lì dove non si parla, come diciamo noi. E noi vorremmo che un soggetto invece arrivi a poter godere lì dove egli parla..."

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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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