Desiderio e godimento, l'edipo e l'amore

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • 7 novembre 2017

Il desiderio e il godimento non possono coesistere nel soggetto. O si desidera, o si gode. Il desiderio è sempre desiderio dell'Altro in quanto sgorga dal divieto, dall'interdizione paterna al godimento incestuale della madre.
L'effetto dell'edipo è proprio questo: abolizione del godimento e instaurazione della Legge del desiderio: “la castrazione vuol dire che bisogna che il godimento sia rifiutato perché possa essere raggiunto sulla scala rovesciata della Legge del desiderio”( J. Lacan). L'edipo può essere immaginato dunque come un laboratorio nel quale il soggetto vi entra come godente e ne esce come soggetto desiderante. Per dirlo in altri termini, l'edipo, per Lacan, è "una metafora del fatto che l’umano, entrando nel linguaggio, perde il suo essere Cosa per essere elevato alla dignità del simbolico, secondo lo schema hegeliano dell’Aufhebung: il Simbolo è l’uccisione della Cosa" (A. Di Ciaccia).
E' proprio questo che permette al desiderio di costitursi come domanda rivolta all'Altro. E' infatti nella parola che il desiderio si costituisce come titolo del soggetto nel suo poter stare mondo: il significante è dunque il lasciapassare del soggetto che lo rende idoneo ad essere riconosciuto come soggetto di desiderio, un desiderio che è sempre rivolto all'Altro, che riguarda l'Altro, che è dell'Altro, sia in senso oggettivo (desidero l'Altro), sia in senso soggettivo (desidero essere il desiderio dell'Altro). In questo senso, più che soggetti di desiderio, siamo sempre assoggetti del desiderio, e soggetti di significante: non possiamo che essere riconosciuti che come significanti, di qui il noto aforisma di Lacan: il significante rappresenta un soggetto per un altro significante.
L'Altro è però anche il luogo cui il soggetto attinge le informazioni per costruire la parola di cui si serve e i significanti che lo possono rappresentare. L'altro è dunque la sede del codice e il tesoro dei significanti. Per questo il primo grande Altro è proprio la madre che, grazie alla metafora paterna che la abita e alla legge del Nome-del-Padre cui ella acconsente, può operare una sorta di miracolo, cioè quello di rispondere al bisogno del bambino come se fosse un desiderio, di trattare una pulsione come se fosse una domanda, dando al bambino in questo modo un credito anticipato di soggettività e un primo significante. Questo fa dunque una madre, dona il primo significante alla pulsione, significantizza la pulsione e la trasforma in desiderio: il bambino da oggetto di soddisfacimento di bisogni viene riconosciuto soggetto di desiderio e di domanda. La madre risponde al grido del bambino intendendolo come domanda. Per questo possiamo dire che il desiderio è la pulsione che incontra la catena significante e ne segue la via. Il desiderio è la pulsione significantizzata. Forse vale la pena, visti i tempi attuali e quello che tanto si sta dibattendo, di ricordare che, ci piaccia o no, questa funzione materna così speciale, questo miracolo che ella è capace di compiere, non è qualcosa di innato o che discende dallo spirito santo, ma proviene direttamente dal fatto che il bambino è esattamente quello che ella ha portato in grembo, e che averlo partorito non significa averlo ancora messo al mondo, nel mondo significante. Questo ingresso nel mondo di un bambino in quanto soggetto di desiderio è frutto di una linea di continuità della quale non è il parto a rappresentarne il momento evolutivo, ma è l'arrivo del primo significante ad opera della madre.
Questi il circuito e la funzione del desiderio, che è il tramite dunque dei legami sociali e anche la via di accesso all'amore.
Il godimento invece esclude da tutto questo. Il godimento non può che essere abolito dalla necessità di desiderare. Il godimento infatti tende a cercare la scarica nell'immediato, è funzione non della parola e del significante, ma dell'Es: sottrae la pulsione alla possibilità di articolarsi nella catena significante per utilizzarla non più dunque come mezzo, ma come fine di se stessa e questo, se prende la mano, porta inevitabilmente alla rovina. Il godimento lasciato a sé è ciò che fa della pulsione qualcosa che sottratta alla parola può essere solo pulsione di morte. Nel godimento la libido non si allea al desiderio, ma va a braccetto con la pulsione di morte.Volendo fare ancora un riferimento ai nostri tempi, e in particolare all'economia, il denaro è l'equivalente della pulsione. Anche qui il denaro può essere un mezzo o un fine. Se la pulsione è il mezzo di cui si serve il soggetto per portare avanti le sue istanze e i suoi desideri all'altro allora si pone al servizio della persona e non dell'inconscio. Se la pulsione diventa il fine per procurare il godimento del soggetto nell'immediato allora invece si pone al servizio dei bisogni dell'incosncio, dell'Es, e non del bene della persona. Così è il denaro, se è utilizzato come mezzo, porta ricchezza vera e benessere (economia creativa, conscia dei limiti e dell'equo), se diventa invece il fine di se stesso allora avvita il soggetto in un circuito di bisogni di doverne avere sempre altro (economia speculativa finalizzata all'accumulo senza limiti di chi può a scapito di chi non può). Indovinate se siamo in un sistema economico in cui il denaro è concepito come mezzo o come fine. Indovinate se ci troviamo in un'epoca antropologica in cui la pulsione è concepita come mezzo o come fine.
In ragione di tutto ciò non riesco a pensare che dove c'è accanimento e voglia di volere a tutti i costi, lì ci possa essere desiderio. Lì c'è in effetti solo bisogno di scarica pulsionale a tutti i costi e di godimento, senza freno e senza limite.
Insomma penso che i padroni che dominano e governano il soggetto postmoderno non siano la domanda, ma la pulsione, non il desiderio, ma il godimento e l'imperativo al godimento a tutti i costi.
Dunque, e ritorniamo all'inizio, desiderio e godimento non possono coesistere, o luno o l'altro, anzi, abbiamo visto, che il desiderio nasce dal divieto del godimento.
Tuttavia esiste una possibilità, ed è l'unica, in cui desiderio e godimento si alleano, si annodano, ed è un altro miracolo: quello dell'amore. Solo nell'amore, dice Lacan, il godimento acconsente al desiderio.
Ovviamente è il desiderio a bussare al godimento e il godimento acconsente. Ma perché il desiderio possa chiedere al godimento dobbiamo aver saputo dargli dignità di esistenza, rinunciando proprio al godimento (sembra un paradosso, ma per questo è un miracolo). In effetti è una rinuncia, fidatevi, che vi permetterà di trovare l'amore e di potervi annodare al godimento, che dunque non è mai perduto del tutto, esistendo tra l'altro la possibilità di potersi servire proprio dei "resti" di questa perdita di godimento, i cosiddetti oggetti a, che infatti sono sia oggetti di plus-godere che causa di desiderio. Dunque il godimento non è mai perduto del tutto. Lo si ritrova, e anche alla grande, sotto l'insegna dell'amore, e che godimento, quello, che sa rispondere al comandamento dell'amore, al punto tale da sopperire anche ad un rapporto sessuale che come sappiamo non esiste, nel senso che il godimento è sempre dell'Uno, a differenza dell'amore che è sempre con l'Altro.
Sono piuttosto il desiderio, e dunque l'amore, che, in nome di un godimento senza limiti e irrinunciabile, possono essere invece perduti per sempre.

Autore: DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO 15 giugno 2025
Freud ha dimostrato che la perversione è un non volerne sapere nulla, ma proprio nulla, della castrazione. Una doppia negazione dunque: "non è vero che non c'è il fallo lì dove non posso fare a meno di volere che ci sia". Freud ha chiamato " Verleugnung " questo meccanismo di rigetto, di ripudio della realtà della castrazione. Lacan, riprendendo la questione dal punto di vista della " castrazione della madre ", mette in rilievo come il perverso non tolleri che l'Altro sia "bucato" , sia mancante cioè proprio di quello che gli serve per assicurarsi il proprio godimento, un godimento che egli deve necessariamente prelevare "nel luogo dell'Altro", e che non sopporta possa essere interdetto dalle ragioni dell'Altro, in buona sostanza, non tollera che il proprio godimento possa trovare un limite nel desiderio dell'Altro. Il perverso è dunque colui che si serve della "Verleugnung" (diniego, doppia negazione) per impedire che il desiderio dell'Altro interrompa il proprio godimento , come dire: "il tuo desiderio si oppone al mio interesse? Disturba la stabilità della mia posizione e la certezza delle mie convinzioni? Bene, neanche mi chiedo il perché, faccio prima a rigettarlo di sana pianta, non ne tengo alcun conto, per il semplicissimo motivo che esiste una sola posizione, la mia." In altre parole il perverso non riconosce la differenza dell'Altro , per questo è, appunto, "indifferente" alle ragioni dell'Altro - laddove invece il nevrotico ne soffre - è indifferente alla realtà. Non dice, all'Altro, "è vero che tu non sei d'accordo con me, ma non lo sopporto" - che è invece la posizione del nevrotico, ovvero sia il riconoscimento che l'Altro sta dicendo qualcosa di diverso che lui non sopporta, sia il riconoscimento che lui non lo sopporta, un "doppio riconoscimento", dunque, che aprirebbe comunque ad una dialettica - ma dice, più radicalmente: "non è vero che tu non sei d'accordo con me", confondendo e facendo spesso vacillare la realtà nell 'Altro! Una "doppia negazione", appunto, come a dire che nell'universo mondo non c'è che una sola verità, la sua! E' esattamente questa la posizione di godimento del perverso. Per questo, possiamo dire, che qualsiasi comportamento tendente a disconoscere le istanze altrui, quando queste costituiscono un limite al godimento soggettivo, può essere considerato un comportamento di perversità , come può esserlo, per esempio, in una coppia, quello di un partner che si rifiuti di prendere atto del desiderio dell'altro di volersi, per esempio, separare: si rifiuta di prenderne atto per continuare a farlo sussistere nel ruolo dì partner anche se questi se ne dichiara fuori. E' il caso dello stalking, che infatti è un comportamento perverso. In altre parole, il rapporto perverso non può essere interrotto , poiché si fonda sulla complicità inconscia, di distruggere la castrazione in ciascuno dei partner, di distruggere cioè il desiderio come causa del legame della coppia per sostituirlo con il godimento, in maniera da s congiurare il rischi, insopportabile per il perverso, di poter amare, il rischio, per i p due partner bloccati dal patto perverso, di innamorarsi l'uno dell'altro. Occorre cioè che il godimento nel plagiare l'Altro si incastri con il godimento dell'Altro a farsi plagiare. Da questo patto diabolico, dalla complicità perversa all'interno di una coppia - ma anche all'interno di un gruppo, di un'Associazione, di un'Istituzione, di una Setta - a collaborare attivamente per costruire e difendere la sola Verità possibile, ossia che non vi è nessuna castrazione in ciascuno, non è dunque possibile uscirne , prima di tutto perché l'angoscia che si scatenerebbe in seguito a una tale ipotesi entra a far parte sin dall'inizio dello stesso patto perverso, anzi ne costituisce il cemento, e poi anche perché il rischio di ritorsioni, terribili, anche omicide, è altissimo per chi voglia tirarsi fuori dal gioco, poiché rompere il patto perverso significa infliggere la pena insopportabile della castrazione. Molti femminicidi ne sono un esempio, e, nella Storia, la santa Inquisizione, i roghi, le Crociate ne sono altri. Quali azioni di stalking sistematici possono esserci piu delle "crociate" anche moderne contro tutte le posizioni discordanti da ciò che è ritenuta l'unica verità vera da imporre anche sotto minaccia di morte? In conclusione, è perverso ogni atteggiamento, posizione o comportamento che si basi sul disconoscimento di quella separazione tra gli esseri che di fatto è già data per avvenuta in qualsiasi contesto umano, e che è posta a fondamento dell'amore e della vita.
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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
Autore: DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO 14 gennaio 2024
evo vedere l'osso
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