LE DONNE E LA FEMMINILITA’

Alla fine della sua opera, Freud si trovò costretto a riconoscere che, nonostante attraverso la sua lunga esperienza di studio e di pratica della psicoanalisi avesse avuto modo di conoscere a fondo l’animo umano, non era riuscito a comprendere “cosa vogliono le donne”. Jacques Lacan, il grande psicoanalista francese che dedicò molto del suo tempo allo studio e alla rilettura dell’Opera freudiana, consegnandoci sviluppi della psicoanalisi assolutamente straordinari ed inediti, riprese la questione sul femminile lasciata in sospeso da Freud, per mettere in evidenza che le donne, a differenza degli uomini, presentano un che di enigmatico e sfuggente, e che è proprio in questo che risiede il segreto, non solo del desiderio, ma anche, purtroppo, della paura che provocano negli uomini. Lacan interpretò questa particolarità delle donne con il fatto ch’esse, per loro natura, non sono limitate, sul piano del desiderio sessuale, da un godimento circoscritto all’organo, al fallo, ma possono essere dotate di un godimento supplementare - extra fallico - non più confinato all’organo, ma che coinvolge tutto il corpo e tutti i sensi, un godimento che, dice Lacan, “spinge all’infinito”, conferendo alle donne un qualcosa in più, di diverso da donna a donna, che le rende uniche e particolari, ma che le espone anche alla sensazione, spesso angosciosa, di non potervi facilmente porre un limite, un argine, e proprio, in quanto sprovviste dell’organo fallico che invece circoscrive e limita il godimento maschile. Per questo, Lacan dirà che la donna è “non -tutta” - intendendo non tutta sotto l’insegna del fallo - e che il godimento maschile e quello femminile non possono entrare in rapporto tra di loro per fondersi in un solo godimento: ogni partner sessuale gode per sé, da cui la famosa affermazione di Lacan “non c’è rapporto sessuale”. Certo, sul piano simbolico e nell’ordine sociale, uomini e donne sono allo stesso modo soggetti, oggi fortunatamente con pari opportunità, pari diritti e pari doveri. È sul piano del loro rapporto, sul piano sessuale e dell’amore, che le cose tra un uomo e una donna si diversificano: i differenti orientamenti dell’uomo e della donna rispetto al fallo fanno sì che, mentre l’uomo cerca nella donna il “divino dettaglio”, la donna punta invece all’uomo nella sua interezza, cerca l’uomo come l’altro dell’amore poiché è nell’amore che la donna trova l’argine a quel godimento altro che la sospinge all’infinito.

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L'INFEDELTA' DI UNA DONNA

Gli uomini dovrebbero capirlo: una donna non può essere mai tutta per il proprio uomo, anche se lei lo dice, anche se lei lo crede, anche se lei lo desidera perché lo ama.

Lo dice e lo ripete, all'uomo che ama, per rassicurarlo, ma soprattutto per rassicurare sé stessa perché avverte, senza poterlo dire, che invece qualcosa di lei - qualcosa che non può essere messo in parola, qualcosa che non può dirsi perché non è nell'ordine del linguaggio, ma è del corpo - sfugge a quel "tutto" di sé stessa che pure vorrebbe rendere disponibile al proprio uomo.

C'è sempre un che di sfuggente in una donna, un che di "infedele", dal quale l'Altro è escluso. Un uomo, per questo - deve saperlo - non potrà mai avere il possesso pieno della propria donna, non potrà mai disporre interamente di lei, del suo corpo e del suo godimento.

Per questo - nella Storia - gli uomini hanno sempre tentato di controllare e di avere il pieno possesso delle proprie donne, nei vari modi e nelle varie misure, anche le più terribili, a seconda delle diverse epoche.

Un uomo, dunque, non potrà avere mai il pieno controllo del corpo di una donna, non potrà disporne mai del tutto, anche se fosse lei stessa a offrirsi tutta, perché esiste una parte del suo corpo che ella senza saperlo sottrae a chiunque, anche a se stessa. Anche la donna stessa non potrà mai disporre interamente del suo corpo, c'è un che di sfuggente anche a lei stessa, che lei non conosce pur avvertendolo: è quella parte che sarà destinata al bambino di cui ella potrà essere un giorno madre, una parte che appartiene alla madre e non alla donna, alla madre che ogni donna potrà diventare anche se dovesse scegliere di non diventarlo mai. Una parte che appartiene ad un altro di cui non sa nulla.

Allo stesso modo esiste nella donna anche un godimento di cui ella non sa e non può dire niente, se non, come dice Lacan, che "lo prova", e che, se pur causato dal desiderio, sfugge e si sottrae ad ogni argine di certezza prevedibile: si tratta di un godimento supplementare che apre la donna all'infinito, e che ne fa, come dice sempre Lacan, una "non-tutta" nel godimento che si inscrive, come quello dell'uomo, sotto l'insegna del significante fallico.

L'uomo invece, lui sì, può essere tutto per la propria donna,  attraverso l'amore che ella chiede di darle. Perché una donna - gli uomini devono saperlo - è sempre piuttosto spaventata -"devastata" è il temine che usa Lacan - dal desiderio dell'uomo che è attratto  più dal "divino" dettaglio del suo corpo che dall'interezza della sua persona. Per questo ogni donna vorrebbe che il suo uomo la facesse sentire intera e riconosciuta come donna attraverso l'amore, vorrebbe che l'uomo la ami "con tutto il suo cuore, con tutto il suo amore", come dice una bellissima canzone di Lucio Battisti, in modo da poter supplire, con un amore "tutto", a quel suo essere, in quanto donna, appunto "non-tutta". Per questo per una vera donna "non c'è sesso senza amore" (ed è, in questo caso,  un sesso bellissimo), a meno che non si metta dal lato dell'uomo (e in questo caso è un sesso un po' deprimente).

Le donne vogliono essere amate - questo vuole una donna, l'amore - hanno bisogno di sentirsi amate, per questo chiedono continuamente "mi ami?". L'unico modo che possa arginare ciò che del corpo di una donna sfugge alla presa dell'amore è proprio la parola d'amore, il discorso d'amore. E' l'amore, il discorso d'amore che può fare da tenuta - da relais -  alla devastazione che una donna sente quando il suo corpo ama.

Lacan chiama questa condizione della impossibilità dell'essere tutta di una donna in amore con la formula "non c'è rapporto sessuale", mancanza cui può far supplenza però il discorso d'amore.

Un uomo deve allora sapere che, per avere e mantenere l'amore di una donna, non basta che sappia farci bene l'amore, occorre soprattutto che sappia anche parlarle d'amore.



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LE DONNE E GLI UOMINI

Verso la fine della sua opera, Freud si ritrovò a dover ammettere che, nonostante la psicoanalisi gli avesse svelato molto di quel sapere che l’essere umano non sa di sapere, vale a dire l’inconscio, tuttavia la stessa non gli aveva ancora permesso di sapere “cosa vogliono veramente le donne”, come se le donne fossero portatrici di un sapere che sfugge alla possibilità di esser messo in luce dall’indagine psicoanalitica, un sapere enigmatico, un segreto inviolabile a loro stesse ignoto. Di qui la sua famosa frase: “non ho ancora capito cosa vuole una donna.” Una frase spesso fraintesa, interpretata come la prova del disprezzo di Freud verso le donne, come la conferma della sua supposta misoginia, insomma come il voler insinuare che, a differenza degli uomini, le donne fossero esseri irrazionali, volubili, inaffidabili, perché, appunto, “non sanno mai quello che vogliono”!

In effetti Freud, con quella frase, e dicendolo a modo suo, anticipò soltanto quello che poi Lacan, e proprio a partire da quella frase, riprese nel corso del suo insegnamento, soprattutto nello splendido Seminario XX interamente dedicato alla questione delle donne, e cioè che le donne sono, rispetto agli uomini, delle “non tutte”, sia nel senso che non esiste per le donne una categoria che possa rappresentarle tutte - potendo le donne essere solo “una per una” considerate, dal momento che ogni donna è “unica”, cioè l’eccezione di un tutto che per le donne infatti non si dà come possibile - sia nel senso che ogni donna è di per sé una “non tutta”, non tutta cioè circoscrivibile in quel godimento fallico, nel quale gli uomini, invece, si riconoscono, tutti allo stesso modo e con convinzione e veemenza senza pari, poiché gli uomini, a differenza delle donne, sono del tutto confinabili in una classe, quella degli uomini, e senza eccezioni. L’eccezione è femminile, e la cosa non è gradita agli uomini, in quanto, appunto, il loro godimento è un godimento d’organo, e quindi del tutto circoscrivibile nell’ordine del Fallo.

A questo punto va precisato che non andrebbe tanto immaginata una contrapposizione tra l’essere un uomo e l’essere una donna, quanto piuttosto la contrapposizione tra l’essere soggetto, da una parte, e la dimensione del femminile, dall’altra. Vale a dire tra un soggetto, che può essere tanto di sesso maschile che femminile, ma comunque assoggettato al significante fallico (un soggetto, per Lacan, è sempre un assoggettato ad un significante) e Il femminile, inteso come ciò che di una donna solo in parte si lascia assoggettare al significante fallico (anche la donna gode di un godimento fallico, d’organo), tendendo piuttosto a sconfinare al di là di esso, come ciò che fa di una donna anche qualcos’altro rispetto ad un soggetto, come ciò che fa di una donna qualcosa anche al di là del significante fallico, e dunque qualcosa di unico nella misura in cui è il significante fallico che ci accomuna come soggetti. Ecco l’essere “non tutta” di una donna: essere non tutta nel significante fallico. 

Si tratta dunque di quel femminile che rende ogni donna un’eccezione rispetto ad ogni significante e ad ogni sembiante di soggetto, si tratta di quella dimensione del godimento femminile che va oltre il godimento fallico, e che attraversa una donna per tutto il corpo, quel godimento altro che Lacan chiam “godimento supplementare”.

Un godimento che tende all’infinito e che, spingendo al di là del significante, è un godimento di cui una donna non sa e di cui non può dir nulla se non che lo prova, come fa notare Lacan. 

Ecco quello che allora la donna veramente non sa e che a Freud sembrò un non sapere cosa ella volesse: non è che una donna in quanto donna non sa quello che vuole, non sa cioè del proprio desiderio, che questo è il non sapere proprio di ogni essere umano, uomo e donna che sia, una donna, in quanto donna, non sa del tutto del proprio godimento. 

È questo non sapere che rende ogni donna anche imprevedibile, enigmatica, persino “ribelle” ad ogni tentativo di confinarla del tutto sotto l’insegna del Fallo.

E’ questo godimento supplementare che, tendendo all’infinito, può farle anche paura, a meno che non trovi nell’amore di un uomo il suo argine, in quanto per una donna è l’amore, la parola d’amore, che può dare forma a un godimento che non trova nella parola la sua forma.

In fondo allora una donna, anche se non lo sa, anche se non lo crede, anche se non lo dice, quello che veramente vuole è l’amore del proprio uomo. 



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LA DELICATEZZA DI UNA DONNA

Si dice che una donna, per attrarre sessualmente un uomo, debba essere provocante, intraprendente, poco vestita e molto esplicita. Una gran figa insomma.

Ora, non discuto della simpatia di tali donne, degli istinti su base ormonale e dell'immaginario che riescono a scatenare in un uomo, ma io trovo molto più sessualmente attraente, in una donna, la delicatezza.

La delicatezza, in una donna, è per me l'erotismo femminile elevato al rango di nobiltà dell'essere donna, e la vera causa del desiderio maschile.

Diversamente lo scambio sessuale tra un uomo e una donna rischia di ridursi ad una pratica in cui la diversità tra i sessi si annulla in una confusione e in una indistinzione tali per cui, alla fine, non conta più nulla se in quello scambio vi siano, da una parte, un uomo e, dall'altra, una donna.

COSA VUOLE UNA DONNA? 

La nota affermazione freudiana di "non sapere cosa vuole una donna" non ha nessun intento dispregiativo nei confronti delle donne, come pure è stato talvolta ritenuto, né è espressione di una posizione sessista, ma, al contrario, dovrebbe essere vista come il più grande riconoscimento che si possa fare ad una donna, in quanto non vuole insinuare che una donna non sappia cosa vuole, ma che è invece l'uomo a non poterlo sapere.

Correttamente interpretata la frase vuol dire infatti che la donna non è inquadrabile in un sapere precostituito cui un uomo possa ritenere di averne un accesso totale e completa padronanza.

Significa che nessun uomo può sapere cosa vuole veramente una donna, perché ogni donna possiede un sapere su sé stessa, singolare e unico, che vale per ognuna singolarmente considerata, e non per tutte allo stesso modo.

Come avviene invece per gli uomini di cui si sa cosa vogliono e lo sanno soprattutto le donne, perché l'uomo, a differenza delle donne, è del tutto sotto l'insegna del significante fallico.

Quindi un uomo, a differenza delle donne, è, come si dice, "carta conosciuta".



IL "FEMMINICIDIO"

NON E' UN OMICIDIO COME UN ALTRO.

Alcuni sostengono che il "femminicidio" non esista: esiste l'omicidio - dicono - tanto di una donna, quanto di un uomo, tanto è vero che il codice punisce entrambi allo stesso modo, dunque perché questa discriminazione? Dicono.

Invece, il termine femminicidio, che magari suona pure brutto, non è un termine giuridico, ma un termine significante.

Si intende cioè, con questa espressione, l'assassinio di una donna sempre e solo da parte di un uomo, per lo più da parte del proprio uomo - quello che amava - il cui movente è, unicamente, il fatto stesso che si tratta di una donna - e questo suona ancora più brutto del termine che lo designa.

In altre parole, "femminicidio" significa che una donna viene uccisa dal proprio uomo per il sol fatto di essere stata una donna, di essere stata una donna che non ha avuto altro torto se non quello di "aver fatto la donna", e di aver amato in quanto donna, e che dunque ha pagato con la vita il fatto di essersi comportata verso il proprio uomo, semplicemente, come donna che amava.

E' molto raro, mi sembra, che, al contrario, un uomo paghi con la propria vita il fatto di comportarsi con la propria donna come uomo, perché, in questo caso, l'unico "rischio" che un uomo in genere corre è piuttosto quello di ricevere l'amore, e non la morte, da parte della donna che lo ama.

Per questo il "femminicidio" non è un omicidio come un altro.

E' molto di più.

LE DONNE NON SONO MASOCHISTE

Sarebbe un bene tenere presente, a proposito della violenza maschile contro le donne, che questa non avviene perché gli uomini sono "mostri" e le donne "sante", o peggio delle "martiri" per natura. 

Né si tratta di una faccenda di sado-masochismo, cioè di uomini sadici, o di donne masochiste.

Contrariamente a quello che si crede sono per lo più gli uomini ad essere masochisti, molto difficilmente le donne.

Le donne non hanno nessun bisogno di essere masochiste. 

Quello che è invece in gioco nella violenza di alcuni uomini contro le donne è il diverso modo con cui uomini e donne si possono trovare a fare i conti con quello che ad entrambi può far paura.

Si tratta che quello che fa paura, quello che fa problema, non è mai il lato maschile, né per un uomo, né per una donna, ma quello femminile, sia nell'uomo, sia in una donna, solo che in una donna gli effetti non sono, se non molto raramente, quelli della violenza, come purtroppo può accadere nell'uomo.

Questi effetti sono più rari a verificarsi in una donna perché la donna ci sa fare meglio di un uomo con la "mancanza", con la "castrazione".

E tuttavia, quand'anche per la donna questa condizione, della mancanza, dovesse essere insostenibile -il che capita pure spesso- comunque la via che ella cerca di intraprendere è ben diversa: la via per esempio di "immergersi" nella maternità, col rischio di diventare "troppo" madre, o di darsi tutta quanta all'amore per un uomo, col rischio anche qui di amare "troppo", fino addirittura ad "accettare" e "sopportare" ogni violenza, anche fino a rimanerne uccisa.