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PSICOTERAPIE E PSICOANALISI

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • nov 14, 2017

Le psicoterapie rispondono alla logica del “mettere a posto quello che non va” e promettono la guarigione dai sintomi. Sono dunque in linea con l’esigenza del soggetto della post-modernità di essere immediatamente e del tutto restituito -non appena avverta quel “qualcosa che non va”- alla normalità intesa come funzionamento senza inceppi.


Le psicoterapie alimentano dunque l’illusione che sia possibile correggere qualsiasi allontanamento da questa idea di normalità.
Lacan ha affermato che la più efficace delle terapie in questo senso, la vera cura di quello che non va, è la religione, che promette infatti la via della salvezza e la soluzione di tutti i mali del mondo. Il suo compito è quello di “acquietare i cuori, di dare un senso a qualunque cosa. Per esempio alla vita umana”.


La psicoanalisi invece no.


La psicoanalisi non promette risultati "miracolosi" di guarigione da tutto quello che non va, come se "quello che non va" fosse una malattia da cui guarire.
La psicoanalisi non si propone di “mettere tutto a posto”, che non sarebbe neanche possibile, dal momento che invece "c'è sempre qualcosa che non è a posto", qualcosa che proprio non vuole saperne di mettersi al posto che vorremmo assegnargli.
La psicoanalisi permette però di potersi rendere conto che è proprio lì, in ciò che non va a posto, che risiede il soggetto vero, il soggetto del proprio desiderio, singolare, e irriducibile a qualsiasi tentativo di "metterlo a posto" una volta per tutte. Perché il desiderio che dovesse trovare la sua "sistemazione" definitiva, il suo posto stabilito dove mettersi comodo, cesserebbe di essere desiderio e diventerebbe una gabbia.
In questo senso la psicoanalisi sta tutta dalla parte della singolarità del desiderio umano, e del diritto del soggetto di poter esprimere, nella Civiltà in cui vive, il suo modo di esservi non del tutto a posto.


La psicoanalisi non guarisce dal "disagio della Civiltà", ma fa di questo disagio uno strumento, una risorsa per vivere, ne fa la fonte dell'atto creativo del soggetto e anche il suo "marchio", la "firma" attraverso cui egli sottoscrive il suo modo di essere e di stare al mondo.
La psicoanalisi dunque non cura, si prende cura.


Essa -dice l’ultimo Lacan- non si occupa del mondo che funziona, ma di quello che non funziona, cioè del reale che “è la differenza tra ciò che funziona e ciò che non funziona.”


La psicoanalisi mette dunque il soggetto nella condizione di sapere che se dal reale, da ciò che non funziona, non si può guarire, se ne può però trovare la via per starci nel modo migliore possibile.

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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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