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CHE VUOI?

DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO • dic 05, 2017

Il desiderio è il desiderio dell'Altro e si costituisce nell'Inconscio


Uno dei contributi più significativi apportati da Lacan alla comprensione di come il soggetto si organizza intorno al proprio desiderio , e che è poi anche l'ambito di azione della psicoanalisi , vale a dire a come il desiderio si articola in domanda rivolta all' Altro , è nell'averci dimostrato che la struttura della domanda non è data in sé e per sé a partire dal soggetto in maniera indipendente dall'Altro cui essa viene rivolta, ma al contrario si organizza sulla base delle "indicazioni" che il soggetto riceve dall'Altro interpellato al momento del bisogno, quell'Altro che in primis è la madre.

In altre parole l'Altro della domanda è anche l'Altro del codice , è cioè l'Altro che indica al soggetto come strutturare la domanda.

L'Altro è cioè colui che permette al soggetto la scelta dei significanti più adatti a comporre la domanda in maniera tale da corrispondere al desiderio dell'Altro cui si rivolge. Per questo Lacan, dirà che il desiderio del soggetto è il desiderio dell'Altro e, attingendo al " diavolo innamorato " di Cazotte , sintetizzerà il concetto nel famoso appello con cui il soggetto interroga l'Altro: " Che vuoi? ".

Solo in questo modo, solo cioè interpellando l'Altro sul suo desiderio, solo potendo chiedergli "che vuoi?", il soggetto può, retroattivamente, e sfruttando il " principio di commutatività " dei significanti, operare la scelta dei significanti più adatti a strutturare la sequenza significante della domanda.

E' in tal modo che la domanda non solo acquista il senso "giusto", ma riceve anche effetti metaforici in quanto viene a costituirsi attraverso la sostituzione di un significante con un altro significante . Per questo non vi è domanda rivolta all'Altro che non sia anche metafora , non vi è domanda che oltre a dire del desiderio del soggetto non dica anche qualcosa dell'Altro, che non dica anche del desiderio dell'Altro. E infatti, quando il codice non funziona e non può adeguatamente indicare al soggetto come articolare la domanda, come "scegliere" cioè i significanti adatti e come porli anche alla giusta distanza dai significati, è allora che il soggetto non riesce più a formularla correttamente, comprendendone il desiderio che la sottende, ed è allora che di conseguenza il soggetto va incontro, da una parte all'angoscia, dall'altra all'impossibilità di domandare, non possedendo più le chiavi, le "password", potremmo dire, che l'Altro, la madre in primis, avrebbe dovuto fornirgli per poter strutturare la domanda: è quello che avviene, nei casi estremi, nello schizofrenico , che in assenza delle indicazioni del codice materno sceglie i significanti alla rinfusa, e quindi struttura domande senza senso, insensate appunto.

Dunque, se è, come abbiamo visto, il desiderio dell'Altro a orientare il desiderio del soggetto, indicandogli come strutturarsi nella domanda, ciò significa che il discorso dell'Altro sussiste nel discorso del soggetto, rimanendovi però dimenticato, e dunque inconscio.

L'inconscio allora altro non è che questo: il discorso dell'Altro che nel soggetto si insedia strutturandosi come un linguaggio , per cui possiamo in effetti dire che noi parliamo in quanto parlati . Allo stesso modo possiamo dire che noi costituiamo il particolare del nostro desiderio se non in quell'al di là della domanda che è il desiderio dell'Altro.

Ma il "che vuoi?"non è solo il “che vuoi da me?”, ma è anche “ lui che vuole da me ?”. Il che significa che non soltanto “io sono agente” di qualcosa rispetto al volere dell’Altro, di una domanda, come abbiamo visto, ma “io sono oggetto” della domanda che l'Altro può rivolgermi: una domanda che io non posso conoscere in anticipo, ma che, rispetto alla quale, io sento di non poter non rispondere, pena la perdita dell' "amore" dell'Altro.

In questo caso, l’Altro è a livello della pulsione , pulsione che si presenta come una domanda del soggetto ma che non controlla. Per questo, se la domanda proveniente dall'Altro diventa effettivamente insistente e pervasiva -come è il caso di certi genitori particolarmente apprensivi- il soggetto può percepirsi essere tutto quanto nel desiderio dell'Altro, di dover essere del tutto il desiderio dell'Altro e di non avere margine alcuno di soggettività sua propria.

La percezione di essere tutto quanto nel desiderio dell'Altro è insopportabile in quanto genera angoscia: un' angoscia paralizzante e tale da impedire che il soggetto possa invece organizzare un discorso suo proprio, una domanda sua propria, un "sintomo" suo proprio. Il soggetto è solo nell'angoscia, per questo sarebbe difficile nche un lavoro analitico, perché, con l'angoscia non si può lavorare. Per lavorare psicoanaliticamente occorre che ci sia almeno un sintomo





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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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